“Non ho alcuna voglia di fare il commissario di partito a vita. Ma sono l’unico che lavora…”. Gianfranco Micciché passa al contrattacco. Il leader azzurro da un paio di giorni al centro di una disputa interna a Forza Italia, per il suo doppio ruolo da commissario regionale e presidente dell’Ars. Da un lato alcuni deputati nazionali, tra cui Francesco Scoma e Nino Germanà, che hanno scritto a Berlusconi per chiederne la rimozione; dall’altro i parlamentari regionali, compreso l’eurodeputato Giuseppe Milazzo, che l’hanno difeso a spada tratta. “Mi dispiace che alcune delle persone a cui sono stato più vicino in questi anni, abbiano avuto un impazzimento improvviso – sostiene Miccichè –. Ma si sa: fanno più rumore tre alberi che cadono rispetto a una foresta che cresce. Forza Italia, almeno a livello regionale, è un partito unito, dove le cose si fanno insieme e si fanno bene. Io proseguo sulla strada che mi ha indicato il presidente Berlusconi”.

In passato, però, anche lei aveva ipotizzato una “separazione delle carriere”. Scoma, Germanà e altri sostengono che non si possa essere al tempo stesso presidente dell’Assemblea e commissario regionale del partito.

“Di questo resto convinto. Ma se qualcuno di questi deputati nazionali mi avesse dato una mano… Parliamoci chiaro: io sono uno che lavora dalla mattina alla sera. La politica non è qualcosa che si fa per evitare di lavorare. Chi fa politica decide di lavorare il doppio degli altri. Se ci fosse qualcuno disposto a fare i miei stessi sacrifici, non potrei esserne che felice. Vede, io ho 65 anni e sono stanco fisicamente. Non c’è alcuna ambizione né velleità da parte mia di ricoprire questo incarico a vita”.

Mette in dubbio l’impegno dei parlamentari dissidenti?

“I deputati regionali lavorano tantissimo e credo che siano soddisfatti della mia regia. Dicasi lo stesso di molti deputati nazionali, che presentano interrogazioni e sono molto attivi. Quelli che si lamentano, invece, sono quelli che lavorano meno. Lavorare non è un optional. Non si diventa deputato per volontà divina, ma per rendersi utili e dimostrare di saper fare le cose”.

Anche Stefania Prestigiacomo, di recente, ha criticato la gestione del partito siciliano. Come sono i rapporti fra di voi?

“Le voglio il bene che si può volere a una sorella. E non cambierà mai”.

C’è un po’ di maretta anche per le Amministrative. A Marsala, ad esempio, il deputato regionale Stefano Pellegrino ha scelto di sostenere un candidato sindaco, mentre il commissario provinciale Tony Scilla va in un’altra direzione.

“Queste dinamiche rientrano nella normalità. Però bisogna fare dei distinguo: le decisioni per i comuni capoluogo vengono prese a livello nazionale: fino a ieri ho parlato con Tajani (il vice di Berlusconi) per capire come comportarci. I dirigenti locali possono esprimersi su ciò che ritengono giusto, ma poi le regole sono regole. Su altre realtà, come Marsala, bisogna muoversi con intelligenza. Le posizioni dei due uomini che abbiamo su Trapani sono diverse e non c’è nulla di male. Qualcuno dovrà preoccuparsi di fare sintesi e gestire la situazione.  E’ uno degli aspetti del mio lavoro”.

Su Agrigento ed Enna avete consolidato le vostre posizioni?

“Spero si possano consolidare al più presto. In queste ore incontreremo gli altri partiti della coalizione. Il grande valore che ci accomuna è quello del governo Musumeci, che dobbiamo essere bravi a trasferire almeno nelle realtà più importanti. Per cui mi auguro che ad Agrigento e altrove possa riproporsi la coalizione che rappresenta il centrodestra alla Regione”.

Parla da leader. Ma sa che il suo vecchio amico Saverio Romano, qualche giorno fa, non l’ha riconosciuta come tale? E ha paventato il rischio che questo centrodestra sia diventato una “camicia di forza”.

