Tra le accuse rivolte al sindaco di Casteldaccia, arrestato giovedì scorso assieme ad altri componenti della sua giunta, c’è quella di aver affidato il servizio di raccolta differenziata senza gara d’appalto, per alcune decine di migliaia di euro l’anno, e in cambio dell’assunzione dei suoi fedelissimi. L’assessore all’Energia Pierobon ha sottolineato che “il sistema dei rifiuti va riformato” allo scopo di giungere “a una gestione ordinaria e trasparente”. Ma la Regione siciliana, come conferma la presidente della Commissione Territorio e Ambiente, Giusy Savarino, gli strumenti ce li ha già in casa. Uno è il piano regionale dei rifiuti, a cui la commissione Via-Vas – dopo una lunga trafila fra Palazzo d’Orleans e Ministero dell’Ambiente – ha appena dato il via libera e che la IV Commissione dovrebbe ricevere a giorni. L’altro è la famosa legge di riforma della governance, che a Sala d’Ercole si è bloccata sotto l’effetto mortifero dei “franchi tiratori”, capaci di far bocciare l’articolo 1.
Onorevole, la riforma sui rifiuti tornerà in aula solo dopo la modifica del regolamento dell’Ars e l’abolizione del voto segreto? Non rischia di farsi tardi?
“Per i rifiuti, in cui si annida un potente sistema affaristico-mafioso, serve una riforma della governance chiara. Dobbiamo capire chi vuole ostacolare scelte orientate alla legalità e alla trasparenza, che ci mettano in linea con quanto richiesto da Anac e Corte dei Conti. E soprattutto perché. Se in questi anni qualcuno ha lasciato nei cassetti i progetti degli impianti pubblici e favorito le discariche private, che si parli di politici o di burocrati, è il momento di far venire fuori nomi e cognomi. Noi questo meccanismo lo vogliamo rompere…”.
Cosa risolve una legge sulla governance?
“Tanto per cominciare ci sono 18 ex Ato e 27 Srr. Troppi. Ne faremo soltanto nove e saranno totalmente pubblici. Si potrà imporre trasparenza nelle gare d’appalto, nelle assunzioni, e la Regione può intervenire con potere sostitutivo se le cose non si fanno a regola d’arte. Questo significa dare una veste giuridica, di sostanza, di ordine e di legalità che per il momento non esiste. Con 45 enti c’è uno scaricabarile di responsabilità e i costi vengono quadruplicati. Nella scorsa legislatura si è anche pensato di parcellizzare il servizio dei rifiuti. Ogni Comune si è affidato a una società, con propri Cda e propri revisori, determinando l’aumento della spesa, che invece va abbattuta. Se qualcuno ostacola tutto questo, lo faccia in modo palese”.
Per abolire il “voto segreto” serve un accordo in commissione Regolamento. Lei ne fa parte. Troverete la quadra?
“Perché se il Parlamento nazionale lo ha fatto ai tempi di Craxi, in Sicilia non è possibile? Diventerà Bellissima ha presentato una proposta in linea con quanto previsto al Senato. E’ simile a quella formulata dall’onorevole Compagnone e dall’onorevole Figuccia. Poi ce n’è una dei Cinque Stelle che piuttosto che abrogare il voto segreto prevede un’inversione di prevalenza tra voto palese e segreto. In questo momento se in parlamento qualcuno chiede il voto palese e qualcun altro il voto segreto, prevale quest’ultimo. Loro vogliono invertire questo sistema. Potrebbe essere una soluzione”.
Poi c’è il piano dei rifiuti che torna in commissione Ambiente per un parere definitivo. Cosa prevede?
“Permette di organizzare l’impiantistica in tutto il territorio regionale. Come detto, negli anni scorsi si è favorito un sistema discarico-centrico. Anche perché non si puntava abbastanza sulla differenziata. Un problema al quale il presidente Musumeci ha già provato a ovviare: da un lato col bastone, cioè facendo delle ordinanze molto dure e minacciando i sindaci di scioglimento se non si fossero adeguati; dall’altro con la carota, promuovendo una serie di attività per incentivare la differenziata e mettendo 5 milioni in Finanziaria per i comuni virtuosi. Tutto ciò ha innescato un meccanismo di antagonismo positivo fra i comuni per migliorare le performance. Così la differenziata è salita dal 14% al 40%. E saremmo al 50% se non ci fossero i ritardi nelle tre aree metropolitane”.
Ma resta l’oligopolio dei “signori delle discariche”.
“Avere aumentato la differenziata ha fatto sì che in discarica arrivassero meno rifiuti. Inoltre, nell’ultimo anno, i privati hanno guadagnato 56 milioni in meno. Questo è un bel segnale. Col piano dei rifiuti, poi, Musumeci, anziché lasciare nei cassetti i progetti degli impianti pubblici, ha chiesto che venissero aggiornati con le migliori tecnologie (come il biogas) e posti in finanziamento: mi riferisco a Casteltermini, Ravanusa, Trapani, Palermo. C’è ancora un po’ di ritardo nella Sicilia orientale, dove il presidente ha sollecitato più volte Ato ed Srr affinché individuassero le aree in cui realizzare nuovi impianti non inquinanti. Ma poiché non l’hanno ancora fatto, ha nominato un commissario ad acta per occuparsene. Questo andrebbe a disinnescare il monopolio dei privati, facendo abbassare i prezzi. Una volta a regime, sarebbe un sistema virtuoso, perché si fa del rifiuto non più un problema ma una risorsa”.
