Se mi amano è grazie a lei, maestro. Recita più o meno così il post di Angelo Russo, per tutti Catarella, quando è ormai passata qualche ora dalla dipartita di Andrea Camilleri. L’agente pasticcione, che nella realtà alleva pappagalli ed è persino più simpatico di quanto non appaia in tv, si è come sentito in obbligo di ringraziare lo scrittore di Porto Empedocle per la fama, e la notorietà, e l’amore che – indirettamente – gli ha regalato: “Con un “semplice” atto della scrittura – ha evidenziato Russo – è stato capace di cucirmi addosso un personaggio al quale sono molto affezionato e grazie a Lei tutti mi amano”. E’ un sentimento diffuso, oggi, quello dell’amore. Fa il paio con la riconoscenza.
A Punta Secca, teatro di quella che nella fiction si chiama Marinella, sorge la casa del commissario. Attorno ci hanno costruito un impero: c’è chi vende i souvenir di Montalbano, chi gli arancini, chi i gelati. Nella piazzetta antistante quella bellissima terrazza che dà sul mare, meta di pellegrinaggio autentico, un mezzobusto in acciaio inox. La struttura rivedibile, la somiglianza abbozzata. Ma è fortissima la carica emotiva. Dalle prime ore del mattino è un via vai di turisti e villeggianti, che depongono qualche fiore, o un disegno. E’ l’amore indotto. Per quella casa, per chi l’ha scelta, per chi l’ha vissuta, per chi – come Camilleri – nei suoi romanzi l’ha solo immaginata. Stilizzata con la fantasia. Applicata alla parola.
La fortuna del Ragusano, negli ultimi vent’anni, discende tutta (o quasi) da lì. Dalla via Mormino Penna di Scicli (divenuto patrimonio dell’Unesco), che ospita il barocco più bello del mondo e, sul set, la rappresentazione cinematografica del commissariato di Vigata. Dal duomo di San Giorgio, a Ragusa Ibla, che si inerpica sul cucuzzolo di una montagna e lascia intravedere una strada, un po’ scoscesa, su cui sfreccia la vecchia Fiat Tipo del commissario, ingrigita dalla polvere e dall’età. Per i vicoli Modica, o le campagne di Sampieri e Donnalucata, in cui si sono concentrate indagini o consumati inseguimenti. Ci si è aggrappati a un romanzo per farne un film. Ci si è aggrappati a un film per generare una fortuna. Non è soltanto una questione di soldi: secondo gli addetti ai lavori, la ricaduta per il territorio è di 15 milioni l’anno. E solo nel 2018 gli arrivi certificati dall’Ufficio turistico provinciale sono oltre 300 mila. Ma oltre al turista, che passa, si sofferma e ammira, c’è anche il valore affettivo delle cose.
L’immagine dall’alto di Punta Secca, nel corso della sigla che introduce a una delle 34 puntate girate in questi anni, è un tuffo al cuore per chi in Sicilia non ci vive più da tempo. Quelle della Fornace Penna, che la politica non s’affretta a restaurare, è il mito di un tempo che non esiste più. La sospensione dell’anima, la saggezza della scoperta, l’amore per la natura. Ecco, la natura. Una Sicilia incantevole che divenne la perfetta location per la tv, per la Palomar che vent’anni fa, era il 1999, inaugurò la saga su Rai 1 con “Il ladro di merendine”. Perché Ragusa? E non Porto Empedocle, la patria di Camilleri? E’ lì che il maestro aveva ambientato i suoi romanzi, ma non potè opporsi quando il grande scenografo Luciano Ricceri (ha lavorato per Fellini ed Ettore Scola) e il location manager, nonché attore di teatro, Pasquale Spadola, gli suggerirono di ambientare la fiction in un luogo diverso, Ragusa appunto.
“Non è che all’inizio fosse felicissimo – ci dice oggi Spadola, impegnato nelle riprese – Fu Luciano, in realtà, ad avere l’idea per primo. Si rese subito conto che non era possibile ambientare la fiction a Porto Empedocle. Non era presentabile sotto il profilo estetico, aveva subito pesanti bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lui conosceva abbastanza il Ragusano, io pure. Così costruimmo una serie di proposte e, a cose fatte, anche il maestro Camilleri si rese conto che era la scelta migliore. Ragusa avrebbe dato qualcosa in più a Montalbano. Non è un caso che anche altri film storici che avevano preso spunto dai romanzi di Camilleri approdarono da queste parti”.
