Si è aperta ieri in Assemblea regionale una settimana molto calda. Il voto sulla legge che istituisce le zone franche montane, è solo l’antipasto della nuova sessione di Bilancio. Ma le premesse non sono affatto piaciute a Gianfranco Micciché che, oltre alla soddisfazione per aver portato a casa la legge (in attesa dell’approvazione di Camera e Senato), si porta dietro un leggero senso di fastidio per un dibattito apparso a tratti stucchevole: “In quasi tutti gli interventi – spiega il presidente dell’Ars – si continua a notare una forma di astio e di rancore dell’uno nei confronti dell’altro. E così è andata in scena la ricerca del colpevole: quelli di centrodestra lo individuano in chi ha lasciato la Sicilia in queste condizioni, il centrosinistra nel governo attuale. Così non se ne viene fuori. I Cinque Stelle sono intervenuti poco. E’ stato un dibattito all’antica, secondo me sbagliato”.
Il Pd, sia in commissione che in aula, ha votato a favore dell’istituzione delle zone franche montane. Anche se l’impianto della legge-voto, che dovrà passare al vaglio del parlamento nazionale, ha lasciato qualche dubbio. Soprattutto in virtù del fatto che un loro disegno di legge, più incisivo, sarebbe rimasto nei cassetti.
“Secondo me si tratta di una legge importante perché la sofferenza delle aree interne siciliane è enorme. Lo Stato centrale ha già provveduto a diminuire i trasferimenti per i Comuni, ma mentre quelli rivieraschi hanno più possibilità di resistere, quelli delle Madonie o dei Nebrodi fanno molta più fatica. Una legge che possa renderli zone franche è un’ottima cosa. Per di più è stata votata in modo trasversale. Qualcuno l’ha definita un’iniziativa popolare, più che parlamentare. E ha ragione. Io per primo ho avuto numerosi incontri coi sindaci”.
Ci sono degli strumenti per garantire l’impegno di Camera e Senato a farla approvare?
“Anch’io sento di potermi muovere personalmente. Va avviata al più presto un’interlocuzione col governo nazionale, e tra i partiti. Quelli siciliani, che trovano rappresentanza anche in Parlamento, devono chiedere un atto di serietà ai colleghi “romani” per arrivare a una rapida approvazione”.
Prima parlava di “ricerca del colpevole”. Questo scaricabarile di responsabilità non l’appassiona?
“Sono partito dal dibattito di ieri, secondo me anomalo, per far capire che l’assemblea siciliana non è una procura. Non tocca a noi cercare i colpevoli delle situazioni che si sono create. Diciamoci la verità: se siamo in queste condizioni la colpa è di tutti. Per ultimo, di Crocetta. Ma anche di chi c’era prima di lui, e di chi c’era prima ancora”.
La Corte dei Conti, in sede di parifica, ha detto più o meno la stessa cosa. Ha imputato delle responsabilità al governo Musumeci ma anche a quelli che l’hanno preceduto.
“Infatti, sul Bilancio non esiste un solo colpevole. Ma oggi mi sento molto più un ospedale che sta cercando un medico per curare un paziente, che non una procura alla ricerca di un assassino. Vorrei che si cominciasse a capire che in questa fase conta più la cura rispetto alla causa che ha generato la malattia. Perché altrimenti perdiamo di vista l’obiettivo principale. Siamo in una situazione assurda e abbiamo bisogno di qualcuno che ce ne tiri fuori. Non mi interessa sapere di chi è la colpa, ma se c’è qualcuno che ci possa salvare”.
La giunta sembra aver trovato 260 milioni per colmare il disavanzo in fase di assestamento.
“Non ho ancora visto le carte, ma temo che potrei arrabbiarmi. Di solito l’assestamento è un’operazione tecnica, in cui si spostano piccole cifre. Ma se questi soldi non ci sono, come si spostano? Abbiamo bisogno di trasparenza, di qualcuno che ci spieghi i bilanci. Non sono io, evidentemente. Non faccio parte del governo e non conosco la situazione finanziaria. Ma so che la parifica della Corte dei Conti non può essere sottovalutata”.
Un’altra soluzione prospettata dagli addetti ai lavori, è trovare una sponda nel governo centrale per ottenere una spalmatura del disavanzo restante (di 1 miliardo) in dieci anni.
“Ecco, anche in questo caso mi chiedo se un’interlocuzione con Roma non fosse già necessaria prima… So che era stato presentato un emendamento per ottenere questa dilazione, ma il Parlamento l’ha bocciato. Ora con quali argomenti ci si presenterà a Roma per riaprire la trattativa? Il timore è che chiunque andrà, verrà messo di fronte al fatto compiuto”.
Esiste una sentenza della Consulta che vieta la spalmatura del disavanzo su più anni, per una questione di equità intergenerazionale. I debiti accumulati dai padri, in sostanza, non possono pagarli i figli.
“Ma sarebbe un caso eccezionale, e di fronte a una eccezionalità di questo tipo tutto può essere rivisto. In questo momento abbiamo una situazione particolare e dobbiamo sistemarla, non possiamo fare ragionamenti astratti. E poi quale equità intergenerazionale dovremmo salvaguardare? Di questo passo, alle generazioni successive lasceremo una casa diroccata. Invece dobbiamo ripararla prima che sia troppo tardi”.
Si può chiudere entro Natale la partita del Bilancio.
“Neanche si apre. O meglio: entro il 31 dicembre possiamo completare il rendiconto parificato e l’assestamento. Poi andremo in esercizio provvisorio. La nuova Finanziaria, considerati i ritardi con cui si è arrivati alla parifica, non può che cominciare a gennaio”.
Anche sui temi di natura finanziaria teme di dover fare i conti con l’ostruzionismo delle opposizioni, come successo con il disegno di legge sui rifiuti?
“L’ostruzionismo delle opposizioni è quasi una regola nelle assemblee parlamentari. Noi possiamo sperare che ci aiutino. Bisogna vedere anche quale sarà l’atteggiamento della maggioranza e del governo. Qui torno alla mia questione di principio: c’è bisogno della collaborazione di tutti. Se vogliamo tirare fuori la Sicilia da queste secche bisogna farlo insieme. Se fossi opposizione, la smetterei di accusare il governo per i danni che sta creando, che sicuramente sono iniziati prima. E’ oggettivo. Se fossi maggioranza, la smetterei di far ricadere le colpe sul passato perché è una perdita di tempo. Dobbiamo pensare al presente”.