I 150 incendi appiccati in tutta l’Isola fra venerdì e sabato – opera di “mani criminali” come ha suggerito il sindaco di Monreale Alberto, Arcidiacono – hanno riacceso una polemica vecchia quanto la Sicilia: “Caro piromane, ti piace il fuoco? Vai all’inferno” è stato il commento del governatore Nello Musumeci, che però non viene risparmiato dagli attacchi. Su tutti quelli dei Cinque Stelle, che hanno calcato la mano: “Ne abbiamo abbastanza di aggiornare con intollerabile puntualità la contabilità degli ettari di bosco andati in fumo. Di questo passo ai nostri figli lasceremo un cumulo di cenere. La stalla va chiusa mentre qualche bue è ancora dentro. Musumeci ne prenda atto e corra ai ripari subito”. Il problema è come.

Tutti battono sulla prevenzione, che a quanto pare non è mai abbastanza. I “viali parafuoco”, che in teoria dovrebbero alleviare la portata di un incendio, quest’anno sono stati realizzati a giugno anziché in primavera. “Ed è stato così per la cronica carenza di fondi” denuncia il segretario regionale della Cgil, Alfio Mannino. Nel Palermitano, dove venerdì sera, da quattro differenti punti di innesco, si sono sviluppati 55 incendi simultanei, esiste un problema di organico tra i Forestali, una graduatoria a sé che molti hanno scartato, preferendo restare nella “manutenzione”. In più, ad agosto inoltrato, sono ancora in corso le chiamate del personale. A fronte di un organico di 5.600 persone, come rivelato da Repubblica, ce ne sono in servizio 5mila. E vanno gestiti, soprattutto di notte, quando si risparmia sui turni delle vedette. Qui, dalla prevenzione, si passa al capitolo delle “cure” e dai vertici del Corpo gettano acqua: “Fino a oggi non c’è mai stato un incendio che non sia stato coperto da uomini e autobotti sufficienti” ha detto Filippo Principato, un dirigente.

Il problema, quindi, sta sempre a monte. Ma come si fa a prevenire l’attacco dei piromani? A individuarli in tempo utile? Anni fa, il ministro dell’Interno Angelino Alfano aveva proposto l’acquisto di droni per la prevenzione. Qualche tempo dopo, almeno nelle parole, era stato emulato dal governatore Rosario Crocetta: ma dei robot intelligenti, che pattugliassero le aree a rischio nelle ore calde, capaci di segnalare la situazione di pericolo (trasferendo in tempo reale le immagini alla centrale operativa), non si è più parlato. E qui suonano dure come pietre le parole di Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente: “Assisteremo per l’ennesima volta alle lacrime di coccodrillo, alle tante dichiarazioni per fermare il fuoco che avanza, per prendere impegni affinché non avvenga più. Ci saranno riunioni tecniche, tavoli con la Protezione civile per salvare la Sicilia dalle fiamme. Ma non ne possiamo più. Non si fa nulla per la prevenzione”.

Gli ettari andati in fumo attorno ai centri abitati di Monreale e San Martino delle Scale (fino a lambire le abitazioni e costringere a un’evacuazione di emergenza), nel Palermitano, e a Scopello, nel Trapanese, si aggiungono agli oltre 42mila bruciati nel 2017 e ai 10mila dello scorso anno. La Sicilia brucia più di tutte le altre regioni d’Italia, ma nessuno riesce a metterci una pezza: “Attendiamo l’arresto dei criminali che hanno causato questi roghi, visto che è ormai certo che non si tratti solo di incendi accidentali. Mi piacerebbe guardarli negli occhi e chiedere: perché date fuoco alla vita, perché volete distruggere la bellezza del nostro paesaggio. Poi prevale il senso di giustizia e penso che i piromani che hanno dolosamente appiccato focolai per il solo gusto di distruggere, andrebbero arrestati e buttata la chiave” scrive ancora Musumeci. Ma anche questa è una voce ovattata, che rimbomba lontana. In mezzo al frastuono delle piante inghiottite dal fuoco.