Fra manovre e manovrine l’Ars è impantanata da mesi su questioni di natura economica. Che sottraggono tempo ed energie a ciò che la Sicilia aspetta con ansia: le riforme. Era il 18 dicembre dello scorso anno, quando la giunta di Nello Musumeci invia all’Assemblea regionale la Legge di Stabilità (molto più snella del previsto) che, nelle vane speranze del governatore, l’aula avrebbe dovuto approvare prima di Capodanno. Macché. Il 28 dicembre, con il tappo dello spumante pronto a saltare, l’Ars dichiara che la Sicilia è in esercizio provvisorio. La corsa a ostacoli riprende dopo le vacanze, ma è trascorsa anche l’estate e il Bilancio parcellizzato della Regione non è ancora completo: stiamo per entrare nel decimo mese della sua gestazione. Una settimana fa, dopo la prova di forza di Pd e Cinque Stelle, che hanno rimandato in quinta commissione il testo di un maxi-emendamento scritto in campagna da Gianfranco Micciché e Riccardo Savona, il presidente della commissione Bilancio, si è scoperto che manca la copertura finanziaria per alimentare il famoso “collegato”: i 40 milioni promessi prima delle ferie non si trovano. Così il presidente dell’Ars oggi si è presentato in commissione Cultura e comunicato lo stop del maxi emendamento.
Sembra una storiella, ma non fa più ridere. Attorno al bilancio della Regione siciliana, infatti, si annida un’ombra grande quanto una casa. Nessuno sa quanti soldi ci sono e quanti se ne possono spendere. In attesa di scoprirlo, ripercorriamo a tappe quello che è accaduto in questi dieci mesi. Detto dell’esercizio provvisorio, la Finanziaria approda in aula il 1° febbraio e ci resta per un paio di settimane. Salta l’articolo 1 (ricordate il Modello Portogallo, che voleva fare della Sicilia un paradiso fiscale per gli stranieri?), e Musumeci si irrigidisce coi “franchi tiratori” della sua non-maggioranza, che stoppano altre norme chiave. Tuttavia, dopo una marea di trattative e una levataccia, all’alba del 14 febbraio la manovra principe vede la luce con 34 voti a favore e 28 contrari. Fra le categorie salve ci sono i forestali, gli ex Pip, i lavoratori dell’Esa e dei Consorzi di Bonifica. Viene istituita a costo zero anche l’Orchestra del Mediterraneo. Ma c’è un “però”: parte della spesa (circa 190 milioni) è “congelata” a causa del maxi disavanzo della Regione nei confronti con lo Stato, che non accorda una dilazione trentennale – ma solo triennale – di una fetta corposa del debito (543 milioni totali). Quei soldi vengono stanziati, ma non si toccano. Un gioco di prestigio.
La storia del disavanzo è uno dei cappi al collo del governo Musumeci. Gli incontri con l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria, presso cui si dice abbia buoni uffici il vice-governatore Armao, non producono risultati. Ma la sessione di Bilancio va avanti e si dilata. Si sceglie, per la prima volta, di suddividere le numerose norme stralciate dalla Finanziaria (per snellirla) in una serie di collegati: cinque per la precisione. Il testo del “collegato” generale alla Finanziaria, il più ambizioso, arriva in aula solo a fine giugno. Comincia un’altra maratona. L’articolo 11 riguarda la “ricognizione straordinaria del patrimonio immobiliare dell’ente”, voluta da Armao, che viene però ritirata dietro l’insistenza dei Cinque Stelle, che suggerisce all’assessore di recuperare prima la banca-dati del censimento realizzato nel 2009 da Sicilia Patrimonio Immobiliare. A testimonianza delle numerose insidie, il governo non riesce a far approvare una norma da 15 mila euro per garantirsi la presenza di esperti per monitorare l’emergenza rifiuti, né il regalo da 10 milioni ad Ast e Jonica Trasporti per far viaggiare gratis studenti, anziani, militari e portatori di handicap. La colpa, stavolta, non è dei franchi tiratori ma del sistema del voto elettronico, che secondo l’assessore Cordaro non ha funzionato. La tensione è nell’aria, ma il 10 luglio il “collegato” generale è approvato con 32 voti a favore e zero contrari.
