Né uno stadio da costruire né un Lanzalone da avvicinare. Qui non si fa l’elogio della corruzione ma si registra che anche manutengoli, faccendieri e trafficanti, in Sicilia sono disoccupati. A Palermo, a promettere il nuovo stadio era stato Paul Baccaglini, italo americano ed ex Iena, noto più per i suoi tatuaggi che per il denaro che assicurava di possedere. Oltre allo stadio, di cui si è solo fantasticato, si è arenata anche la trattativa con il presidente Maurizio Zamparini, di cui invece si è tanto scritto. È naturalmente finita con un’indagine della magistratura che nell’isola, va ricordato, è l’unica “impresa” a funzionare. A lavorare sono stati infatti gli avvocati e i giornalisti che hanno cominciato a raccontare di società lussemburghesi, di fidejussioni provenienti da banche cinesi. Insomma, colore e intrigo con uno spruzzo di oriente che, si sa, nel calcio si porta ormai come il lino in estate. E va bene che Catania è la “Milano” del Sud, dove sembra (?) regnare la morale e gli assessori (vedi Pierfrancesco Maran) sono verticali e rifiutano le mazzette. Ma anche qui lo stadio è impossibilità di sviluppo, è il ritardo dalla modernità, il dilettantismo dell’ingegneria. Ultimo a parlarne era stato Antonino Pulvirenti, ex presidente del Catania Calcio e della Windjet. Gli aerei sono rimasti a terra mentre Pulvirenti è finito agli arresti domiciliari. Se è vero, ed è vero, quanto dice l’Istat, ovvero che in Sicilia la disoccupazione ha segnato il peggior dato dal 2004 e che i disoccupati sono 400 mila, viene quasi voglia di rimpiangere la suburra di Roma e perfino le buche che, a volte, come scriveva l’economista John Maynard Keynes, servono da far scavare agli operai per rilanciare l’economia. Buttanissima sempre. Ma qui non è rimasto più neppure il denaro per le “marchette”…