Finalmente il congresso. Il Pd fatica a raccogliere i cocci di quanto avvenuto a dicembre, con la vittoria di Faraone e il ritiro della Piccione (preludio a una battaglia nei tribunali di partito), ma Giuseppe Lupo guarda già oltre. Qualche sera fa, a cena, ha incontrato il nuovo commissario Alberto Losacco, che fa parte della sua stessa area, quella legata a Franceschini: “Abbiamo scambiato quattro chiacchiere – debutta il capogruppo “dem” in Assemblea Regionale –  Al momento, mi sembra orientato ad ascoltare e farsi un’idea precisa di quella che è la situazione del partito in Sicilia. Poi inizierà a preparare la stagione dei congressi: quelli dei circoli territoriali, che dovranno coinvolgere ogni singolo comune, quelli provinciali e infine quello regionale”. Congressi, e non congresso. La precisazione è d’obbligo per non ricadere in tentazione.

Onorevole, un congresso c’è già stato. E non vi ha portato molta fortuna.

“Il Partito Democratico è democratico perché tutte le cariche sono elettive. Nessuno può immaginare di rappresentare “altri” se non è stato votato da questi “altri”. E’ stato questo il problema dell’ultimo congresso regionale, non Faraone. Il congresso, più semplicemente, non si è svolto. Perché nessuno ha votato. E quindi nessuno è stato eletto”.

Perché, stavolta, dovrebbe andare diversamente?

“Il congresso non è una conta interna, ma l’occasione per un confronto di proposte, di progetti che in Sicilia potrà coincidere con la Costituente delle Idee annunciata dal segretario nazionale Zingaretti, e che si svolgerà in autunno. Un congresso deve partire dai territori e dovrà essere, a dodici anni dalla fondazione del Partito Democratico, un momento di ascolto dei nostri amministratori locali, dei sindacati, del mondo del volontariato. E soprattutto mi auguro possa diventare il congresso dei giovani. Spero che in tanti si appassionino alla buona politica e se ne facciano promotori”.

Ma spingere adesso per un nuovo congresso, con tutte le liti in corso, non rischia di pregiudicare una volta per tutte il concetto di unità?

“L’unità non si può costruire a tavolino. Chiunque pensi di costruirla a tavolino, senza la partecipazione di migliaia di elettori e iscritti, sbaglia. La vera unità nasce dal confronto delle idee, anche diverse, che trovano una sintesi democratica, a patto che siano gli iscritti e gli elettori a decidere qual è la vita del partito. Qual è la linea. In mancanza di primarie, nessuno può immaginare di rappresentare nessun altro. Finalmente, con qualche mese di ritardo, arriverà questa fase di straordinaria competizione. Credo sia il momento di mettere fine alle polemiche e, per il senatore Faraone, di revocare la sua autosospensione e riprendere la tessera. Il Pd ha bisogno di tutti”.

Ci perdoni, onorevole. Ma da quando è stato commissariato, Faraone non ha dato grossi segnali d’apertura. Sembra un tentativo disperato coinvolgerlo adesso.

“Anche lui può dare un contributo propositivo alla ricostruzione del partito”.

Dice di essere stato cacciato perché costituiva un argine al dialogo coi Cinque Stelle. Quanto c’è di vero in questa tesi?

“Non c’è nulla di vero. Dando per scontata la sua buona fede, non capisco come Faraone possa pensare una cosa del genere. Non c’è alcuna ipotesi di accordo con i Cinque Stelle”.

Neanche all’Assemblea regionale?

“Sia loro che noi siamo all’opposizione del governo Musumeci. Musumeci ha vinto le elezioni ed è normale che le opposizioni votino contro il governo tutte le volte che non ne condividono le idee. E questo è quello che succede con altri deputati che fanno parte di forze parlamentari diverse, come avviene per gli onorevoli Fava e D’Agostino. Quando il governo avanza le proprie proposte non votiamo contro pregiudizialmente, ma perché le riteniamo sbagliate e inadeguate. Il fatto che le opposizioni votino contro il governo è un fatto scontato. Sarebbe strano il contrario. Non so dove Faraone abbia visto queste intese coi Cinque Stelle. Non ci sono”.

L’ex vice-segretario del Pd, Antonio Rubino, ha chiesto le sue dimissioni. “Se vuole aiutare il partito a ritrovarsi – ha detto – può fare una sola cosa: dimettersi”. Cosa risponde?

