Missing. Scomparsi. O quasi. Mentre la Terza repubblica fa sentire i primi vagiti, si registra la sparizione dai radar di pezzi da novanta della sicula politica che spadroneggiavano sulla scena fino a un pugno di mesi fa. O magari di settimane. Prendete Piero Grasso, aspirante premier travolto alle Politiche dalla rovinosa performance elettorale di LeU. L’ex presidente del Senato è rimasto ai margini della scena dopo il 4 marzo e ieri è stato un tuffo al cuore – dopo 80 giorni di invisibilità – vederlo riapparire, puntuale come sempre per commemorare l’amico Giovanni Falcone nell’anniversario della strage di Capaci.

Per un ex potente siciliano che riappare, seppur fugacemente, un altro che esce di scena e stavolta sul serio. Angelino Alfano, l’eterno ministro, l’uomo dalla più longeva seduta su una poltrona dell’esecutivo nella storia della Repubblica, fa gli scatoloni e se ne va, con l’avvento a Palazzo Chigi del professor Conte. Si chiude un’era, lunghissima, costellata da incarichi prestigiosi ma anche da scandali piccoli e grandi, una stagione che negli ultimi anni ha visto il partitino centrista dell’ex delfino di Berlusconi racimolare più poltrone che voti, fino al suo annuncio di lasciare la politica. Le baruffe padano-grilline hanno allungato il brodo per un pezzo, lasciandogli un supplemento di permanenza alla Farnesina, che adesso si esaurisce. Per Angelino comincia una nuova vita lontano dai riflettori alla ricerca del quid perduto. Di lui nei giorni scorsi si sono ricordate le cronache perché il suo nome ricorreva spesso tra appuntamenti e incontri negli appunti meticolosamente conservati da Antonello Montante, sia chiaro senza alcun aspetto di rilievo penale. Ha lasciato la politica Angelino, proprio come Gianpiero D’Alia, l’altro ex big di quel centrismo siculo che ha gettato la spugna dopo una lunga stagione da protagonista nei siculi Palazzi. Il politico messinese che fu anche ministro ha lasciato la scena come l’amico e compagno di viaggio Giovanni Ardizzone, ex presidente dell’Ars, non eletto allo scorso giro e tornato a dedicarsi alla professione.

Sono lontani quei momenti quando un centrista provocava turbamenti. Oggi, nel tripudio dell’Italia populista, gli equilibrisimi democristiani non vanno troppo di moda. Anche se, un po’ come le svoltine dei jeans o le camicie a scacchettoni prima o poi torneranno, come sempre, in voga. Più difficile che torni à la page la politica antimafiosa dei gemelli Rosario Crocetta e Beppe Lumia, altri scomparsi deluxe. Per l’ex governatore è arrivata la nuova tegola giudiziaria, il coinvolgimento nell’indagine su Montante, con accuse gravi che lui ha respinto a suo modo (memorabile il commento alla vicenda del presunto video hot, “Ma chi sono, Rocco Siffredi?”). Ma al di là delle eventuali responsabilità penali, ci sarà tempo per capirne di più, la mega-inchiesta nissena è anche il racconto di una politica ectoplasma piegata a influenze esterne tentacolari nella stagione del Palazzo antimafioso. E a proposito d’Antimafia, vorrà vederci chiaro su quella stagione il neo-presidente della commissione dell’Ars Claudio Fava, che oggi traccerà la road map dei lavori. E l’impressione è che tra tanti scomparsi, il fantasma Crocetta continuerà ad aleggiare per un pezzo nel dibattito come un Marley ridanciano in un Canto di Natale fuori stagione.