Anthony Barbagallo vuole un partito-cerniera, che sappia ricucire la distanza fra centro e periferia delle città. Che sappia stimolare i giovani al confronto e al dibattito politico. Lo immagina a trazione popolare, in grado cioè di riconquistare quello spazio a sinistra che l’ultimo Pd, mutilato dalle correnti, non è riuscito a occupare. La parola d’ordine è “inclusione”. Detta così sembra un libro dei sogni, ma questo avvocato di 44 anni, due volte sindaco di Pedara (nel Catanese) e alla seconda legislatura all’Ars (è stato anche assessore al Turismo), ha le idee chiare e dà l’impressione di crederci per davvero: “Dobbiamo guardare alle esigenze dei più deboli; essere in prima fila nella difesa dei diritti civili e sociali, che in Sicilia sono messi costantemente in discussione; essere attenti ai temi dell’ambiente e dei rifiuti, che non vanno considerati un problema ma una risorsa. Far diventare la lotta alle diseguaglianze la priorità nell’azione di ogni giorno. Questo è il cuore della mia mozione al congresso”.
Onorevole, non l’avranno scelta mica per questo…
“In questi giorni si è parlato poco del partito che vorrei e troppo di alleanze. A me interessa soprattutto la prima parte”.
Ma la politica è un grande circo e il suo nome ha ottenuto il nulla-osta da parte dei big del Partito Democratico. Non può negarlo…
“Non c’è stato un passaggio formale dentro il gruppo all’Ars”.
Ma gente come Cracolici e Dipasquale ci ha confermato di apprezzarla.
“Questo mi onora”.
Perché proprio lei?
“Serve un segretario che conosca bene il partito siciliano, non solo le criticità ma anche le potenzialità. Grazie al fatto di avere un’esperienza da sindaco alle spalle, qualche anno d’attività parlamentare e di essere uno dei deputati più giovani, c’è la percezione che io possa garantire una buona dose d’energia. Ma anche una certa discontinuità rispetto alle gestioni del passato. Non ho mai frequentato le segreterie di partito. Credo siano queste le motivazioni per cui mi abbiano chiesto di candidarmi”.
A che punto è con la raccolta delle firme? Ne servono da 500 a 600 entro venerdì prossimo.
“Ho sciolto le riserve venerdì notte. Da oggi cominciamo a raccoglierle”.
Però è stato presentato come il candidato di Areadem, con la benedizione di Dario Franceschini. Non è un po’ un controsenso se l’obiettivo è superare le correnti?
“Sono d’accordo nel superare la logica delle correnti. Ma il mio rapporto con Franceschini va oltre, è storico. Oggi dobbiamo costruire un partito che pensi a rigenerarsi, che sappia costruire una nuova classe dirigente e che guardi alla Sicilia del 2030. Servono forze fresche, donne e giovani amministratori, e bisogna spostare lo sguardo sulle nuove generazioni. Non mi riferisco ai 35enni, ma ai teenager… Il nostro statuto dà la possibilità anche ai sedicenni di iscriversi. Dobbiamo cogliere le loro esigenze, che tipo di partito vogliono e costruirlo insieme”.
Lei ha superato a pieni voti il test del tesseramento online. A Catania ci sono molti più iscritti che a Palermo.
“Questo credo sia un dato politico. Catania e Siracusa sono le province in cui la scissione con Italia Viva ha pesato di più, e in cui fisiologicamente c’è stata più partecipazione. E maggiore spazio da riempire”.
Visto che tutti dite di voler costruire un partito aperto, celebrare le primarie non sarebbe stato un primo passo?
“Lo scorso novembre abbiamo fatto una scelta statutaria ed era giusto dare continuità. Far scegliere al tesserato il proprio segretario regionale e partecipare alle elezioni di circolo, credo sia utile a responsabilizzarlo e valorizzarlo. Il confronto con l’esterno avverrà sui temi: dall’ecologia all’ambiente, passando per la consulta delle culture. Sarà vitale aprirsi alla società civile, è il modo migliore che conosco per essere inclusivi”.
Tra lei e Ferrante sembra una sfida impari.
“Vado ripetendo da tempo che Antonio è un ottimo candidato e un dirigente coerente. Sono convinto che il nostro sarà un confronto vero sui temi e sul modello di partito che vogliamo costruire. Sarà una bella campagna congressuale”.