“Finché godrò della stima e della fiducia dei componenti del gruppo parlamentare, continuerò a fare il capogruppo. Nel momento in cui dovesse venir meno la fiducia dei colleghi, sarò disponibile – già un attimo prima – a passare la mano e votare anch’io per eleggere il nuovo capogruppo. E’ un ruolo impegnativo, assorbente, certamente gratificante, ma anche molto oneroso. Ma per me è innanzi tutto un servizio”.

Un gruppetto di parlamentari, fra cui l’ex sindaco di Ragusa Nello Dipasquale e l’ex assessore alla Salute Gucciardi, hanno creato un nuovo spazio politico all’interno del Pd siciliano. Dicono di voler andare oltre le correnti.

“Per me ogni contributo che può portare all’unità del partito è positivo. Ho visto che i colleghi si sono definiti simpaticamente “pontieri”. E’ un’espressione che mi piace. Penso che avranno un ruolo positivo, che potranno aiutare tutti a riscoprire la capacità di lavorare insieme, di confrontarsi, se necessario anche aspramente, ma con l’obiettivo di dare più forza al Partito Democratico in un momento drammatico per la vita del Paese e della Sicilia”.

Così, però il gruppo parlamentare del Pd si sgretola in tanti sottogruppi.

“Ritengo sia importante che il gruppo parlamentare abbia una sua collegialità e autonomia rispetto alle correnti. E’ al servizio dei cittadini e di tutti coloro che credono sia necessario costruire un’alternativa al governo Musumeci e all’intero centrodestra. E anche ai gialloverdi. Il Movimento 5 Stelle ha la grave responsabilità di avere consegnato i voti dei siciliani alla Lega di Salvini che li utilizza per il bene del Nord e ai danni del Sud”.

Ci fa un esempio?

“Nelle prossime settimane le zone economiche speciali introdotte dal governo Gentiloni per attrarre investimenti al Sud, diventeranno – e qui le responsabilità sono tutte del governo gialloverde – anche una prerogativa del Nord. Si parla già di una zes Venezia-Marghera. Se si danno al Nord gli stessi incentivi del Sud, è chiaro che le imprese non verranno mai da noi. Questo è un atto gravissimo. La sua diretta conseguenza è rafforzare le aree del Paese già forti e indebolire quelle già deboli. Come la Sicilia”.

Ha visto i dati dello Svimez? La gente scappa dal Mezzogiorno, le città si spopolano. Esiste un rimedio?

“A inizio legislatura abbiamo presentato un disegno di legge per rafforzare le zone interne della Sicilia, che spesso sono anche le più belle. Come? Realizzando zone franche in cui gli imprenditori che investono e assumono, pagano meno tasse e contributi. Può essere un incentivo alla nascita di piccole e medie imprese, in settori come turismo e artigianato, a impatto ambientale zero. Questi imprenditori avrebbero diritto a una fiscalità di compensazione per ogni dipendente assunto. Si può fare anche coi fondi comunitari. Da componente della commissione per la verifica dell’attività dell’Unione Europea, mi sto impegnando affinché una quota consistente di fondi possa essere utilizzata come crediti d’imposta per gli investimenti e l’occupazione. Il disegno di legge è già emendato e se l’avessimo portato in aula a febbraio magari lo Svimez avrebbe una percezione diversa della Sicilia. Lo riproporremo con forza alla ripresa delle attività parlamentari, altro che collegati”.

Nella sua lunga attività da deputato, le sono mai capitate ferie così lunghe?

“Che io ricordi, negli ultimi dieci anni non era mai accaduto. E’ un fatto grave, la conseguenza dell’inconcludenza del governo e degli errori della maggioranza. Nella presunzione di approvare la finanziaria senza esercizio provvisorio, il governo Musumeci ha paralizzato il parlamento per i sei mesi successivi con una serie infinita di ‘collegati’ per nulla adatti a risolvere i problemi della Sicilia. Un escamotage con il quale il governo ha malcelato la propria incapacità nell’affrontare riforme urgenti come quella dei Rifiuti, ma soprattutto per lo sviluppo e il lavoro produttivo, a partire da quella sul Turismo”.

Però ad agosto i capigruppo saranno richiamati dal presidente dell’Assemblea per decidere quali norme vanno inserite nell’unico maxi collegato che tornerà in aula il 10 settembre.

“E’ la corsa del gambero. Il gruppo del Pd non ha mai chiesto di rinviare i lavori a settembre. Anzi, abbiamo più volte incalzato Micciché a fare aula, ove fosse stato necessario, anche 3-4 giorni a settimana. Credo che in questi “collegati” ci sia ben poco da prendere. Converrebbe cestinarli e affrontare ex novo le riforme di settore che servono ai cittadini, ai comuni e alle imprese”.