«Ho un sassolino nella scarpa, ahi…» cantava swingando Natalino Otto. Di sassolini nella scarpa Roberto Alajmo ne ha sicuramente più di uno, non proprio una pietraia ma un certo numero da dargli fastidio sì. Specie dopo il “Biondo affaire”. Potrebbe togliersi la scarpa e cacciarli fuori, direte, niente di più semplice. Ma Alajmo è uomo di stile. Sarebbe difficile coglierlo pubblicamente in atteggiamento siffatto. L’impressione è che un sassolino in particolare sia rimasto incastrato nella soletta, la parte più delicata della calzatura perché, come si sa, essendo essa posta tra suola e tomaia, vi si poggia direttamente la pianta del piede. Quel sassolino è più volte citato, talora sotto forma di metafora, talaltra con il suo nome, in un equilibrio delicato di venature ironiche subito ricoperte da velature antropolitiche, non solo nei recenti post del giornalista-scrittore palermitano ma soprattutto nell’introduzione della nuova edizione di Palermo è una cipolla, titolo Palermo è una cipolla remix (Laterza, collana Contromano).
Il sassolino è il sindaco Orlando che di Alajmo, al Biondo, è stato prima sostenitore, poi detrattore, e ancora salvatore ed infine defenestratore. Identificabile, il primo cittadino, in quella stessa bocca che bacia e poi morde, in quella sorta di Kronos che mangia i figli che egli stesso ha generato, poi con precisione identificato in quel «sindaco naturale, sindaco inevitabile, sindaco quasi ininterrotto» che da un trentennio Orlando è. «Col tempo, Orlando si è trasformato in una creatura mitologica, metà uomo e metà sindaco. Sinnacollànno lo chiamano sia quelli che lo amano sia quelli che lo detestano. Sinnacollànno: termine composito, formato da due parole che vengono ormai considerate sinonimi, al punto di sovrapporsi: Sindaco e Orlando». Così come in un recente post sul suo blog Penultim’ora poi correlato su facebook – con titolo emblematico – alla notizia del sovraffollamento di cadaveri nel deposito del cittadino cimitero dei Rotoli: Vergognarsi per conto terzi. Non aspettatevi l’Alaimo revenge, anzi l’ex direttore dello Stabile dà a Cesare quel che è di Cesare, gli riconosce un qualche merito, ma sembra intravedere come sua stessa colpa la cronicizzazione di quell’atteggiamento dello spirito che a Palermo è diventato il manicheo, stucchevole, immobilista «o con Cesare o contro Cesare». Alajmo è invece per i chiaroscuri, per i mezzitoni, per una lettura della realtà ispirata non tanto a un ipocrita buon senso quando al senso stesso della realtà e dunque, occhio al computer: qualche sassolino, dalla scarpa, potrebbe ancora rotolare all’angolo del nostro schermo.