Il volto nuovo di una Sicilia senza scandali. La provincia “babba” a lungo emarginata dal fenomeno mafioso. Ma al tempo stesso povera, incontaminata. Piena di bellezze, nei palazzi nobiliari e nelle campagne assolata. Nei saloni agghindati e sui lungomari senza basole. A fine anni ’90 tutti si innamorarono di Montalbano e tutti conobbero il Ragusano. Che oggi è la terza destinazione più richiesta d’Italia, a sentire Giovanni Occhipinti, imprenditore turistico e presidente del distretto turistico degli Iblei: “Quella in cui si indirizzano i tour operator più importanti – sottolinea Occhipinti – Prima ci sono Gallipoli e il Salento, poi viene il sud della Sardegna. Ma al terzo posto c’è Ragusa. Sono le tre destinazioni che negli ultimi anni stanno volando. Peccato – è il rammarico – che lo stesso sviluppo non abbia toccato le vie di collegamento con Catania, che rimane distante un’ora e mezzo di macchina, e l’aeroporto di Comiso. Avessimo avuto le tre cose insieme – il primo è l’effetto Montalbano – oggi avremmo una dimensione turistica ancora superiore”. “Ce ne sarebbe anche una quarta – sussurra al telefono Occhipinti – Fino a ora nessun sindacosi è impegnato a cambiare la destinazione d’uso delle località con maggiore appeal, ad esempio quelle sul mare. Non c’è un posto dove fare alberghi”.
Riflessioni a voce alta, che non rischiano di far naufragare la bellezza sull’altare del dio denaro. Ma è umanamente concepibile che ad amare Montalbano e i suoi luoghi, oltre a residenti e avventori, siano pure gli operatori commerciali. Basti dare un’occhiata alla riproduzione di stelle Michelin o all’apertura di nuovi ristoranti. O, all’incremento pauroso dei Bed&Breakfast, una ricettività extra-alberghiera che negli ultimi cinque anni ha fatto registrare un +100,4%: “Senza Montalbano saremmo una provinciola dimenticata da Dio – accenna ancora Occhipinti – Vent’anni fa c’erano appena tre strutture ricettive, fra cui il Club Med. Poi è nato il fenomeno dei B&B che oggi appare inarrestabile. Questa è una provincia cercata, cliccata e adorata da tutti. Chi ci mette piede torna, il passaparola è positivo. Fino al ’99 erano luoghi dimenticati, isolati da un punto di vista infrastrutturale, fuori dagli itinerari turistici. Chissà dove saremmo senza il maestro Camilleri”.
Pasquale Spadola lo ha conosciuto bene. Ci ha recitato insieme in una pellicola ambientata al museo di Kamarina, diretta dal genero del maestro, Rocco Mortelliti. Si chiamava “La strategia della maschera”, non ebbe un gran successo. Ma i due si ritrovarono fianco a fianco: “Io ero il suo medico curante, lui un grande archeologo. Per me questa è una perdita molto dolorosa anche a livello personale. Il nostro legame è precedente al commissario Montalbano”. Il dolore accomuna tutti. La troupe della Palomar, ad esempio, era a Scicli per completare le riprese – che vanno avanti da un paio di mesi – per tre nuovi episodi da mandare in onda nella prossima primavera. Luca Zingaretti, che sostituiva alla regia Alberto Sironi, non ce l’ha fatta e ha scelto di fermarsi. Poi ha dedicato un post da brividi al suo autore preferito che gli è stato anche amico. A Santa Croce Camerina, comune che ospita la frazione di Punta Secca e quella casa magica, hanno deciso di dedicare a Camilleri la piazzetta antistante: l’iter verrà avviato al primo Consiglio comunale utile. I sindaci di Modica e Ragusa l’hanno ringraziato per cotanta generosità.
Sono i momenti migliori per riflettere. Su ciò che eravamo e su quello che siamo diventati. Su ciò che siamo e su quello che diventeremo. Senza di lui. Il commissario Montalbano, che qualche tempo fa ha perso un’altra delle sue icone – in quel caso era l’attore Marcello Perracchio, noto a tutti come il dottor Pasquano – capisce che è il ciclo della vita. Che l’epopea del romanzo a volte subisce una battuta d’arresto. Che il tuo creatore è quanto di più caro ti abbia donato il fato. Non resterà che arrampicarsi ancora sulle stradine di Ibla, entrare in gran surplace nei palazzi della borghesia, affacciarsi dalla terrazza di Marinella, e sussurrare, quasi per scherzo: “Montalbano sono”. A quel punto ci si sentirà tutti quanti Andrea Camilleri. Il grande scrittore capace di donare a questa terra, coi suoi racconti, buona parte delle sue fortune. Per questo l’adorano. Per questo l’adoriamo tutti. A volte basta una scintilla.