L’informativa della Dia di Trapani, finita sul tavolo dei magistrati romani e palermitani che indagano sullo scandalo dell’eolico, fa trapelare una volta di più i rapporti fra il malaffare e la politica. E la permeabilità di quest’ultima di fronte alle richieste di Paolo Arata, a lungo consulente all’energia della Lega, e Vito Nicastri, il “signore del vento” che avrebbe anche finanziato la latitanza di Messina Denaro. “Un po’ i politici li conosciamo – ammetteva Nicastri in una intercettazione -. Sono come le banche, li devi usare. E ogni volta che li usi paghi, basta. Non è che c’è l’amico in politica, non c’è l’amicizia in politica”.
E più di una volta il tandem ha provato a farsi largo tra i corridoi romani. Sponsorizzando l’ingresso nel governo di Armando Siri, il consulente economico di Salvini, cui sarebbe stata promessa una tangente di 30 mila euro se fosse riuscito (ma i Cinque Stelle gliel’hanno impedito) a inserire nella Legge di Bilancio un emendamento sul mini-eolico di cui avrebbero beneficiato Arata e Nicastri. “Ieri c’è stato Armando da noi – dice Paolo Arata al figlio, intercettato -. Di Maio vuole andare alle Attività Produttive. Allora Salvini non sa dove mettere Armando poi io gli ho detto che deve fare il vice-ministro con delega all’Energia, e lui l’ha chiesto a Salvini e Salvini ha chiamato anche casa nostra ieri”. La telefonata, però, non risulta agli atti.
Scrivono gli inquirenti che “l’imprenditore Arata grazie all’intervento di Armando Siri chiese e ottenne che nel contratto di governo fra Lega e Cinque Stelle si parlasse di biometano, onde poter utilizzare tale argomento a proprio favore”. Nell’attività di sponsorizzazione condotta da Arata a favore di Siri, viene tirato in ballo anche il cardinale statunitense Raymond Leo Burke, importante esponente della chiesa cattolica, come racconta “La Sicilia”: Arata sperava che il prelato potesse esercitare pressioni su Giorgetti in favore di Siri, ma anche per dare una mano a suo figlio, Federico, e farlo diventare vice-ministro degli Esteri. Arata ha persino tentato di far incontrare Giorgetti con Steve Bannon, ex consulente di Donald Trump. E avrebbe voluto esercitare, tramite gli amici americani di Federico, suo figlio, pressioni su Sergio Mattarella, poco incline ad accettare la “candidatura” di Siri al Ministero delle Attività Produttive.
Anche Silvio Berlusconi è stato coinvolto nella vicenda. L’ex premier avrebbe chiamato Armando Siri il giorno dopo l’incontro fra Paolo Arata e Gianni Letta, avvenuto il 15 maggio 2018. Nello specifico – prosegue l’informativa – Arata dice al figlio di avere sponsorizzato tramite Gianni Letta, Siri a Silvio Berlusconi che lo aveva addirittura chiamato”. Nella intercettazione l’imprenditore afferma: «Pensa un po’ che Armando – dice al figlio – l’ho fatto chiamare io da Berlusconi… cazzo non c’era riuscito…devo dire che Letta è sempre un amico… sono andato lì… gliel’ho detto… dico chiama… chiama Armando…perché Armando…dice…sai se non mi sostiene Berlusconi”.