“Non considero questo governo una “camicia di forza” ma una grande risorsa. Per il resto ha ragione Romano. L’unica leadership che mi compete è quella di Forza Italia. Non aspiro a essere il leader del centrodestra. Ma oggi Forza Italia, rispetto agli ultimi dati elettorali o al numero di deputati regionali (dieci), continua ad essere tra i primi partiti, per cui abbiamo la “pretesa” di dire la nostra”.

Questa riflessione introduce al tema del rimpasto. La Lega ha scoperto le carte e chiesto l’assessorato all’Agricoltura. A voi sta bene?

“Nel momento in cui Musumeci – correttamente – apre alla Lega come forza di governo, è assolutamente legittimo che la Lega comunichi la materia di cui vorrebbe occuparsi”.

Quindi le sta bene che si prendano l’Agricoltura, attualmente di competenza del vostro Edy Bandiera.

“Non sono affezionato ad alcuna delega in particolare: ad esempio, preferirei a molte altre quella dei Beni culturali. La logica, visto che quell’assessorato è scoperto, è che venisse assegnata alla Lega. Ma non voglio interferire. Solo che devono esserci delle regole, e le regole prevedono che la prima scelta tocchi al partito più numeroso. All’inizio ci saremmo voluti occupare dei problemi della sanità, ma il presidente Musumeci mi chiese di lasciarla a loro perché in quel ruolo avrebbe voluto lanciare Ruggero Razza. Ci siamo fatti da parte e non sono qui a rivendicarla. Ma dopo aver passato la prima mano, non credo succederà con la seconda, o la terza”.

Piccola provocazione: visto quello che accade di recente dentro l’assessorato all’Agricoltura, non sarebbe meglio rinunciare?

“Assolutamente no. Se si riferisce all’inchiesta per corruzione, è un problema di tre anni fa, quando c’era un altro governo. E comunque l’assessore Bandiera ha immediatamente allontanato le persone che potevano essere dannose. Capita a tutti i partiti e tutti i governi di avere dentro funzionari di questo tipo… E i funzionari mica li portiamo alle elezioni, sono quelli che hanno vinto i concorsi”.

C’è anche la questione Mineo, che qualche giorno fa si è dimesso dalla segreteria particolare di Bandiera dopo aver ricevuto l’avviso di sfratto da Musumeci. Il governatore ha detto che “l’egoismo dei partiti non può e non deve essere premiato a danno della rigorosa selezione, innanzitutto morale, nella scelta dei collaboratori”. C’è rimasto male per questa uscita non concordata?

“Ha ragione Musumeci. La posizione di Mineo era stata chiarita in precedenza. Dal momento che emergono altre cose è giusto che resti fuori dall’assessorato. Se la sua vicenda verrà chiarita positivamente, dato che Franco è una persona che lavora e fa parte di Forza Italia, verrà riutilizzato. Altrimenti no. Non ci sono chissà quali alchimie”.

Il Coronavirus rischia di rallentare anche l’attività parlamentare dell’Ars?

“No, l’Assemblea continuerà a lavorare come ha sempre fatto. Il Coronavirus crea problemi all’economia. Non c’è dubbio che questi allarmi, a volte un po’ esagerati, li stiano accentuando”.

Riuscirete ad approvare il Bilancio di previsione entro il 30 aprile, cioè la data di scadenza dell’esercizio provvisorio?

“Dobbiamo provarci, ma non è semplice. Il Bilancio della Regione siciliana vive un momento complicato: da un lato per la spalmatura del disavanzo, dall’altro per la mancanza di entrate. Mi ha fatto piacere che tutte le forze politiche, mercoledì pomeriggio, abbiano chiesto al governo regionale di rivedere le trattative scellerate fatte in passato con Roma. Questo rafforza la sua posizione in sede di negoziato. Qualche giorno fa l’Eurispes ha certificato che al Sud vengono strappate risorse per sette miliardi l’anno: ma la vogliamo finire oppure no di togliere soldi al Mezzogiorno? Come li facciamo i bilanci se continuano a levarci i quattrini? Con Roma bisogna trattare alla pari, chiedendo allo Stato di rispettare le regole che esso pretende siano rispettate da noi”.