Natale ha paura. Martedì lo operano e l’altro giorno mi ha detto “salutiamoci ora perché magari muoio”. È un intervento seccante, ma non si muore. Però Natale non lo sa, per questo è preoccupato. Sessantadue anni e mai nessun malanno, non conosce ospedali né pronto soccorso. L’altro giorno era al bar coi sacchi della spesa, appoggiato a una mensola e lo sguardo perso davanti alla tv spenta. Oh Natale, gli ho urlato per destarlo dal torpore. Mi ha sorriso e mi ha detto stai tranquillo, sto aspettando che inizi la partita. Ma non c’era nessuna partita e poi, l’ho già detto, la tv era spenta.
Natale è solo al mondo, non ha nessuno, solo i suoi sacchi della spesa che si porta appresso tutto il giorno. Poi in realtà ha pure un fratello, non lo vedeva da anni ma quando ha saputo è andato a trovarlo e gli ha pure procurato l’appuntamento col medico. Lo operano martedì e dobbiamo vederci fra un po’ qui al bar, c’è l’Inter e stavolta la tv è pure accesa. Ora lo vedrò spuntare dalla porta, lui e i suoi sacchi della spesa più vuoti che pieni. Si siederà accanto a me, guarderemo la partita assieme e poi mi ripeterà che martedì si opera e che magari è l’ultima volta che ci vediamo e io gli dirò ma non dire minchiate, mica si muore per queste cose.