“Se si dovesse dare un Premio Nobel per la Pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato a riceverlo”. Parola di Fabrizio De Andrè, il celebre cantautore genovese sempre in prima linea contro il razzismo e sempre schierato dalla parte degli oppressi, degli ultimi, delle minoranze e degli emarginati.

Negli anni Sessanta, insieme a Ivano Fossati, il grande “Faber” scrisse la canzone “Khorakhané”, dal nome della tribù rom di religione musulmana proveniente dalla parte meridionale della ex Jugoslavia. Gli anni Sessanta e Settanta (anche in considerazione dei movimenti del Sessantotto e del Settantasette) furono gli anni dell’esaltazione del nomadismo come massima forma di libertà e del mito gitano, celebrato anche a livello artistico e musicale. Mentre negli anni Sessanta, nell’Italia Settentrionale, il tastierista Beppe Carletti e il cantante Augusto Daolio fondarono la storica band dei Nomadi (uno dei brani più celebri fu proprio “Io vagabondo”), negli anni Settanta, in Francia, alcuni cantanti gitani di origine andalusa (fuggiti ai tempi della guerra civile spagnola dalle persecuzioni della dittatura di Francisco Franco) fondarono il gruppo dei “Gipsy King” (autori di “Bambolero” e altri successi internazionali).

La musica Tzigana ispirò anche il compositore serbo Goran Bregovic. In Italia, invece, sin dagli anni Ottanta, anche i Litfiba si schierarono in difesa di Rom, Sinti e Camminanti (i nomadi italiani di origine siciliana, provenienti dalla zona di Noto). Tra le canzoni di Piero Pelù, Ghigo Renzulli e del resto della rock-band fiorentina, anche “Tziganata” e “Lacio Drom” (traduzione di Buon viaggio in lingua romanì).

Il rock, il folk e il pop, dunque, si schierarono, soprattutto negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, contro le cicliche campagne razziste ai danni di Rom, Sinti e Camminanti. La persecuzione più tragica fu il Porrajmos, il “Genocidio degli Zingari”, operato dalla Germania nazista che, negli anni Trenta e Quaranta, sterminò oltre 500 mila Rom e Sinti (un milione secondo molti studiosi, tra i quali Moni Ovadia). Per gli scienziati nazisti, gli zingari erano un popolo da studiare per motivi genetici, in quanto al loro interno presentavano la “purezza ariana (quindi tedesca) e indoeuropea delle origini”. Pertanto, in preda al fanatismo genetista e razzista, la Germania nazista operò un censimento nel 1938, rinchiuse in riserve “gli zingari di razza pura” e sterminò gli “zingari di sangue misto”.

Anche in Italia, durante il fascismo, Rom, Sinti e Camminanti furono perseguitati dal Regime. Per non dimenticare, il prossimo 5 ottobre sarà inaugurato, in Abruzzo, il memoriale del Porrajmos, nato da un’idea dell’Anpi e di Alexian Santino Spinelli, docente universitario di Cultura e Lingua Romanì, nonché cantautore di musica folk. Spinelli, nato in una famiglia di Rom abruzzesi, ha due lauree: una in Musicologia, l’altra in Letterature e lingue straniere. Insignito di numerosi premi, Spinelli è autore della poesia “Auschwitz”, incisa nel Memoriale tedesco del Genocidio di Rom e Sinti.

Anche molti vip sono di origine Rom e Sinti: premi Nobel per la Medicina come Schack Krogh, attori come Charlie Chaplin e Rita Haywort, ballerini come Joaquim Cortès, giocatori come Ibrahimovic, artisti del circo come gli Orfei.

Gli stereotipi, invece, prevedono la figura del nomade che vive nel Campo Rom e chiede l’elemosina. In realtà, molti Rom e Sinti (tralasciando i vip) lavorano, sono integrati, vivono in proprie abitazioni o in affitto e non sono nomadi, ma stanziali. Molti sono cittadini italiani.

A Palermo, la quasi totalità dei bambini Rom frequenta la scuola (molti sono studenti modello, menzionati dai presidi e professori di alcune scuole, come la Alcide De Gasperi). I ragazzi Rom, oltre 10 anni fa, insieme all’Arci, hanno fondato la squadra di calcio a 5 “Amalipe” (che significa amicizia in lingua romanì).

Nel campo Rom della Favorita di Palermo, gli abitanti ormai sono pochi: la maggior parte si è trasferita in Francia o in altri Stati, oppure vive in abitazioni. Gli stessi abitanti vorrebbero accedere alle graduatorie delle case popolari ed avere un’occupazione stabile, senza subire pregiudizi e discriminazioni. Infine, il superamento dei grandi campi nomadi (così come degli hotspot per i migranti) è teorizzato – da molto tempo – dalle associazioni antirazziste e dall’Opera Nomadi, al fine proprio di tutelare i diritti e la dignità di Rom e Sinti.

I santissimi Rom della nostra ipocrisia – Leggi l’articolo di Francesco Massaro