Alle prossime Europee arriva la carica delle quote rose. Mentre in Sicilia cancellano, con un emendamento soppressivo del Movimento 5 Stelle, l’alternanza di genere nelle amministrazioni comunali, in Europa le donne contano. Eccome se contano. Soprattutto al momento della presentazione delle liste: ogni partito ne deve avere il 50%. E sulla scheda esiste la preferenza di genere: se si indica più di un nome (fino a un massimo di tre), almeno uno deve essere donna. Affiliarsi a una buona “compagna” è una conditio sine qua non per tutti i candidati maschietti che aspirano a Strasburgo. Così come le donne, sull’altro fronte, potrebbero sfruttare il traino di alcuni big, come un Berlusconi o un Salvini qualunque (entrambi capilista) per ottenere l’accesso in Parlamento. Fermo restando che la Circoscrizione Isole ha soltanto otto posti a disposizione (qui i generi non c’entrano, viene eletto chi ha più voti).
L’unico partito a rivendicare, nell’Isola, una presenza massiccia di donne – non da riempitivo, ma di sostanza – è il Partito Democratico. Lo ha detto il segretario regionale Davide Faraone: “Mentre gli altri si affannano nella ricerca di candidate, e solo perché c’è un obbligo di legge che lo prevede, da noi sono la maggioranza. Abbiamo fatto una scelta naturale e coerente con la nostra linea di pensiero”. E proprio nel Pd, oltre a Mila Spicola, che ha già rivestito incarichi di partito, si ricandidano due uscenti: la capolista è l’ex magistrato Caterina Chinnici; un’altra presenza forte, che ha riunito attorno a sé il consenso di tutta l’area zingarettiana, è l’ex giornalista de “La Sicilia” Michela Giuffrida. Provengono da settori diversi, ma al termine del primo mandato possono ritenersi entrambe politiche di professione.
Quello che non è, ad esempio, Virginia Puzzolo. Altra candidata nella lista “dem”, che a Bruxelles vive già con la famiglia (il marito è tedesco). La Puzzolo conosce le logiche dell’Unione, dato che è una funzionaria della Commissione e dirige un team che si occupa di ricerca aerospaziale. Non ha mai fatto attività politica fino a ora, anche se nel corso di una trasmissione televisiva s’è lasciata scappare una gaffe che qualcuno non le perdona: “La mia scelta di essere a Bruxelles è una scelta familiare” ha rivendicato la Puzzolo ad alta voce. Solo quello? E dov’è finito quell’amore smodato per la comunità siciliana da parte di una candidata che ammette di essere scappata da Catania come “molti giovani in cerca di lavoro”? Riunirsi alle sue bimbe non può essere l’unico motivo per mettere piede in Parlamento. “Io sono un candidato che non ha mai fatto politica, che non viene dai partiti, che non viene dalle istituzioni. E che non ha bisogno di andare in Parlamento, perché io sono già in Europa” ha risposto lei. Il motivo della sua candidatura andrebbe chiesto a Carlo Calenda: la Puzzolo, infatti, è in quota “Siamo Europei”, il movimento dell’ex Ministro allo Sviluppo che corre a fianco del Pd.
Una sorta di paracadutata. Non è l’unica. Anzi, le paracadutate d’eccellenza – a parte la Puzzolo – sono due. Una gioca col Movimento 5 Stelle, che al primo turno delle europarlamentarie aveva meno del 20% di candidate al femminile. L’altra con la Lega. Una si chiama Alessandra Todde. L’altra è Francesca Donato. Partiamo dalla meno famosa. Almeno, restando alla politica. La sarda Todde, 49 anni, fino all’altro ieri era amministratore delegato di Olidata (s’è dimessa quando è stata ufficializzata la sua candidatura), s’è sempre occupata di informatica e non ha mai concorso alla scrittura di una legge. Nessuno, fra parentesi, gliene fa una colpa. A tirarla fuori dal cilindro ha provveduto Luigi Di Maio, che non potendo pescare fra candidate siciliane, l’ha designata capolista dell’intera circoscrizione. Facendo storcere il naso alla base sicula, oltre che ai deputati regionali del Movimento, che avevano sostenuto Ignazio Corrao durante la votazione su Rousseau. Tanto che la ratifica della Todde, già selezionata nella classifica delle 50 donne italiane più influenti nel mondo della tecnologia, sulla piattaforma online è passata per una manciata di voti (circa quattrocento).
