Di tutti i Comuni recensiti dalla commissione regionale Antimafia, uno su quattro ha affidato il servizio di raccolta dei rifiuti senza gara d’appalto. “Questo rivela una totale anarchia che nulla a che fare con il disegno di legge del governo Musumeci – anticipa il presidente della commissione, l’on. Claudio Fava – Ma vuol dire che numerose ditte, utilizzando la disponibilità di molti Comuni, bypassano ogni forma di controllo e di legge”. E’ successo a Casteldaccia, dove il sindaco Di Giacinto è stato arrestato per corruzione. A rendere il meccanismo distorto, oltre all’assegnazione diretta per motivi di somma urgenza, c’è anche l’utilizzo delle proroghe. “Si tratta di un business da centinaia di milioni di euro l’anno” sentenzia Fava. La raccolta dei rifiuti, assieme alle discariche private, costituiscono il “pozzo nero in cui nessuno ha mai guardato” secondo la commissione Antimafia. “Anzi, una somma di tanti piccoli pozzi”.
Vi ha risposto l’onorevole Savarino, citando una risoluzione e alcune denunce in Procura risalenti a un anno fa, dopo un’indagine della commissione Ambiente. E rimarcando il fatto che lei, come altri, sul ddl rifiuti avete fatto un “ostruzionismo becero”.
“E’ una critica ridicola. Primo, perché non c’è alcun ostruzionismo; secondo, perché il disegno di legge del governo Musumeci non si occupa di raccolta dei rifiuti, di proroghe e pratiche concorsuali. Questa vicenda, piuttosto, mi ricorda il conte Cassina e l’appalto per la manutenzione delle fogne e delle strade di Palermo. Un appalto che risaliva al periodo precedente alla guerra e rimase inalterato fino agli ’70 e che, naturalmente, da un lato ha fatto lievitare i costi per la manutenzione, dall’altro è diventato un pozzo senza fondo di guadagni e profitti per l’impresa di Cassina. Quel sistema, che ispirò il capitolo centrale della relazione di Pio La Torre, rischia di riproporsi oggi sul tema dei rifiuti. Più che un pozzo senza fondo, però, mi pare un insieme di tanti piccoli pozzi neri dentro i quali, con la compiacenza di alcune amministrazioni, imprese non sempre limpidissime ottengono proroghe e affidi senza gara d’appalto. Su questo le risoluzioni della Savarino c’entrano come i cavoli a merenda”.
Perché dice che in questo pozzo nero “nessuno ha mai guardato”?
“Perché non ci sono dati sui 390 comuni siciliani: non sappiamo a chi hanno affidato i rifiuti, attraverso quale gara d’appalto o assegnazione diretta, se ci sono state proroghe, per quali importi. Una ricostruzione che noi stiamo facendo minuziosamente in commissione Antimafia da mesi, sollecitando le Amministrazioni. Tra quelle che non ci hanno risposto, e ora il motivo mi appare più chiaro, c’è quella di Casteldaccia. Diciamo che taluni, forse in modo più approfondito, potrebbero spiegare perché, da lustri, si procede proroga su proroga ad affidare la gara alle stesse imprese, utilizzando l’assegnazione diretta per ragioni di somma urgenza. Il tema dell’urgenza non può diventare la foglia di fico dietro la quale nascondere ciò che è lecito e ciò che illecito, ciò che è necessario e ciò che è ignobile. E alla luce della nostra indagine, forse, questa legge andrebbe rivista”.
Il sistema pubblico sembra quasi soggiogato ai privati, non c’è legge che tenga. Guardi cosa avviene con le discariche…
“Stiamo parlando di un mondo che produce consenso e non soltanto profitto per se stesso. Consenso politico, elettorale, ed è un consenso che alla fine ha fatto comodo a molti governi, a molte maggioranze e partiti d’opposizione, con una permeabilità dei partiti che è stata straordinaria. Noi abbiamo soltanto avvertito nel corso degli anni gli elementi patologici, quelli che sono stati sanzionati dalle inchieste giudiziarie. Ma le inchieste giudiziarie sono arrivate a colpire solo una parte del sistema, anche perché molte condotte sono al di là della soglia di tolleranza penale. Resta comunque una condotta sul piano economico, istituzionale e amministrativo fortemente deficitaria e riprovevole, e però tollerata. Bisogna interrogarsi su quanto il sistema sia collaudato, ma anche radicato nella condizione stessa della politica e dell’amministrazione della vita pubblica siciliana”.
Dopo l’audizione dell’ex governatore Totò Cuffaro in commissione Antimafia, è sorta una polemica a distanza con Raffaele Lombardo. Secondo lei, il malaffare si annida nelle discariche o rischiava di annidarsi nei termovalorizzatori?
“Vede, se ci fosse un ciclo virtuoso, non soltanto con una significativa percentuale di raccolta differenziata a monte, ma anche con impianti di compostaggio e di lavorazione per l’indifferenziato, non ci sarebbe bisogno né delle discariche né della termovalorizzazione, che in entrambi i casi si occuperebbero solo della fase terminale. Che oggi, però, equivale ancora al 90% dell’intero ciclo, e non al 10. Io credo che in entrambe le vicende ci sia molta reticenza, opacità e scaltrezza. Riguardo ai termovalorizzatori, siamo in presenza di una delle operazioni di gestione e manipolazione del territorio “a tavolino”, così come l’hanno definita gli organi di giustizia amministrativa, la Corte dei Conti e la Procura di Palermo. Un’operazione da manuale per fare in modo che le quattro offerte dei quattro consorzi, in occasione della famosa gara (del 2003, ndr), si sovrapponessero perfettamente a territori e comuni senza lasciare fuori un chilometro quadrato di Sicilia. C’era una probabilità su un miliardo che ciò avvenisse, meno di vincere al Superenalotto…”.
