Torna puntualmente di moda, come una tassa da pagare. La questione vitalizi, complice la scadenza di aprile, è ricomparsa sul tavolo di palazzo d’Orleans. Già: entro aprile la Regione dovrebbe “recepire” la norma contenuta nella legge di Bilancio dello Stato, quella che impone un taglio dei vitalizi degli ex parlamentari per non incorrere nella scure di Roma. Che si traduce con una sostanziosa riduzione dei trasferimenti per chi non si adegua (ballerebbero circa 70 milioni di euro). Musumeci, per non risultare impopolare ma anche per non dover rinunciare a prescindere a trasferimenti che fanno più che comodo (ma anche per non aprire un nuovo contenzioso con lo Stato, dopo la difficile partita della Finanziaria e delle ex province) non ha impugnato la Legge e, anzi, ha provato a differire la questione all’Ars. Dove di vitalizi si parla ormai da inizio legislatura.
I Cinque Stelle hanno da tempo proposto una soluzione per decurtare gli assegni agli ex parlamentari e le pensioni di reversibilità ai parenti in vita dei deputati che non ci sono più. Ma questo balletto di responsabilità, dal governo all’Ars, ha fatto sbottare Micciché. Non è tutto. Si vocifera che un mancato impegno da parte dell’Ars, con la conseguente chiusura dei rubinetti statali, potrebbe costare caro proprio all’Assemblea regionale, cui la Regione potrebbe a sua volta tagliare quella parte dei trasferimenti utile a sostenersi ogni anno. Una quota non trascurabile di quei 137 milioni – declamati in questi giorni dai grillini – che renderebbero la casa della politica siciliana più costosa persino della Casa Bianca. Alla fine questi vitalizi vanno tagliati: ma nessuno, al momento, vorrebbe farsene carico.