Che Giorgio Mulè, attuale portavoce dei gruppi parlamentari di Forza Italia ed ex direttore di Panorama, abbia preso malissimo la convocazione del presidente della commissione Antimafia Claudio Fava per le audizioni sul “sistema Montante”, era sin troppo chiaro dalla lettera scritta di suo pugno, in cui vengono riversate rabbia e indignazione.
A stupire Mulè è il metodo utilizzato da Fava, il peso (scarso) dato alle parole, l’utilizzo (mancato) di un condizionale che forse avrebbe modificato un tantino il senso del messaggio. Il deputato azzurro ha appreso la notizia da un’agenzia, poi ha ascoltato – quasi interdetto – 38 minuti di conferenza stampa, da cui ha tratto conclusioni precise: “Disprezzo il modo in cui Fava ha presentato il contesto delle audizioni, le maniere utilizzate, le conclusioni annunciate. Non tengono conto di quanto accaduto, ma di un rapporto di polizia giudiziaria che non ho mai visto. E’ un modo di fare che mi ricorda tanto il Sant’Uffizio”.
E’ una critica alla forma…
“Parliamo di una scorrettezza inaudita, soprattutto per il modo in cui è stata rappresentata la faccenda. Cioè suddividendo i giornalisti fra “buoni” e “cattivi”, facendo capire come questi ultimi – di cui evidentemente faccio parte – abbiamo conseguito utilità, neutralità, favori nell’ambito di quello che viene definito “sistema Montante”. Non ha avuto nemmeno l’accortezza di usare una forma dubitativa, un condizionale. Fava, come chiunque altro, non può permettersi neanche lontanamente – per la mia storia e per il mio percorso – di muovere una piuma per farmi il solletico. Con la mia reputazione non si gioca”.
E’ turbato anche dalla sostanza di queste audizioni?
“Ripeto, la sostanza non la conosco. Reputo che quando si organizzano delle audizioni, gli auditi debbano conoscere le accuse o le circostanze per cui fornire chiarimenti. Penso, inoltre, che l’attività delle audizioni si sovrapponga pericolosamente a quella della magistratura. Fava non ha citato per esempio alcuni giornalisti i cui nomi compaiono già nei rapporti e nel provvedimento di custodia cautelare. E per rimanere in tema, dalla Procura di Caltanissetta non mi ha chiamato mai nessuno. E’ evidente che non c’è alcun rilievo penale. Né disciplinare, altrimenti avrebbero inviato gli atti al Consiglio dell’Ordine della Lombardia. Cosa che non è mai avvenuta”.
Si è confrontato con il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché?
“Non l’ho fatto, perché si tratta di una questione personale e voglio tenere ben separati i due piani. Se lui, o chiunque altro, avrà voglia d’intervenire, io sono a completa disposizione. Perché questa barbarie va fermata sul nascere”.
Oltre a pretenderle, si aspetta delle scuse da Fava?
“Mi aspetto che da giornalista, e persona perbene qual è, riconosca di essere andato oltre. Di aver fatto un discorso che non solo pecca di garantismo, ma appartiene alla stagione oscurantista della lotta politica e della magistratura. Mi aspetto delle scuse senza se e senza ma”.