Ha seguito la querelle tra Cuffaro e Lombardo? Il primo dice che il malaffare si annida nelle discariche, e che sia stato Lombardo a portare avanti quel sistema; l’altro si difende, spiegando di aver puntato tutto sulla differenziata. Dove sta la verità?
“Chi sceglie la differenziata dovrebbe accompagnarla con una serie di impianti che, invece, stiamo sbloccando solo adesso. Probabilmente nell’idea del presidente Lombardo c’era questo, ma durò in carica quattro anni, e dopo non hanno più ripreso in mano i progetti. Il sistema costruito da Crocetta è imperniato soltanto sulle discariche, che venivano agevolate con una serie di ordinanze in deroga. Le faccio un esempio. Alcune discariche private non avevano il Tmb – un sistema per depurare i rifiuti dalle parti più inquinanti e a ridurne la massa prima del conferimento in discarica – e Crocetta aveva fatto delle ordinanze in deroga permettendogli di ovviare. Con Musumeci le deroghe sono finite”.
Cambiando tema, in commissione avete approvato la norma sulla proroga delle concessioni demaniali fino al 2033, come previsto dalla legge nazionale. Ma il Movimento 5 Stelle ha presentato una “pregiudiziale”, dicendo che è “pericoloso”. Perché?
“E’ il governo nazionale targato Cinque Stelle ad aver approvato questa legge in Parlamento. E’ vero che esiste una sentenza del Consiglio di Stato (in cui si stabilisce che la norma nazionale viola il diritto comunitario di tutela della concorrenza, ndr), ma non è ancora stata recepita da Roma. Noi stiamo semplicemente recependo una legge, e in più chiediamo che venga rifatta l’istruttoria per verificare alcuni criteri: lasciare liberi i corridoi di accesso al mare, garantire l’accesso ai disabili, rispettare le distanze”.
Invece vi siete espressi all’unanimità sulla riforma urbanistica. Quali sono i tratti salienti del disegno di legge che, in caso di approvazione all’Ars, vi consentirà di superare 40 anni di impasse?
“Attendiamo il parere della commissione Bilancio perché all’interno del disegno di legge ci sono delle norme di spesa, ma riteniamo possano essere coperte con fondi comunitari. Il ddl arriverà in aula in tempi brevi. Quello presentato dal governo Musumeci era frutto di una sintesi coi professori universitari, noi in commissione abbiamo sentito tutti gli ordini professionali, i rappresentanti di categoria e abbiamo recepito le sollecitazioni dei professionisti. La cosa più importante è adeguare una normativa vecchia di 40 anni, risalente a un’epoca la priorità era costruire. Oggi non vogliamo allargare le nostre città verso le periferie, ma recuperare i centri urbani attraverso processi di rigenerazione, che noi abbiamo agevolato in termini volumetrici, fiscali ed economici. L’imprenditore, il privato, il professionista preferirà recuperare spazio all’interno del centro abitato piuttosto che costruire nuove case all’esterno. Così esercitiamo una doppia funzione: recuperare e mantenere la nostra storia da un lato, ed evitare lo spopolamento dei centri abitati dall’altro”.
Si parla di “consumo zero” del suolo. Come ci arriverete?
“E’ previsto dalle normative comunitarie entro il 2050, noi ci arriveremo gradualmente. Ma ci sono altri elementi da evidenziare: abbiamo migliorato la qualità architettonica, promosso le idee dei giovani, recepito alcune sollecitazioni dell’ordine degli agronomi pensando ai corridoi verdi, ai parchi, ai polmoni che ossigenano le città e garantiscono luoghi di ritrovo ai nostri bambini. E abbiamo semplificato al massimo la pianificazione. Adesso per fare un piano regolatore ci vogliono dieci se non vent’anni: noi abbiamo istituito un piano regionale con tutti i principi generali a cui bisognerà ispirarsi. Le nostre città dovranno proiettarsi al futuro, tutelando l’ambiente e favorendo il recupero del centro urbano anche da un punto di vista economico”.
La lunga sessione di Bilancio alle porte rischia di impantanare i lavori dell’Ars e di conseguenza le riforme?
“Purtroppo ci siamo abituati alle sorprese. Pensi che l’ultimo disavanzo risale agli anni ’90 ed è venuto fuori solo adesso, e fra l’altro siamo costretti a coprirlo nell’arco di questa legislatura. Questo ingessa tutto. Il governo Musumeci sta facendo un’operazione verità sui conti per evitare sorprese in futuro. Ma stiamo pagando il prezzo di qualche leggerezza di troppo che ci arriva dal passato”.