L’attrice Monica Guerritore dà voce alle donne. A una nobildonna, in modo particolare. Si chiama Giulia Trigona, vive a Palermo a inizio Novecento, ed è la prospettiva da cui la Guerritore, attrice di teatro, racconta la storia di un femminicidio avvenuto il 2 marzo 1911 in una stanza d’hotel. Alla numero 8 alloggiava il barone Vincenzo Paternò del Cugno, amante di Giulia, oltre che del gioco d’azzardo. E’ in quella stanza che la Trigona aveva deciso di spezzare le catene con un amore violento e maledetto, nato due anni prima durante una serata a Villa Igiea, un ricevimento estivo che parve l’inizio di una nuova avventura e di una fiammeggiante, quanto inattesa, passione.
La Trigona aveva attraversato un’importante crisi depressiva, durata anni, dopo la morte della sorella nel terremoto di Messina e dopo aver scoperto la relazione parallela del marito, il conte Romualdo Trigona dei Sant’Elia. Il libro edito da Longanesi – che si intitola “Quel che so di lei” – è la narrazione dei momenti finali in cui Giulia decide di lasciare anche l’amante, dopo essersi liberata del marito infedele, che in risposta ai chiacchiericci di una presunta relazione extraconiugale l’aveva cacciata di casa una prima volta. La Trigona è stanca delle violenze subite e l’appuntamento in quella stanza d’hotel, la numero 8, avrebbe dovuto sancire una via d’uscita pressoché definitiva.
Era di tutt’altro avviso il barone Paternò, che con un grosso coltello la colpì alle spalle e la uccise, prima di spararsi un colpo alla testa per togliersi la vita. Senza riuscirci. Verrà condannato all’ergastolo, ma verrà graziato dopo trent’anni di carcere, da cui uscirà in tempo per farsi una nuova “amica”. Il delitto della Trigona rimarrà in parte impunito: “E’ un omicidio chiaramente premeditato – spiega la Guerritore – da un essere così nauseabondo da mercanteggiare persino sul prezzo del coltello da caccia con cui avrebbe ucciso la sua amante”. Monica, che non si è mai tolta dalla testa l’idea di scrivere di questa storia – aveva anche chiesto ad Andrea Camilleri di scrivere un cortometraggio insieme, ma non se ne fece nulla – solleva la questione del femminicidio: “Questo libro funge anche da monito per ricordare a tutti che abbiamo un gran bisogno di racconti che diano voce alle donne. Fino a oggi gli scrittori ci hanno tenute prigioniere – ha spiegato a Repubblica la Guerritore -, ci siamo nutrite di favole romantiche nelle quali ci siamo riconosciute fin da quando eravamo piccole. E’ il momento di raccontare storie di donne forti, attente moderne. E Giulia Trigona è stata una donna fortissima”.
Assieme al libro edito da Longanesi, prosegue la carriera teatrale della Guerritore, attrice romana, che a gennaio sarà al Teatro Verga di Catania con “L’anima buona di Sezuan” di Bertolt Brecht.