Fino a poco tempo fa la persecuzione telefonica, della quale purtroppo tutti gli italiani sono vittime, si avvaleva della voce, umile e disperata, di donne che con gentilezza si guadagnavano il pane. Sottopagate, maltrattate e sempre tenute sull’orlo di un precariato costante e impietoso, le affabili soldatesse della persecuzione ti flagellavano sì, ma con una sorta di pudore. E tu, povero abbonato della linea fissa, difficilmente le mandavi a quel paese: sopportavi con educazione e rassegnazione tutti gli inviti a nuovi abbonamenti, a nuovi e miracolosi investimenti finanziari o a convenienti cambi di gestori. Insomma, anche se infastidito, stavi al gioco; perché sapevi di quale crudeltà erano vittime le soldatesse dei call center.
Oggi la musica è cambiata. E i persecutori invadono la tua privacy con il solito inopportuno squillo del telefono. Tu ti sottoponi alla fatica di alzarti, di interrompere un lavoro – una lettura, una conversazione – e vai a rispondere. Ma quando alzi la cornetta non c’è dall’altro capo una voce. Non c’è né una donna né un uomo. C’è un disco registrato. Persecuzione meccanica, persecuzione maleducata, persecuzione estrema. Ieri ho annotato il numero dal quale la persecuzione proveniva: 0918487028. Un numero di sicuro riconducibile a un figlio di puttana. A un persecutore seriale. Ci sarà pure in questo paese sfilacciato un prefetto, una procura della Repubblica, un garante della privacy in grado di imporre a questi figli di puttana un rispetto del quieto vivere della gente.