E insomma, i testi della Fallaci materia obbligatoria nelle scuole e la politica finanziaria della Thatcher nei corsi degli atenei d’economia. Il resto è «di tutto, di più»: tutto fa brodo, Berlinguer e Wojtyla, Livatino e la Rackete, miti operaisti e Papi-Santi, martiri della mafia e nuove icone della disobbedienza a scopi umanitari, siamo a un soffio dalle Gemelle Kessler.
Con la promessa di scendere in piazza «col sorriso» e trenta secondi dopo immolarsi nel sangue «passeranno sui nostri cadaveri». Con un frasario fascista (“traditori” è il tormentone), con una simbologia da chincaglieria mistico-religiosa-familista (alberi della vita, segnarsi con la Croce, raccoglimenti in preghiera, canti celtici, bambini in braccio che manco quando c’era Lui a Villa Torlonia) che la Meloni a confronto sembra abbia fatto la Rivoluzione d’Ottobre. Mentre accanto al Leone di San Marco sventolano i Quattro Mori di Sardegna come ad un qualsiasi concerto pop-rock (dove, in verità il vessillo dell’antica Repubblica di Venezia non c’è mai mentre invece la bandiera dell’Isola sventola sempre perché i sardi, si sa, hanno troppo amor proprio).
Il discorso è strofa-ritornello-strofa-ritornello come fosse una canzonetta qualsiasi, come fosse (e lo è) povero di veri argomenti politici mentre abbondano i luoghi comuni per palati facili con stomaci forti. Rabbia? Orrore? Tristezza? Fate voi, dentro ci sta di tutto.