Il popolo degli invisibili è in guerra senza armi. Ma non vale soltanto per le partite Iva, e le piccole e medie imprese. Gli effetti del Coronavirus sull’economia, rischiano di spazzare via un tessuto produttivo – quello siciliano – che è già di per sé molto fragile. “Se qualche settimana addietro potevamo parlare di alcuni settori in difficoltà – penso al turismo e ai trasporti – oggi il problema si è esteso in modo uniforme a tutte le categorie”, spiega Alessandro Albanese, vicepresidente vicario di Sicindustria e presidente della Camera di Commercio di Palermo ed Enna. “C’è un effetto a catena: tranne alimentari e farmacie, sono tutti allo stremo e molti hanno già chiuso. Resistono le aziende che fanno manutenzione, quelle legate al comparto della pulizia e della raccolta dei rifiuti. Ma il fenomeno è diventato generalizzato oltre ogni previsione”.

Il Covid-19 non fa prigionieri. Qual è la percezione di Confindustria?

“Che da seria, la situazione è diventata drammatica. Stiamo registrando l’afflusso di tutte le aziende che cominciano a chiedere gli ammortizzatori sociali. Ci stiamo attrezzando”.

E’ stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto “Cura Italia”, che libera 25 miliardi di cui una buona parte destinati al lavoro e all’occupazione. Bastano?

“E’ un decreto-farsa che lascia scontento il comparto produttivo ed economico del Paese. Ci sono carenze ovunque: intanto, vorremmo certezze sui fondi della cassa integrazione in deroga. Al momento ci sono soltanto 41 milioni a disposizione. Speriamo che la Regione faccia sentire la propria voce. Dalle aziende che Sicindustria riesce a monitorare, pensiamo che ci siano almeno 8 mila lavoratori da mandare in cassa integrazione, e i fondi non basteranno mai”.

Quali altri punti non la convincono?

“Hanno sospeso fino a maggio i versamenti fiscali e contributivi per le aziende con un fatturato inferiore a due milioni l’anno. E dopo cosa avviene? Una volta passata la bufera – se tutto andrà bene e riusciremo a difenderci – bisognerà aspettare novembre o dicembre per riattivare il sistema. Tutte le misure adottate devono tenere in considerazione questa tempistica”.

L’economia siciliana si fonda sulle piccole imprese, quelle con un numero esiguo di dipendenti. Che fine faranno?

“A loro spetta la cassa integrazione in deroga, ma i fondi non bastano. E poi abbiamo messo in guardia dall’utilizzare certi criteri: non puoi pagare i dipendenti delle aziende con una connessione più veloce e lasciare a casa gli altri a morire di fame. Siamo di fronte a misure straordinarie: in Germania hanno stanziato 500 miliardi, in Spagna 300 e da noi 25… Ma chi vogliono prendere in giro?”.

Come giudica l’una tantum da 600 euro per le partite Iva? Molti autonomi si sentono umiliati.

“Dare 600 euro a un libero professionista, che al momento è essenziale in numerosi comparti, è una cosa indegna, una buffonata. Pensiamo ai consulenti del lavoro o ai commercialisti, che in questa fase provvedono a mantenere salde le aziende e a presentare le domande per la cassa integrazione. O a tutti i tecnici in prima linea, che si occupano delle manutenzioni, dell’elettronica, che si vedono recapitare un obolo da seicento euro…”.

Da qualcosa bisognerà partire.

“Ci sono misure, come il bonus per le colf, che a me sembrano inutili. Se io all’operaio, al dipendente, al lavoratore concedo una cassa integrazione che gli permetta di stare a casa e prendersi cura dei figli, problemi non ne vedo. Anziché ai voucher per le baby sitter, quei soldi si sarebbero potuti destinare agli ammortizzatori sociali in deroga. Serviva un ragionamento più complessivo. Noi, come Confindustria, abbiamo fatto una serie di richieste, molte delle quali non sono state nemmeno prese in considerazione”.

Avete concordato misure correttivi assieme alla Regione?

“Abbiamo sentito l’assessore all’Economia e concordato, ad esempio, la moratoria dei mutui. Un’altra questione aperta è quella dei pagamenti: se io non incasso non posso pagare. E’ tutto “congelato”. Oggi esiste un sistema diffuso e generalizzato come quello degli assegni postdatati: la Regione stessa aveva fatto una richiesta di sanatoria per evitare di incorrere in protesti e black-list. Un’altra misura che abbiamo chiesto ed è stata disattesa – per questo abbiamo polemizzato con Cas e Anas – è quella relativa ai pagamenti della pubblica amministrazione. Mai come in questo momento, la Pa deve saldare i propri debiti, che ammontano a circa 7 miliardi. E, quanto meno, dare all’imprenditore la liquidità necessaria per poter pagare gli operai e i fornitori più importanti”.

Qual è il rischio se l’emergenza dovesse protrarsi ancora troppo?

“E’ vero che ci vuole un’enorme attenzione sotto il profilo sanitario, perché la situazione è drammatica ed emergenziale. Però, se si blocca il sistema economico e la macchina produttiva, avremo molti più morti di economia che di Coronavirus. Ne riparliamo fra tre mesi”.

La chiusura di alcuni esercizi commerciali – ad esempio, i supermercati di domenica – è stata un po’ tardiva?

“La chiusura degli alimentari di domenica secondo me è persino un po’ eccessiva. Atteso che ogni giorno è domenica, spalmare la vendita su sette giorni anziché sei permetterebbe di far defluire meglio le persone ed evitare i capannelli fuori dai punti vendita. Per il resto, penso che la Regione abbia fatto il possibile. Le ordinanze sono molto restrittive. Quanto non è previsto dalle norme, è lasciato alla sensibilità delle persone. Alle fabbriche o ai cantieri che pensano di poter continuare a lavorare in sicurezza, è stato permesso”.

La stagione estiva per gli operatori turistici è definitivamente saltata?

“Se è vero, come sostengono alcuni esperti dell’Istituto superiore di sanità, che il picco sarà raggiunto a metà aprile, vuol dire che l’emergenza proseguirà per tutto maggio. La stagione estiva dal punto di vista turistico è saltata, ma anche dal punto di vista produttivo abbiamo un calo generalizzato del 60-70%. E’ una cosa gravissima di fronte alla quale non basta nemmeno un piano Marshall. Serve uno shock dell’economia. Così come il mondo ci sta copiando sulla gestione dell’emergenza sanitaria, noi dovremmo copiare la Germania sulla tutela dell’apparato produttivo. E mi lasci dire un’altra cosa…”.

Prego.

“Le misure economiche devono valere in tutta Europa. Serve un governo forte che vada a Bruxelles e dica: in questo momento bisogna “congelare” tutto. Perché non l’hanno fatto coi mercati finanziari? Bisognava chiudere la Borsa quando è esploso il contagio, perché in un momento del genere non puoi permetterti di bruciare miliardi e miliardi di capitalizzazione delle imprese. Affrontare la guerra ognuno per conto proprio, senza alcun coordinamento, equivale a far vincere il nemico”.

Qual è il ruolo di Confindustria?

“Oggi non esistono imprese e lavoratori, ma siamo tutti dalla stessa parte. Se affondiamo, lo facciamo tutti insieme. Se affondano le Pmi affonda l’Italia. Bisogna stare attenti e adottare misure di salvaguardia, lasciando il tessuto produttivo impermeabile laddove esistono le condizioni”.