Si nota di più se mi dimetto e rimango al mio posto o se non mi dimetto per niente? La politica siciliana, si sa, è fatta di contraddizioni e ripensamenti, così tre uomini della Palermo di Orlando in questi ultimi mesi, ma anche anni, hanno fatto come i gamberi e davanti al pericolo sono balzati all’indietro.

E nel mare nostrum sono finiti Roberto Alajmo, Fabio Giambrone e Fabrizio Micari.

Ognuno è tornato indietro a modo suo. C’è per esempio chi ha presentato le dimissioni e le ha poi ritirate come il direttore del teatro Biondo, c’è invece chi dopo le dimissioni (effettive) è stato rinominato al vertice dell’Ente aeroporto di Palermo e addirittura c’è chi le avrebbe dovute presentare (e non solo) per ragioni di opportunità e non l’ha fatto come l’attuale Rettore dell’Università di Palermo.

Insomma, a Palermo sembrava che qualcosa cambiasse e invece è rimasto tutto come era e con ognuno al suo posto, con l’incarico e la fiducia di sempre alla corte di Orlando.

Così Fabio Giambrone – che del cerchio magico di Leoluca Orlando è la massima espressione – dopo la sonora sconfitta alle ultime politiche del 4 marzo è tornato di nuovo alla guida della GES.A.P, società di gestione dello scalo aeroportuale palermitano.

Orlando, che quasi ad ogni giro elettorale cambia partito, a gennaio nel corso di una conferenza stampa annuncia che alle politiche avrebbe appoggiato il Partito Democratico. Ovviamente c’era un patto, ovvero la candidatura di un suo uomo: il povero Giambrone che si è fermato nel suo collegio proporzionale a poco più del 12 per cento delle preferenze.

Un risultato che parla chiaro e che dimostra come non ci sia stato l’effetto Orlando a Palermo per il Pd (e per Giambrone) ma solo un altro brutto colpo da incassare.

Ricordiamo che Giambrone da candidato si era, infatti, subito dimesso dall’incarico di presidente e che il suo vice, Giuseppe Todaro, è stato reggente per qualche giorno fino a quando il Cda dell’aeroporto già a marzo, non ha nominato nuovamente Giambrone a capo della società.

Però forse non tutti sanno che Giambrone è anche dipendente comunale part-time incardinato come capo di gabinetto dell’ufficio relazioni istituzionali sviluppo e risorse umane, e sicuramente per questo ha a disposizione un ufficio di fronte la stanza del Sindaco a Palazzo delle Aquile (oltre a quello alla Galleria d’Arte Moderna) dal quale “assiste e supporta il Sindaco nelle relazioni istituzionali esterne all’Ente”.

Insomma, Giambrone al Palazzo di città è di casa e chissà se dopo giugno (quando scade il Cda dell’ente aeroporto e dopo l’approvazione del bilancio consolidato e del rendiconto) il fedelissimo di Orlando non diventa assessore, magari in quota PD, come sostengono i più maliziosi.

Risalgono invece all’estate del 2016 le dimissioni di Roberto Alajmo a seguito di tagli alle consulenze e all’attività teatrale, in parte a carico dell’amministrazione comunale. Le dimissioni del direttore del teatro Biondo vengono respinte da tutto il Cda e dall’Assemblea dei soci. Alajmo insiste nel volere lasciare la poltrona per motivi personali ma nel frattempo sono passati quasi due anni e Alajmo è ancora là.

Di recente invece le dimissioni ad Alajmo sono state chieste perché neanche questa volta il Biondo è riuscito a conquistare lo status di Teatro nazionale, il club dei teatri di alta qualità. Infatti, la commissione del ministero della Cultura ha bocciato il progetto palermitano.

Furente la reazione di Alajmo che la prima volta, 3 anni fa da poco insediatosi, aveva preso bene la bocciatura mentre a questo giro spalleggiato anche dal Presidente Gianni Puglisi, un altro highlander della politica palermitana, ha deciso di contestare la scelta del Ministero.

Promosso o bocciato dal Ministero poco importa: la gestione Alajmo a Palermo non piace a tanti.

C’è invece chi di dimissioni ha parlato ma solo in caso di una vittoria, che non è arrivata. È il caso di Fabrizio Micari candidato del Pd alla Presidenza della Regione alle scorse elezioni di novembre e attuale rettore dell’Ateneo palermitano.

Micari non si è mai dimesso, nonostante il pressing di un gruppo di docenti e di alcune componenti studentesche. Le dimissioni sarebbero dovute arrivare il giorno prima dell’ufficializzazione della candidatura più per una questione di forma che non tecnica. Invece, il candidato di Orlando a Palazzo d’Orleans, ha deciso di usufruire del congedo, prima ordinario e poi straordinario.

Qualcuno un po’ troppo in buonafede era certo che il Rettore avrebbe rimesso il mandato dopo il voto ma così non è stato. E all’Università di Palermo tutto tace mentre Micari continua ad essere il Rettore dell’ateneo palermitano.