La sensazione è che il Pd, da quando è tornato al governo del Paese, sia un po’ a traino dei Cinque Stelle: guardi che succede col blocco della prescrizione, con i decreti sicurezza, con il reddito di cittadinanza.
“Non sono d’accordo. A livello nazionale credo che Zingaretti e il Pd siano assoluti protagonisti della scena politica. Siamo reduci dalla vittoria in Emilia Romagna, dettiamo l’agenda di governo e abbiamo assunto una centralità che non avevamo negli anni scorsi”.
Anche alla Regione l’impressione è che dobbiate accodarvi ai Cinque Stelle – che hanno il maggior numero di deputati – per dare robustezza all’operato dell’opposizione.
“Credo che bisogna coltivare questo rapporto coi Cinque Stelle, essere tenaci e perseverare. E’ un momento politico in cui ci sono grandi evoluzioni, bisogna saperle leggere e cogliere le opportunità”.
Lei ha già detto di aver parlato con Pietro Bartolo, che pur essendo eletto in Europa col Pd non ha mai preso la tessera, e Claudio Fava. Come si declina questo dialogo, a cosa porterà?
“Bartolo è stato il modello su cui abbiamo costruito la nostra campagna elettorale alle Europee. Claudio è un dirigente coerente, che ha dato valore e spessore al suo impegno politico. Sono interlocutori naturali da cui non possiamo prescindere”.
Renzi, l’ultima volta che venne a Catania, disse che il prossimo candidato governatore del centrosinistra sarà di Italia Viva. Qui è più difficile raccordarsi?
“Sono talmente lontane le Regionali… Comunque credo che serva un po’ di spogliatoio, fare lavoro di squadra”.
Qual è il suo giudizio sull’operato del governo Musumeci?
“Negativo a tal punto da essere preoccupati. Noi ci aspettiamo risposte concrete sui temi cari al nostro mondo: le politiche sulla casa e sulla famiglia, l’acqua pubblica. In due anni e mezzo il dirigente del sistema idrico non ha fatto un solo impegno di spesa, e tutti gli adempimenti consequenziali alla legge sull’acqua, di cui io ero relatore, sono completamente fermi. Ogni provincia è lasciata al proprio destino, non c’è una diffida o una procedura commissariale. Ogni volta che in aula abbiamo chiesto l’istituzione di un dipartimento regionale che si occupi di acqua pubblica c’è stato risposto picche. Su questo tema il governo è sordo”.
Altro da imputare a Musumeci?
“La scuola. Nella scorsa legislatura avevamo lasciato sei milioni per sperimentare il tempo pieno in Sicilia: solo il 7% degli studenti siciliani ne fruisce, mentre in alcune regioni o province autonome la stima supera il 93%. Anche in questo caso siamo di fronte a un tema non derogabile che però non rientra nell’agenda del governo. Dicasi la stessa cosa per le infrastrutture scolastiche: abbiamo chiesto che venissero realizzati edifici moderni per consentire ai ragazzi di fare attività fisica a scuola, e invece si continua a realizzare impianti sportivi che presto si rivelano cattedrali nel deserto. Anche le politiche della casa, a causa del sovraffollamento dell’edilizia economica e popolare, sono un tema d’attualità. Nelle città metropolitane si presentano storie di degrado assurdo, ma il governo è assente”.
C’è un ministro del Pd, Peppe Provenzano, molto attento alle questioni siciliane.
“Sta facendo benissimo. Sta dando un contributo competente all’azione dell’esecutivo. Il Piano per il Sud contiene segnali importanti: mai nessuno nel ciclo dei dieci anni aveva investito così tanto sul Mezzogiorno. E’ un’azione che riguarda la valorizzazione delle aree interne, le agevolazioni fiscali, lo sviluppo rurale. Temi concreti”.
Lei è talmente concreto che il suo nome torna puntualmente in auge quando si parla di Pedara. Un comune che ha amministrato per dieci anni e in cui potrebbe correre da candidato sindaco.
“Pedara è un comune dove il Pd ha sempre ottenuto successi, arrivando persino al 70%. Siamo al governo da vent’anni. Ecco: diciamo che c’è un dibattito molto proficuo in corso e che mancano ancora due mesi alla presentazione delle liste. Io mi affiderò alle decisioni del mio circolo”.