Assieme ad Annamaria Palma, Carmelo Petralia, attuale procuratore aggiunto di Catania, è finito nel registro degli indagati della Procura di Messina con l’accusa di calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa Nostra. Il riferimento è al depistaggio di via D’Amelio, emerso dalle dichiarazioni del falso pentito Scarantino e per il quale, a Caltanissetta, sono già alla sbarra tre funzionari di polizia. Ma i sospetti, da qualche giorno, sono ricaduti anche sui due magistrati che avevano lavorato nel pool delle stragi. Petralia si difende dalle colonne del quotidiano “La Sicilia”: “Non ho niente da osservare sull’indagine che mi riguarda. Ogni procura ha l’obbligo di attivare un percorso investigativo quando – in un qualunque modo – le perviene una notizia di reato. Quello che invece mi ha sconvolto e amaramente colpito, sul piano umano, familiare e mi fermo qui, è stata la gestione mediatica della notizia. Se c’è una cosa sacra nella fisiologia nel nostro codice di procedura penale è la segretezza delle iscrizioni sul registro previsto dall’articolo 335. Ammesso pure che vi fosse l’assoluta necessità di effettuare un accertamento tecnico irripetibile, che impone la comunicazione anche alle parti offese, si sarebbero dovute adottare cautele idonee a scongiurare la “macelleria mediatica” a buon mercato di cui, in concreto solo io e la collega Palma siamo rimasti vittime”.
A buon mercato, spiega Petralia, perché “della “gestione” della collaborazione di Scarantino si occupava un pool di magistrati molto più ampio. Il dato conosciuto e amplificato dai media manca di molti nominativi e mi chiedo ancora perché”. Petralia non d’accordo a passare per depistatore: “Senza entrare nel merito delle indagini in corso a Messina, contesto l’uso, semanticamente inappropriato, di questo termine. Depistaggio significa che, in presenza di una pista che io conosco, ne seguo consapevolmente un’altra. Così non è stato. Ad ogni verità si arriva faticosamente e per gradi. Già nel 1996-98, con l’ampliarsi del patrimonio conoscitivo dovuto a molte nuove collaborazioni, la ricerca dei cosiddetti “mandanti esterni” mi aveva portato all’iscrizione di Bruno Contrada e poi, ancora, a proporre l’iscrizione di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi per concorso in strage. L’esito di queste indagini, alle quali comunque non partecipai essendo rientrato alla Procura Nazionale, è noto. Ma se sono un depistatore…”.