E’ accaduto ciò che due mesi fa era incredibile. E’ successo ciò che 48 ore fa era improbabile. E’ ri-accaduto, identico, ciò che era successo 5 anni fa. Il nuovo sindaco di Siracusa è Francesco Italia, il giovanotto in bicicletta, il vicesindaco per cinque anni di una giunta super-vituperata (si parlò del “Comune più inquisito” del bel paese), che sceso in campo last minute dopo la rinuncia del sindaco uscente, ha raccolto al ballottaggio la sinistra e anche un pezzo di destra eretica, superando nettamente Ezechia Paolo Reale, candidato del centrodestra e di un pezzo di sinistra.
L’avvocato Reale sulla carta avrebbe dovuto vincere a mani basse. Il 37% del primo turno (con l’aggiunta della lista dell’ex onorevole Gino Foti che a primo turno aveva appoggiato il candidato del Pd Moschella) contro il 19% di Italia astrattamente lo poneva in una situazione di netto vantaggio. Ma la numerologia delle analisi d’antan non serve a spiegare ciò che è accaduto. La vecchia politica è uno strumento arruginito, forse bisognerebbe cambiarle il nome alla politica di Siracusa, la città dove a novembre alle regionali i grillini hanno prevalso di un soffio su una destra forte, dove a marzo i cinquestelle hanno sfondato con il 55%, dove il 4 giugno le 8 liste che sostenevano Reale hanno superato il 45% dei voti. In quella città ha vinto un esponente della sinistra massacrata dagli elettori sei e tre mesi prima, protagonista di primissimo piano di una giunta comunale che ad un certo punto sembrava la metafora del male (amministrativo e politico) assoluto, detestata dalle opposizioni e anche dal Pd che pure l’aveva espressa.
Cambiare il nome a una politica cittadina, sempre meno fatta di ragionamenti e sempre più di emozioni, sempre meno fatta di raccomandazioni e più di passioni, sempre meno di appartenenze e più di carismi personali. Ci sarà tempo per studiare i flussi di consensi; la notte dei risultati sono cabale e macumbe, corsi e ricorsi a prevalere. Come infatti non rilevare la straordinaria simmetria con 5 anni fa quando al ballottaggio Reale fu anche allora sconfitto, dopo aver orgogliosamente rifiutato l’appoggio del centrodestra della Prestigiacomo, scontrandosi con Garozzo all’epoca appoggiato anche da Foti. Ieri quelli che aveva rifiutato nel 2013 li aveva con se. Ma ugualmente s’è fermato ancora esattamente al 47 mentre Italia volava al 53, le stesse percentuali, perversamente identiche a quelle di 5 anni fa. Ma quel che stranisce di più- e fa pensare a trigoni e quadrature, a fortune e sfighe cosmiche – è l’analogia dei numeri assoluti. Nel 2013 Garozzo 18 mila, Reale 16 mila. Nel 2018 Italia 18 mila, Reale 16 mila.
Amarissimo destino quello dell’avvocato, ritenuto da tutti persona degnissima, e infatti attaccato in campagna elettorale quasi sempre solo per chi gli stava appresso e accanto. Che alla fine appresso e accanto nelle urne non gli è stato se rispetto al primo turno Reale ha perso cinquemila voti, mentre Italia, con un afflusso alle urne quasi dimezzato ne ha guadagnati seimila. Certamente Italia aveva potuto allargare il suo parterre di potenziali elettori molto più di Reale fra primo turno e ballottaggio, ma come sempre in questi casi si trattava di armi a doppio taglio. A sinistra c’era stata la divaricazione dell’area Foti col vecchio leader che aveva fatto endorsement per Reale e il suo delfino Cafeo che appoggiava apertamente Italia. A destra c’era stata la scelta di Granata che aveva deciso di sostenere Italia provocando mugugni fra gli ex “camerati” di destra ma anche fra i puri e duri della sinistra. Come anche a sinistra, nell’area dell’odierno Vice Sindaco Giovanni Randazzo, in molti autorevoli esponenti del movimento che aveva candidato Randazzo a sindaco (con buon successo) erano stati fra i più feroci e tenaci oppositori della giunta di cui Italia era componente e delle politiche del vicesindaco in particolare.
Ma questo è lessico depassè, è ragionare ormai desueto. Parafrasando David Leavitt si potrebbe dire che questa è “La lingua perduta della politica”. Nel ballottaggio in cui è andato a votare il 34% degli elettori contro il 55% del primo turno, se la sono giocata uno-a-uno, e su quel terreno Francesco Italia – giovane circondato da giovani, bello, solare, simpatico, capace poi pure di parlare e dire cose sensate – ha sbaragliato il campo rispetto a un Reale, galantuomissimo ma dall’appeal politico e dall’empatia nettamente inferiore, nonostante il tentativo finale di una comunicazione “umanizzante”, incentrata sul claim “semplicemente Paolo”. Italia è riuscito a prevalere con la sua immagine forte e positiva anche sui suoi stessi alleati, alcuni dei quali sicuramente ingombranti, rimanendo sempre lui e solo lui al centro della musica. Reale non è riuscito a scrollarsi di dosso il peso della sua avventurosa e variopinta armata di sostenitori senza paura ma forse con qualche macchia. Reale ha annunciato ricorso per i pasticci del voto del 4 giugno (ancora mancano i voti definitivi di lista e le preferenze). A “Casa Italia” si balla e si brinda com’è normale che sia. Domani comincerà il tempo del lavoro da un lato, dei processi dall’altro. Pensando già alle provinciali del prossimo autunno.