Un gruppo di avvocati, ex consiglieri del Consiglio Nazionale Forense, hanno scritto al presidente Giuseppe Conte per evitare che il ritorno alla normalità, previsto dalle misure per la fase-2, in questi giorni al vaglio del comitato tecnico-scientifico e la Task force di Vittorio Colao, possa dipendere dall’età anagrafica dei soggetti.

“Caro Presidente Conte, siamo un gruppo di avvocati, (…) tutti nel pieno esercizio dell’attività forense, attivi nella vita sociale, anagraficamente appartenenti alla cd. terza età – si legge nella nota -. Con preoccupazione e incredulità apprendiamo della possibilità di escluderci dal ritorno, seppur graduale, a una vita controllata garantita agli altri. Non contestiamo la legittimità dei Suoi precedenti provvedimenti, ma siamo sicuri che la Sua sensibilità, umana e di giurista, è a disagio di fronte alla paventata discriminazione basata sull’età, o, peggio, sulle condizioni di salute, tale da impedirci l’esercizio dei nostri elementari diritti costituzionali”.

“Non siamo vettori di infezione perché di una certa età – si legge nella lettera -, ovverosia non lo siamo più di chiunque altro; i nostri dati anagrafici non predispongono alla trasmissione del virus, semmai sono fattori statisticamente causa di una sua maggiore letalità. La discriminazione, dunque, non è funzionale alla salvaguardia della collettività (…) Se la discriminazione si giustificasse con i costi delle nostre eventuali degenze, comprenderà il pericolo che l’idea rappresenta per un paese democratico; si farebbe strada la prospettiva di conculcare le libertà fondamentali di un’intera categoria di persone in ragione dell’età, in quanto potenzialmente più costose per lo Stato. A queste considerazioni si aggiungono le preoccupazioni per il nostro lavoro che lo smart working non può eliminare, almeno per quanto riguarda l’assistenza nel processo. Per quelli che tra di noi svolgono anche attività accademica le limitazioni sarebbero ugualmente gravi perché la ricerca è essenziale e, come sa, è impossibile, o gravemente limitata a casa. Non vogliamo trattamenti speciali, ma essere equiparati agli altri e destinatari degli identici eventuali provvedimenti limitativi”.

“Vista anche la Sua caratura di giurista – conclude la nota – auspichiamo che resti fedele ai principi di libertà, uguaglianza e non discriminazione, rifuggendo dai consigli estremi di chi, verosimilmente condizionato dalla propria settoriale visione scientifica, non ha la Sua capacità di comprensione del significato profondo della Costituzione e la Sua consuetudine con quei valori che segnano il confine oltre il quale si affaccia il modello sinistro di uno Stato padrone delle vite, oggi in omaggio a presunte esigenze sanitarie, domani in applicazione, magari, di principi di eugenetica”.