Nel 2017 – era piena campagna elettorale per le Amministrative di Palermo – a Villa Filippina si tenne un convegno con Claudio Martelli, ex Ministro della Giustizia. Erano stati desecretati da poco i verbali dell’interrogatorio di Giovanni Falcone al Csm. Correva l’anno 1992: “Quando gli chiesero perché Leoluca Orlando l’avesse attaccato – ricorda oggi Fabrizio Ferrandelli – il magistrato rispose che mai il sistema d’affari di Vito Ciancimino è stato forte quanto con Leoluca Orlando. Capisce? Uno dei nostri eroi, parlando con cognizione di causa a dei colleghi, diceva che tra Orlando e l’uomo del sacco di Palermo, Ciancimino, c’era una contiguità”. Per questo, spiega il leader dei Coraggiosi e di + Europa in Consiglio comunale, di fronte all’arresto di sette persone tra funzionari, politici e imprenditori “non sono saltato sulla sedia. Si è presentato un quadro che avevo ampiamente denunciato durante l’ultima campagna elettorale”.
L’assessore Arcuri non è indagato. E neanche Orlando.
“E’ giusto separare la responsabilità politica da quella giudiziaria. Io per primo ho conosciuto la gogna e non la auguro a nessuno. Ma Orlando non può venirmi a raccontare che Li Castri è un dirigente come un altro. Fino a prova contraria l’ha messo lui a capo dell’edilizia e, poi, nel Consiglio d’Amministrazione dell’AMG, l’azienda del gas. Significa che il rapporto di fiducia era forte”.
Mario Li Castri, finito ai domiciliari per corruzione, è l’ex capo dell’area tecnica del Comune di Palermo, e braccio destro dell’ex assessore Emilio Arcuri. Ma Orlando ha sempre affermato il concetto di legalità ed è stato il pioniere di una certa antimafia.
“Appunto. Il sindaco Orlando, sostenuto dal ventre molle di questa città, è sempre stato bravo a fare il professionista dell’antimafia e additare gli altri. Con una specie di operazione culturale che ha dato i suoi frutti e gli ha garantito uno status quo”.
Che vuol dire che lei in campagna elettorale sapeva tutto?
“Si sapeva che l’edilizia privata fosse il mondo dei Li Castri e dei Monteleone. Non è che questi facessero i dirigenti in silenzio… Erano dei tecnici comunali “militanti”, sostenevano Orlando e organizzavano le campagne elettorali. Questo mi è sempre stato chiaro. Li Castri e Monteleone di lì a poco furono condannati in primo grado per la lottizzazione abusiva di via Miseno. Non si tratta di due uomini qualsiasi: uno era a capo dell’edilizia, l’altro delle Attività produttive. I due polmoni economici della città. I dipartimenti da cui passano più soldi”.
Le potrei ribattere che un sindaco non ha mille occhi e mille orecchie. Non può essere a conoscenza di tutto ciò che avviene negli uffici.
“Orlando non è un sindaco comune, ma il sindaco degli ultimi 35 anni. Rappresenta 35 anni di storia di questa città. Io ho avuto una vicenda giudiziaria che si è risolta in una bolla di sapone: so bene cos’è una gogna, nessuno è garantista più di me. Ma qui parliamo di opportunità politica. Orlando ha il vantaggio di poter fare chiarezza utilizzando la sua posizione da sindaco. Spero lo faccia, o molti palermitani si sveglieranno con la sensazione di aver vissuto per trent’anni in una favola”.
Cosa la preoccupa di più?
“Che Arcuri è lo storico braccio destro di Orlando e ha guidato a lungo l’assessorato all’edilizia privata. E Arcuri e Li Castri sono inseparabili. Quindi, c’è un rapporto di interconnessione fra Orlando e l’edilizia privata di questa città. E mi faccia dire una cosa: da un punto di vista politico, è inquietante l’intermittenza con cui Arcuri va e viene”.
Ci spieghi.
