Allora presidente, oggi che si fa?
In quasi due anni di legislatura Nello Musumeci ha spesso cambiato idea. Pochi giorni fa, dopo la costituzione di un nuovo gruppo all’Ars, Davide Faraone gliele ha cantate: “Musumeci è un bugiardo seriale – ha detto il segretario del Pd – Aveva detto che non si sarebbe più ricandidato, ma è già in campo per ricandidarsi; che non avrebbe fatto campagna acquisti all’Ars, ma da ieri ha aperto il mercato delle vacche e costituito un gruppo con transfughi provenienti da vari partiti. Aveva detto mai la Lega Nord, prima la Sicilia, ma è diventato scendiletto di Salvini”.
E in effetti, facendo un viaggio a ritroso in questo anno e mezzo di legislatura, il detto e il contraddetto è impressionante. Sul piano politico, a sancire una rottura con la questione meridionale (sempre aperta), è stata la visita a Pontida. Un messaggio confusionario inviato a tutti quei siciliani che annualmente, alla festa della Lega, risultavano il bersaglio degli sberleffi più cafoni. Musumeci è andato lì, in trasferta, fra qualche mugugno e qualche applauso, a spiegare che il Nord senza il Sud non va da nessuna parte. E, fattivamente, per offrire a Salvini una scialuppa di salvataggio in un Mezzogiorno così distante e dimenticato. Gli accordi con la Lega, d’altronde, sono storia di questi giorni.
Peccato che il presidente, in più occasioni, aveva detto “Sicilia, innanzitutto”. Lo scorso 15 dicembre a Enna, durante un convegno autonomista alla Kore, aveva lanciato l’idea di un partito meridionalista che potesse ambire al 40%. Qualche tempo prima a Cefalù, aveva illuso Saverio Romano che costruire un partito dei moderati, orientato verso il centro, sarebbe stata la soluzione da praticare. Qualche giorno fa, al Massimo, ci ha tolto ogni dubbio: sarà lui, il presidente della Regione, il “tarocco” palermitano della Lega.
Signor presidente, e col rimpasto come la mettiamo?
Oggi sì, domani no, poi chissà. Ecco, la questione del rimpasto è l’emblema della confusione, delle parole pronunciate a mezza lingua, dell’indecisione che sconfina in furbizia. Dopo le Europee aveva annunciato “un ritocco al motore entro l’estate”. Poi, dato che l’estate è lunga e torrida, meglio posticipare. Si parte con un rimpastino. Poi, sparisce anche quello. Non è fondamentale, “non è in cima ai miei pensieri”. Meglio pensare a ciò che serve: la copertura di due assessorati fondamentali di cui lui si è sobbarcato l’interim. Ma anche stavolta, niente: tutto rinviato. Turismo e Beni Culturali “vacanti”. Che sarà mai.
E Genovese? Il figlio di Francantonio, che lui – siamo a ottobre 2017 – da padre non avrebbe mai candidato per motivi di opportunità, nonostante fosse persona specchiata e senza nemmeno un avviso di garanzia, adesso torna buono. Per fare addirittura il capogruppo di “Ora Sicilia”, che nasce sotto questa insegna ma vorrebbe – in un futuro non troppo lontano – diventare la terza gamba del centrodestra (il mercato delle vacche? La campagna acquisti all’Ars?). Unendosi a Diventerà Bellissima e offrendo un assist a quel mago di Salvini. Che silentemente incassa. Ma come, non era inopportuno candidare Luigino? “Io non lo avrei fatto, ma il coordinatore del suo partito sì, è sua la responsabilità” disse Musumeci all’epoca, lanciando una stilettata a Miccichè. Da Forza Italia e Forza Lega è un attimo. Tac!
C’è dell’altro, però. Raffaele Stancanelli è stato uno dei collaboratori più fidati di Nello Musumeci. Fino alla vigilia delle ultime Europee. Quando il presidente della Regione s’è intestardito a rimanere neutrale e ha promesso un editto per tutti coloro che si fossero impegnati. Un politico che non fa politica? Mai visto. Meglio stare alla finestra e prendersi ciò che viene. L’elezione di Stancanelli – che fregatura – e i nuovi equilibri usciti dalle urne, suggeriscono così a Musumeci di trasformarsi da guardia svizzera, ed equidistante, a leader di partito. Quello nuovo, sfumato di leghismo; la terza gamba in fieri di un centrodestra frastagliato; di chiara impronta meridionalista, ma alleato della Lega. In questo modo potrà ricandidarsi a presidente della Regione, nonostante a più riprese abbia detto che questa è la sua ultima fermata e che no, “non mi ricandido perché sono fuori moda”. Fuori moda come l’Esa, l’Ente di sviluppo agricolo. A proposito presidente, esiste ancora?