Un Movimento 5 Stelle più lontano dalla piazza e più all’interno dei palazzi. Allo scopo di scongiurare questa equazione, Luigi Di Maio e i suoi sherpa hanno organizzato per il 15 febbraio una manifestazione romana, per rivendicare con orgoglio la battaglia senza quartiere sul tema dei vitalizi. Questione carissima ai grillini siciliani – dall’Isola partiranno dei pullman verso la Capitale – che all’indomani dell’impugnativa del “taglio soft” da parte del Consiglio dei Ministri, e il rischio di perdere milioni di euro di trasferimenti, hanno rincarato la dose con un nuovo disegno di legge per equiparare gli stipendi degli ex deputati siciliani a quelli nazionali. I vitalizi sono uno degli ultimi baluardi dell’unione grillina nell’Isola. Che di recente è venuta meno: a causa dell’elezione contorta del vicepresidente dell’Ars – la Foti anziché Cappello – e di alcune interviste ai giornali da parte dei “responsabili”, il gruppo dei filo-governativi che l’anima dura e pura del M5s non ha mai tollerato.
La frattura dentro il Movimento 5 Stelle siciliano è coincisa con la debacle grillina in Calabria, una coincidenza che ha fatto impennare la preoccupazione (“E se facessimo la stessa fine?”). Il malumore montava da mesi. L’addio di Giancarlo Cancelleri è stato lo spartiacque: il potere è passato dalle mani di Francesco Cappello a quelle del priolese Giorgio Pasqua. I due non si sono limitati a dirigere la partita all’interno di Sala d’Ercole, ma si sono ritrovati – assieme ad altri membri del gruppo, fra cui Luigi Sunseri – a dover fronteggiare i malumori sull’uno e sull’altro fronte. Da un lato i “responsabili”, capeggiati da Sergio Tancredi (“Abbiamo perso la visione politica, non possiamo dire no a tutto”), dall’altro gli oltranzisti, alcuni persino un po’ ostinati. Nel dire “no” alle proposte del governo Musumeci e nel perseguire, assieme al Pd, un’opposizione a oltranza.
Il primo segnale era arrivato a cavallo delle feste. Il M5s deve scegliere un candidato per la vice-presidenza dell’Ars e sembra convergere su Francesco Cappello, capogruppo fino al 31 dicembre scorso. Ma in aula accade il patatrac: ad essere eletta è Angela Foti, coi voti del centrodestra (31 a 28). Non solo quelli, secondo qualcuno. Almeno un paio di grillini avrebbero “avallato” con lo scrutinio segreto la bocciatura di Cappello, ma poi fioccarono le smentite. Anche se la Foti, tirata per la giacchetta, non hai mai ritenuto di doversi dimettere. Seguirono altre scorie, fino al voto sull’esercizio provvisorio (in sei decisero di non partecipare) e le uscite sui giornali: da Foti a Tancredi, passando per Mangiacavallo. Un turbinio di eventi che ha rischiato di incrinare la favola di un Movimento coeso al di là di ogni ragionevole dubbio. Tanto che per ricompattare le fila, è servita una riunione-fiume di sei ore all’Ars e un “tutti contro tutti” che ha logorato i nervi. Ma è servito a siglare un armistizio: l’8 settembre dei Cinque Stelle.
Ora qualcosa nel Movimento sta cambiando. Gli spostamenti sono impercettibili, ma anche in questi giorni si manifestano. A partire da alcuni deputati che avevano smesso di twittare contenuti a sfondo grillino, e ora hanno ripreso a farlo, quasi per infrangere il tabù. Passando per le interviste, sempre più misurate, e con tiepidi segnali d’apertura. Solo nell’ultima settimana, però, ne vanno segnalate un paio che fanno giurisprudenza. La prima l’ha resa Ignazio Corrao, europarlamentare di Alcamo molto ascoltato da Cancelleri, a Live Sicilia. Parole che riannodano i fili del passato: “È chiaro che se Musumeci fa quattro o cinque cose che migliorano la vita dei siciliani, il Movimento le può sostenere. Ma questo ha un costo, mettere fuori determinate cose che fanno parte della sua coalizione”. Nel ribadire che “non parliamo di alleanze politiche”, Corrao ha spiegato che “tutto lascia pensare che è nel suo interesse (di Musumeci, ndr) fare delle scelte coraggiose, mettendo da parte dei meccanismi che hanno lasciato impantanata questa regione. Se lo vuole fare, il Movimento 5 Stelle non dirà mai di no”. Due assist nel giro di un paio di risposte.
