La chiazza gialla del Movimento 5 Stelle sparisce dalla cartina del voto siciliano. Dalle Amministrative, che – è vero – con le politiche hanno poco da spartire, tornano i vecchi “volponi” di destra e di sinistra. Il Movimento, da par suo, non riesce a formare una classe dirigente capace di dialogare con città e periferie. Così, a parte l’eccezione ragusana, è fuori da tutte le Amministrazioni dei comuni capoluogo. E vede i suoi consensi ridursi dei due terzi.

Salvo Pogliese, Forza Italia, è il nuovo sindaco di Catania. Interrompe l’egemonia di Enzo Bianco e lo fa con una prestazione elettorale maiuscola, che lo porta a sfondare il muro del 50%: “La prima cosa che ho fatto per Catania – ha esordito Pogliese nell’analisi del voto – è rinunciare a una comoda poltrona a Bruxelles per una esaltante, qualificante, ma molto scottante poltrona di sindaco della mia città. Credo che i catanesi ci chiedano più sicurezza, pulizia e decoro urbano. Sono queste le nostre priorità e agiremo di conseguenza”. Il capoluogo etneo torna una roccaforte del centrodestra. Regge, quindi, il patto dell’arancino siglato fra Salvini, Meloni e Berlusconi nel novembre scorso, prima delle elezioni regionali in cui la spuntò Nello Musumeci. Enzo Bianco rimane sotto il 30%, mentre il Movimento 5 Stelle delude: solo il 17% per Grasso, che in campagna elettorale aveva detto di ambire a una percentuale compresa fra il 20 e il 30.

Elezione plebiscitaria a Trapani per il dem Giacomo Tranchida che – caso più unico che raro – aveva l’appoggio del centro-sinistra unito. Quasi un ossimoro di questi tempi. Tranchida ha addirittura varcato la soglia del 70%, lasciando Vito Galluffo, candidato di Forza Italia senza Lega, a una distanza siderale: “La priorità assoluta per Trapani è quella di togliere la monnezza dalle strade” ha chiosato il primo cittadino in pectore, replicando fedelmente il mantra di ogni neoeletto. Anche in questo caso male i Cinque Stelle, che qui come altrove non riescono a replicare il dato delle Politiche: solo il 12% per il candidato Giuseppe Mazzonello, a fronte di una lista che è addirittura sotto la soglia del 10.

L’unico comune in cui i grillini rimangono in corsa per una poltrona, pur dimezzando il consenso rispetto al 4 marzo, è Ragusa. Non c’era l’uscente Federico Piccitto, ma il suo “alter ego” Antonio Tringali è riuscito a strappare una qualificazione al turno successivo grazie a un discreto 22%. Difficile fare meglio in una tale frammentazione politica (sette candidati). Se la giocherà con l’avvocato Peppe Cassì, sostenuto da Fratelli d’Italia e alcune liste civiche, che si ferma al 20% e vince la battaglia interna con Tumino e Migliore. Terzo e quarto Massari e Calabrese (Pd), che rappresentano l’area del centro-sinistra.

Sempre in tema Cinque Stelle, discreta prestazione per l’attivista Silvia Russoniello a Siracusa: il 16% non basta, però, a correre per la poltrona da sindaco. La partita riguarda il candidato del centro-destra, Paolo Ezechiele Reale (che, pur orfano di Granata e Diventerà Bellissima, parte da un promettente 35%) e il delfino del sindaco uscente Garozzo. Quel Francesco Italia che ha spaccato il fronte del centro-sinistra, ma si appresta a ricevere il sostegno dell’area dem e del concorrente Fabio Moschella in vista del 24 giugno.

A Messina, infine, il grande sconfitto è Renato Accorinti, che deve abbandonare la sua lotte no-ponte e dedicarsi ad altro dopo cinque anni a palazzo di Città. Il nuovo sindaco sarà uno fra Dino Bramanti (sostenuto dal centro-destra) e Cateno De Luca, già dissidente all’Ars del governo Musumeci. Di poco staccato, ma fuori dai giochi, il candidato del Pd Antonio Saitta. Dietro Accorinti trova spazio Gaetano Sciacca, il candidato dei 5 Stelle – cui anche Di Maio ha tirato la volata negli ultimi giorni di campagna – che non supera il 14%.