Ma la gara viene stoppata dalla Corte di Giustizia Europea. Poi viene riproposta e va deserta. A quel punto Lombardo dice di puntare tutto sulla differenziata.
“Con Lombardo, che ha una memoria molto selettiva quando si tratta di ricordare le proprie responsabilità, comincia la stagione delle felici autorizzazioni a triplicare o quadruplicare la disponibilità delle grandi discariche private. La responsabilità di Lombardo viene ereditata da Crocetta e rilanciata dal governo Musumeci, che ha proceduto a una mega autorizzazione alla discarica dei Leonardi a Lentini (per 1,8 milioni di metri cubi di ampliamento) e a un rinnovo, in attesa delle motivazioni di condanna, ai Proto per altri dieci anni. Il sistema è malato anche perché la politica è subalterna, serva di necessità, decisioni, esigenze, urgenze e ansie di nuovi profitti che fanno capo a grandi cordate di imprenditori privati. Dall’indagine della commissione, sta venendo fuori che la politica è intesa non come momento decisionale o di governance, ma di interferenza. Che sostiene, appoggia, filtra, sollecita le ragioni di alcuni imprenditori privati. Faremo i nomi e i cognomi che vengono fuori da atti e audizioni. Offrono un’immagine preoccupante della politica siciliana e di come sia stata favolisticamente raccontata in questi anni”.
In questi giorni è ripartita anche la macchina della corruzione elettorale. E’ stato indagato un esponente di peso dell’Ars, l’onorevole Sammartino, e anche questa pratica ha le sembianze di un cancro inestirpabile. C’è un modo per ridurne la portata?
“Ormai esiste un costume di consuetudine che sul piano geografico non lascia indenne alcuna parte della Sicilia e sul piano politico nessun partito. Il punto è che di tutto questo abbiamo percezione e contezza solo quando una procura interviene e non è detto che le accuse vengano provate, perché a volte possono essere archiviate. Quello che manca è una capacità del sistema di vigilanza e di controllo della politica in quanto tale. Di premunirsi di antidoti contro questa pervasività del mercato del consenso. E’ come se tutto ciò che non viene svelato o smascherato dalle procure vada bene. In realtà esiste un mercato del consenso, con forme più o meno eclatanti, più o meno arroganti, più o meno pervasive, ma che ha al proprio interno un’idea di impunità, per cui ‘così si fa perché si è sempre fatto’. Questo è il collante che tiene insieme il consenso nel corso degli anni, ma non può essere demandato in termini di soluzione morale e materiale al lavoro dei tribunali. Deve essere una grande priorità morale e riorganizzativa che la politica si deve dare: parlo dei modelli di partecipazione, di ricerca del consenso, del modo in cui si ottiene il diritto al consenso senza cercare scorciatoie. Invece continuiamo a pensare che fin quando le procure tacciono, tutto va bene, madama la marchesa”.
Il senatore dei Cinque Stelle Giarrusso ha provato a tirarla dentro una polemica riguardo all’assegnazione della scorta al cronista Paolo Borrometi, su cui alcuni deputati dell’Ars l’avrebbero invitata a indagare…
“La polemica si fa in due”.
Anche la testimone di giustizia Valeria Grasso ha attaccato il Ministro dell’Interno non appena le è stata revocata la scorta (poi riassegnata). Lei, in un’intervista a Buttanissima, ha detto che questo atteggiamento di andare in tv e dire di essere un condannato a morte dalla mafia, le fa venire la pelle d’oca…
“C’è un trend che ha molto enfatizzato il tema della scorta, come se fosse una ragione di status sociale e non di una costrizione. Forse pochi lo sanno – mi permetto il lusso di poterlo dire, almeno per una volta – ma io, tranne per brevi interruzioni, sono costretto a stare scorta da quando avevo 34 anni e non per millantato credito. Ma perché per tre volte hanno scoperto che erano pronti armi e sicari, e hanno trovato sia gli uni che gli altri. L’ultima cosa al mondo che farei sarebbe quella di andare davanti a una telecamera a dire che sono un condannato a morte, a fare del tema del rischio una sorta di enfasi quotidiana imperitura, a scrivere libri sulla mia vita con la scorta, a considerarla una sorta di status symbol e non una costrizione e una condizione di necessità. Mi sembra ci sia stato un crollo verticale nella sobrietà con cui bisognerebbe assumere le proprie condizioni di rischio”.
Tracci un bilancio dopo un anno e mezzo a capo della commissione Antimafia.
“La commissione antimafia non ha il compito di fare una ribattuta delle inchieste portanti della magistratura, ma quello di interrogarsi su quali sono le distorsioni, le opacità, gli ingranaggi malati, le metastasi nell’amministrazione, nella politica, nella ricerca del consenso, nel rapporto tra funzione politica e di governo, e tutto questo è ciò che abbiamo provato a fare e che continueremo a fare. Senza aspettare che il semaforo verde venga dato da un’inchiesta della magistratura. In questa sui rifiuti, ad esempio, ci siamo mossi a prescindere da tutto. Il passaggio successivo sarà aprire una grande, tenace e dettagliata inchiesta sul tema della sanità in Sicilia e dei rapporti tra sanità, politica, consenso, amministrazione e malgoverno”.
Senta, ma che fine ha fatto il suo codice etico per i deputati dell’Ars?
“E’ stato approvato, ora è compito della presidenza dell’assemblea regionale farlo applicare. E’ uno strumento a disposizione dell’Ars che deve utilizzare tutte le volte che ci sia l’esigenza e la necessità di farlo. Sul piano giuridico e regolamentare esiste. Ora, come tutti gli strumenti, attende che ci sia un’intenzione politica nel farne buon uso”.