Anche la Lega ha consegnato le chiavi della campagna elettorale a una che con la politica c’azzecca poco. In realtà Francesca Donato, professione avvocato, una candidatura l’aveva già sostenuta cinque anni fa, in due differenti circoscrizioni, sempre per il Parlamento europeo. Andò male. Adesso ci riprova, dopo aver arricchito il curriculum di una serie impressionante di apparizioni televisive (la nuova frontiera del Carroccio, che fra gli uomini candida l’opinionista “economico” Antonio Maria Rinaldi) e di un progetto ribattezzato “Eurexit”. Sul modello di Brexit. Che, nella sua natura originaria, spinge per l’uscita dell’Italia dall’Euro, ma anche per “rilanciare l’economia e ripristinare la democrazia”. La Donato, nell’ultima settimana, s’è fatta apprezzare dagli internauti, che le hanno dedicato degli hashtag a tema, anche per l’uscita sulla Flat tax, che andrebbe copiata dai Paesi in cui funziona. “Quali Paesi?” ha chiesto Calenda, presente con lei al dibattito. “L’Albania” ha risposto lei. Il web non gliel’ha personata. Ma alla mamma di Eurexit, in passato, erano venuti altri grilli per la testa. Tutti – nettamente – antieuropeisti: dal tifo sfrenato per Farage, assertore di Brexit, a questa voglia d’abbandonare l’Europa. Ma visto che nessuno glielo garantisce, meglio occupare i palazzi e provarci da sola.
Sempre la Lega presenta nella sua squadra un’imprenditrice di Mazara del Vallo, che strizza l’occhio al Carroccio: si tratta di Maria Concetta Hopps, dettà Maricò. Un’imprenditrice di 45 anni. Che alle ultime Comunali, in una lista collegata al candidato sindaco Giorgio Randazzo (Libera impresa) ha messo insieme 286 preferenze. Ne servirà qualcuna in più – puro eufemismo – per tentare la scalata all’UE. Avrà meno chance di lei Maria Saeli, presidente de “I Coraggiosi”, il movimento di Fabrizio Ferrandelli che partecipa alla competizione nel nuovo contenitore politico di +Europa.
Poi, fra le donne di destra, volti più o meno noti. Nessun paracadute. Qualche scelta dell’ultimo minuto. Come quella di Gabriella Giammanco, che Forza Italia ha preferito a Urania Papatheu, togliendo a Catania l’ennesimo riferimento elettorale. La Giammanco ha 41 anni, ma dal 2008 è dentro i palazzi che contano. E’ stata deputata per un decennio, da poco è diventata senatrice. Cominciò nelle tv private di Palermo, poi il passaggio a Rete 4 e alla politica. Tra le forziste spicca un giovane medico e figlia d’arte: si tratta di Giorgia Iacolino, figlia dell’ex eurodeputato forzista Salvatore, consigliere comunale ad Agrigento. E la messinese Dafne Musolino, che s’è creata un ottimo asse grazie alla collaborazione del suo sindaco, Cateno De Luca, e di un intero partito (l’Udc). Musolino, che in molti voteranno in tandem con Berlusconi e con Romano, al momento è il super assessore del Comune di Messina: detiene le deleghe alle Attività Produttive, al Lavoro e all’Ambiente.
In Fratelli d’Italia, oltre alla capolista Giorgia Meloni, c’è una riconoscibile presenza femminile. Carolina Varchi, classe ’83, di Palermo, ha da poco fatto il suo debutto alla Camera dei Deputati. E’ stata presidente provinciale di Azione Universitaria e si è dimessa dal Pdl per seguire Meloni e Crosetto nella nuova formazione politica. Anche Fernanda Maria Gervasi ha mollato la direzione del gruppo Giovani di Forza Italia per transitare in FdI circa un anno fa. Esperienza politica – le foto con Meloni non contano – pochina: è stata consigliera di circoscrizione a Messina, dove gioca un derby molto delicato, quasi impossibile, con la Musolino. La linea di confine, molto sottile, fra essere candidate e aspirare a un seggio.