“Vorrei che lo spiegassero prima a me, anche se strani rumori si fanno largo nella mia testa. Arcuri in alcune fasi perdeva deleghe – come quella da vicesindaco – e veniva messo in ombra; prima era stato nella società del gas, da cui poi usciva, ma la cui governance restava sotto l’occhio vigile di Li Castri, indicato dal sindaco nel Cda. Sembriamo di fronte a pedine interscambiabili. Fermo restando che soltanto la Procura ha gli strumenti per chiarire, io sono sempre stato duro nei giudizi politici. E più volte mi sono pubblicamente schierato contro queste scelte del sindaco indicandone l’inopportunità. Mi riferiscono che nell’ordinanza, dalle intercettazioni, in più passaggi e da diversi soggetti, passo come il rompipalle di turno. Per me è una medaglia. Sarebbe il caso che anche altri si sottoponessero all’esame della qualità del consenso”.
Si riferisce ai partiti? Anche due consiglieri, uno del Pd e l’altro di Italia Viva, sono stati arrestati.
“Il sindaco deve prendersi la responsabilità di quello che è accaduto e non raccontare la favoletta che “il mio partito è Palermo”. Attorno al suo progetto civico c’è una trasversalità pazzesca nelle forze politiche e negli uomini che lo componevano. Non può dire “ora se la vedano coi partiti”. Quei partiti sono quelli con cui ha condiviso la campagna elettorale e preso impegni pubblicamente. Non si tratta di enti astratti e invisibili, ma il mezzo tramite il quale anche lui ha ottenuto consenso. Che le dicevo? Orlando deve fare i conti con la qualità del consenso”.
Cosa si aspetta adesso dal sindaco?
“Non è uno che fa passi indietro. Ma alla Procura non potrà più dire che è colpa della mafia o di qualcuno che ce l’ha con lui. Il suo cliché, tutte le volte in cui qualcosa non gli filava, prevedeva un piano oscuro, perché lui era il garante della legalità e qualcuno era pronto a colpirlo per questo. Non credo potrà usarlo in questa occasione.”
Lei ha chiesto cose ben precise.
“Intanto il riesame e la eventuale revoca di tutti i provvedimenti a firma Li Castri-Monteleone, tra cui il progetto del tram che è un affare milionario. A proposito: Mario Li Castri è stato indicato dal sindaco a capo della commissione di valutazione del concorso d’idee per la progettazione del tram. Un concorso internazionale che, guarda caso, è andato a un palermitano. Ai tempi della nomina, il funzionario aveva in corso l’altro procedimento”.
Con il piano regolatore come la mettiamo?
“E’ tutto molto strano: soprattutto la tempistica, i ritardi. Arcuri stava tornando in sella giusto ora che ci stavamo preparando a licenziare il testo. Ci abbiamo riflettuto a lungo con la collega Argiroffi, componente della commissione Urbanistica, e qualcosa non torna. Non penso lo voterei. Considerato che il settore della pianificazione e delle opere costruttive è strategico, a me sembra legittimo – per evitare speculazioni e brutte scoperte – che si prenda il Prg, lo si strappi e lo si mandi il più lontano possibile da Palermo. Magari in Spagna, a Barcellona, dove sono molto avanti in tema di progettazione. E dove ci sono urbanisti di fama internazionale. Una volta tornato a Palermo, il Consiglio comunale potrebbe valutarlo senza paura di essere veicolo inconsapevole di condizionamenti”.
La città come esce da questo scandalo?
“Massacrata. Il motivo per cui – nel merito – sono sempre stato un leale oppositore di Orlando, ma in fondo non l’ho mai odiato come uomo, sta nel fatto che ha contribuito a veicolare una certa immagine della città. Non perché fosse il regista, ma, da animale politico e sociale qual è, ha saputo interpretare la “primavera di Palermo” grazie a una società civile avanzata e un pensiero forte. Si è liberato dei voti di Lima e ha cambiato pelle, offrendo un nuovo baluardo. Questa è una cosa a cui sono rimasto affezionato, ma poi sono diventato maturo”.
Secondo lei Orlando ha fatto il suo tempo?
“Il danno alla città è pazzesco. Altro che primavera, qui siamo in pieno inverno… Io sono nato nel 1980, l’anno in cui Orlando veniva conosciuto per la prima volta come assessore al decentramento. A parte una breve parentesi, c’è sempre stato. E’ l’uomo che ha consumato tutte le stagioni e mostrato tutte le sue facce. Non sempre le cose vengono fuori subito. Ma il tempo rimette tutto in ordine”.