E’ uscito dalla porta e adesso prova a rientrare dalla finestra. L’ex ministro della Giustizia e dell’Interno Angelino Alfano, delfino mancato di Silvio Berlusconi e “stampella” degli ultimi governi a guida Pd, ha chiesto di poter godere fin da subito del vitalizio da 5.300 euro al mese, pur non avendo i requisiti previsti dal regolamento della Camera. Così ha fatto causa. Assieme all’attuale sottosegretario all’Editoria Andrea Martella (rimasto, però, senza seggio), all’ex sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano e al dem Andrea Rigoni, Angelino ha contestato la legittimità costituzionale delle regole vigenti a Montecitorio. L’erogazione immediata dell’assegno si porrebbe “in stretta correlazione con la necessità di indennizzare il deputato per i minori ricavi che lo stesso sarà in grado di realizzare una volta tornato alla vita normale dopo tanti anni di servizio prestati presso il Parlamento a beneficio della collettività”. Anche se Alfano, che da poco tempo è diventato presidente del gruppo San Donato, un gigante della sanità privata, non vive di stenti.
Ma gli organi di giustizia interni della Camera – come racconta “Il Fatto Quotidiano” – hanno già decretato un paio di volte che per il rilascio del vitalizio bisogna attendere di aver compiuto i 60 anni di età (Alfano ne ha ancora 49). Si tratta di una norma già in vigore ai tempi in cui venne eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel 2001. Il fondatore del Nuovo Centrodestra, invece, voleva che si applicassero le norme precedenti: la disciplina del ’68, che permetteva di ottenere l’assegno al raggiungimento delle quattro legislature (o dei vent’anni) indipendentemente dall’età anagrafica; o il regolamento del ’94, che prevedeva la possibilità di erogare la somma anche a cinquant’anni (anziché a 60), scalando dal conto un anno di contribuzione eccedente il quinto anno di mandato parlamentare. Ma fin qui il tentativo è andato a vuoto.