Nel “collegato” generale trova spazio il progetto del nuovo centro direzionale, la nuova procedura per l’aggiudicazione degli appalti, la possibilità per gli studenti di prolungare l’assenza da scuola senza fornire il certificato medico. E c’è una norma che sblocca la spesa “congelata” della Finanziaria (i famosi 190 milioni), in modo da poter distribuire le prebende a chi ne ha bisogno. Eppure manca qualcosa: la pioggia dei contributi a enti, teatri e fondazioni – l’ex Tabella H – viene rinviata a un ulteriore “collegatino”, quello della commissione Cultura, che in realtà non è mai stato incardinato. Prima della pausa estiva, infatti, resta il tempo per approvare il ddl assunzioni (il “collegatino” della Prima commissione), con cui la Regione, dopo undici anni, sblocca le assunzioni per il personale del comparto dirigenziale e non dirigenziale, con una distruzione della spesa graduale da qui al 2021. Restano fuori – altra batosta per Musumeci, Armao e per l’assessore alla Funzione pubblica, Bernadette Grasso – la promozioni automatica (senza concorso) dei dirigenti dalla terza alla seconda fascia e l’assunzione di 100 dirigenti esterni, per riempire gli uffici vacanti dei Dipartimenti, come quello all’Acqua e ai Rifiuti dove nessuno vuole andare (profumano di scandalo). L’opposizione si mette di trasverso. Se ne riparlerà in un disegno di legge ad hoc.
Si arriva al 31 luglio, quando l’Ars dovrebbe mettere mano ai contributi a pioggia. In palio ci sono una quarantina di milioni (pare). Si tratta delle cosiddette “marchette”, in gergo parlamentare. Quelli che soddisfano gli appetiti dei deputati. Ma è impossibile trattare i cento articoli di partenza, e tutti gli emendamenti connessi, così il presidente Gianfranco Micciché, dopo aver consultato i capigruppo, decide di sciogliere il Parlamento per le vacanze estive e si impegna a riunire questo “collegato”, assieme agli altri due che mancano, in un maxi emendamento, unico ma snello, da presentare al rientro dalle ferie. E procedere all’approvazione. Sembrano tutti d’accordo e, al di là della classica demagogia sulle vacanze più lunghe di sempre, ci si rivede in aula il 10 settembre. Salvo incontri e telefonate estive (“L’ho chiamata tre volte e non è mai venuto” ha detto il presidente dell’Ars a Francesco Cappello, capogruppo del M5s) per mettere a punto i desiderata.
In aula Pd e Cinque Stelle insorgono. Rifiutano l’idea che a settembre si debba parlare ancora della Finanziaria 2019. Così “trombano” il provvedimento (ma sulla riscrittura mancava anche la firma di Carmelo Pullara, dei Popolari e Autonomisti) e, forti del nuovo asse romano (e della debolezza numerica del centrodestra), lo rinviano in commissione dove l’amara scoperta è per tutti: altro che quaranta milioni, ce ne sono la metà. Eppure – garantiscono fonti interne all’opposizione – a luglio la commissione Bilancio aveva dichiarato che le coperture c’erano per tutti i collegati. Com’è che adesso sono sparite? E questa è l’altra faccia della medaglia: ma chi gestisce i soldi alla Regione?
Alla vigilia di Ferragosto, una nota dell’assessorato al Bilancio annunciava con soddisfazione l’operazione “pulizia”, concordata con la Corte dei Conti, che aveva portato alla luce un nuovo buco da 400 milioni di euro. Mentre fa capolino un nuovo disavanzo accertato da 1,3 miliardi. A tutto questo si aggiunge che la Corte dei Conti non ha ancora emesso il giudizio di parifica sul Bilancio consuntivo del 2018, segno che la verifica è profonda e accurata e non si escludono altri spifferi.
In questa situazione un po’ drammatica e un po’ patetica, Miccichè aveva garantito che il “collegato” sarebbe andato in porto, ma oggi, dopo un incontro con Musumeci e Armao, ha appreso che i fondi non ci sono. Così ha deciso di stoppare la norma, che intanto era tornata in commissione Cultura carica di 300 emendamenti. “E’ un gesto irresponsabile che mette in crisi i teatri siciliani, in particolare il Bellini di Catania, lo Stabile di Catania, l’Ente autonomo regionale “Teatro di Messina”, il Taormina Arte, il Teatro Massimo di Palermo, le associazioni culturali, sportive, quelle che lottano contro la mafia, i lavoratori del mondo degli enti regionali. Avevo chiesto un gesto di responsabilità – ha detto il presidente della quinta commissione, Luca Sammartino – perché ero preoccupato dalla possibilità che non ci sarebbero state le coperture di spesa”.
“Ora il Governo ha certificato la mancanza di coperture e ha quindi nascosto al Parlamento le difficoltà economiche della nostra Regione. Siamo profondamente preoccupati di quello che sarà il destino di migliaia di lavoratori siciliani. Adesso – ha concluso il deputato “dem” – vogliamo chiarezza sui conti della Regione. Siamo stanchi dei racconti di Musumeci. Ognuno si assumi la propria responsabilità”. Il prossimo obiettivo sarà scrivere la nuova Finanziaria ed evitare l’esercizio provvisorio. Sarebbe come chiudere il cerchio. Un anno dopo.