Corrao, che pur non essendo fan di Di Maio è stato voluto dall’ex capo politico del team dei facilitatori nazionali, ha rievocato il “patto del foglio bianco e un paio di penne” che lo stesso Cancelleri, nel 2018, avanzò al presidente della Regione. Ponendo anche quella volta una condizione: sbarazzarsi delle zavorre. Un passo che Musumeci non si è mai sentito di compiere. In un’intervista a Buttanissima di qualche giorno fa, anche Sergio Tancredi aveva tirato fuori il precedente: “Giancarlo è uno che ha sempre saputo separare la campagna elettorale dall’attività istituzionale”. Cosa che a molti altri non riesce. Fra i sostenitori di questa linea – del collaborazionismo mascherato da buoni propositi – ci sono anche Angela Foti, Matteo Mangiacavallo, Valentina Palmeri, Elena Pagana. La più giovane deputata dell’Ars che nelle ultime ore, su “La Sicilia”, ha rilanciato l’ipotesi di un accordo con Musumeci e Diventerà Bellissima sul voto segreto.
Ce n’eravamo quasi dimenticati, ma dalla modifica del regolamento passa il ritorno in aula del governo e l’approvazione delle riforme più importanti. Tra queste, il disegno di legge sui rifiuti. Bocciato sonoramente all’articolo 1, grazie al voto contrario delle opposizioni e ai “franchi tiratori”. Musumeci ha detto che il governo non avrebbe più rimesso piede in aula se non si fosse cancellato questo “obbrobrio”. In parte ha mantenuto la promessa, e ora i Cinque Stelle sono pronti a fare un altro pezzo di strada insieme: “E’ stata presentata da Diventerà Bellissima una proposta di equiparazione alla regola del Senato – ha detto la Pagana -. Credo che una convergenza alla fine sia possibile”. I grillini, ben prima del fattaccio sui rifiuti, avevano previsto una modifica, facendo prevalere la richiesta di voto palese rispetto al voto segreto, esattamente il contrario di quanto avviene oggi. Ma ora sono pronti a virare sulla proposta degli uomini del governatore. Un altro segnale di pace verso l’esterno, che all’interno del gruppo, però, rischia di essere letto in modo diverso.
E’ una lunga fase di assestamento che fino a un paio di settimane fa lasciava ipotizzare altri scenari. Dalle espulsioni, per chi si mostrava riluttante al pensiero allineato, passando per l’adesione a nuovi soggetti politici (la Lega era in allerta, ma la Foti ha detto che piuttosto si sarebbe fatta bionda). “Io sono rimasto l’attivista che dal 2010 lavora nell’interesse generale. Se gli eventi mi porteranno a fare altre scelte, ne prenderò atto”, aveva confidato il “musumeciano” Tancredi, senza mai esasperare il concetto. Ma che esistesse un malcontento, era evidente. Come è altrettanto evidente che l’ascia da guerra, per ora, sia stata sotterrata. I responsabili continuano a fare i responsabili. Gli oltranzisti continuano a denunciare la Casta, si appellano ai giudici, talvolta facendo prevalere la presunzione di colpevolezza rispetto a quella d’innocenza (come per i casi di Savona e Rizzotto). Talvolta sembra che non sia cambiato nulla, ma qualcosina in effetti sta cambiando. E’ il segno dei tempi.