La prima tentazione sarebbe quella di risuscitare il fanatismo gesuita che il giovane Leoluca Orlando, negli anni dell’antimafia chiodata, aveva scolpito in una formula acida e screziata: “Il sospetto è l’anticamera della verità”. Ma sarebbe un esercizio sterile. Giustizialista, appunto. L’inchiesta della Procura sul comitato d’affari che aveva messo le tende dentro il comune di Palermo ha già scoperchiato un pentolone maleodorante di intrighi e mazzette; ha assegnato le prime colpe e le prime responsabilità; ha sfiorato Emilio Arcuri, antico sovrastante dell’Edilizia Privata, ma ha lasciato indenne il sindaco che da oltre un quarto di secolo governa questa infelicissima città. Eppure non ci si può fermare al fatto giudiziario. Orlando ha avuto trent’anni di tempo per ripulire il Comune delle vecchie croste cianciminiane. Non l’ha fatto. Non l’ha saputo fare.