E’ ancora presto per la “pace”, ma forse siamo vicini all’armistizio. A cavallo del nuovo anno il Pd sembra lentamente lasciarsi alle spalle la guerra fratricida che ha portato al ritiro di Teresa Piccione, alla cancellazione delle primarie, a una proclamazione solitaria e a una pioggia di ricorsi – badate bene, nessuno li ha ritirati – che pendono sulla testa del neo segretario, Davide Faraone. Da un lato la mano tesa del nuovo “capo” del partito, dall’altro la (probabile) conferma di Giuseppe Lupo, renziano pentito, come capogruppo all’Ars. Due condizioni da cui risorgere e ricominciare. Non siamo ancora a uno scambio dialettico pubblico – tanto che Lupo non ha mai sentito Faraone dopo il suo insediamento – ma qualcosa si muove nel ventre molle dei democratici.
Onorevole Lupo, sarà ancora Lei il capogruppo del Pd in Assemblea regionale?
“Finché i colleghi vorranno… Io faccio il capogruppo al servizio del mio partito e dei nostri elettori. L’ho sempre fatto con questo spirito di servizio”.
Qualche giorno fa, per la prima volta, avete manifestato unità di fronte alle parole di Musumeci, che aveva rigirato il coltello nella piaga parlando di “due Pd”…
“Quella del presidente è stata una caduta di stile. Pensi piuttosto alla sua coalizione in frantumi. Nel Pd abbiamo una dialettica interna, ma siamo tutti convinti che l’avversario politico è fuori dal partito, e in questo caso è proprio il presidente della Regione”.
Qual è il clima che si respira nel Partito Democratico dopo le macerie del congresso?
“C’è bisogno di unità e di pacificazione, di rasserenare gli animi. Penso che il segnale può partire dai territori già in occasione dei prossimi congressi provinciali. E poi ci sono le primarie nazionali del 3 marzo, dove io sosterrò Nicola Zingaretti. Deve essere un’occasione in cui confrontare idee e programmi per il bene del partito e del Paese”.
E’ possibile superare le divisioni in Sicilia?
“Purtroppo è successo qualcosa di negativo. Non aver potuto celebrare i congressi nei circoli ha aperto una frattura che ha portato al ritiro della candidatura della Piccione. Per questo bisogna ripartire dai circoli. Votare è un modo per rilanciare il Pd nei comuni e nei quartieri delle grandi città. Se saremo capaci di condividere questo progetto di rilancio, avremo gettato le basi per ricreare un clima di unità”.
Il fatto che Faraone abbia lasciato vacante la carica di presidente agevola un riavvicinamento?
“Ci sono tuttora dei ricorsi pendenti e credo sia volontà di Teresa Piccione attendere l’esito delle commissioni di garanzia”.
Perché vi ha dato così fastidio l’esternazione di Musumeci?
“Parlare di “due Pd” è offensivo. Pensi a governare piuttosto che a mettere il naso nei mal di pancia degli altri partiti. Inoltre, non ha avuto né con me né con altri colleghi un confronto d’idee sulla manovra finanziaria né sul collegato”.
Intanto il governo ha annunciato che, in assenza di una legge di Stabilità, si procederà con l’esercizio provvisorio. Altra promessa che viene meno?
“Vede, il bilancio di questo governo è del tutto negativo: sia sotto il profilo oggettivo della crescita economica e sociale della Sicilia, che dal punto di vista delle riforme promesse e mai realizzate. Per quanto riguarda la legge di Stabilità, avevano dichiarato mille volte di esser certi che l’avrebbero approvata entro l’anno, ma così non è stato. Quando l’Ars non riesce a procedere entro il 31 dicembre, l’esercizio provvisorio è un dovere e noi con grande senso di responsabilità glielo abbiamo votato. Era assolutamente necessario mettere in sicurezza i conti della Regione e garantire dall’1 gennaio l’ordinario svolgimento delle attività che bisogna garantire a tutto il territorio regionale”.
Scusi se torniamo al Pd. Ma Lei era stato uno dei primi, durante la campagna congressuale, a dire che dopo le primarie – comunque sarebbero andate – bisognava sotterrare l’ascia. Sarà il garante di questo processo?
“Io sono uno di quelli che più di tutti si è battuto per una candidatura unitaria. Ho fatto una proposta a Faraone, ma lui non l’ha accolta e ha deciso di scendere in campo in prima persona. La Piccione è arrivata solo dopo, come diretta conseguenza. I ricorsi non posso ritirarli io, perché non portano il mio nome. Ma è chiaro che continuo a lavorare alla ricerca della massima unità. Lo faccio concretamente tutti i giorni, svolgendo la mia attività di capogruppo e cercando di fare ciò che serve alla Sicilia, coerentemente con il programma del Pd e facendo tesoro del sostegno e delle proposte che vengono dagli altri dieci componenti del gruppo parlamentare”.
Qual è il suo augurio al Partito Democratico siciliano per il 2019?
“Quello di voltare pagina. Penso si possa farlo con una vittoria di Zingaretti il 3 marzo. Lo sosterrò perché è una persona che unisce esperienza, competenza, ma anche rinnovamento. Noi abbiamo bisogno di dare una svolta e lui è una persona inclusiva, che ascolta, che ha dimostrato di saper governare bene la regione Lazio. Ma il Pd è un posto in cui c’è bisogno di tutti. Mi auguro che nessuno lasci il Pd, e dispiace che circoli la voce che Renzi o altri possano salutare. Lo considererei un grave errore, un impoverimento del pluralismo interno. Il Pd continuerà ad essere un grande partito se resterà aperto e plurale, se tutte le idee avranno diritto di cittadinanza nel tentativo di contribuire, nella loro diversità, ad arricchire il programma del partito stesso”.
Qual è invece il consiglio che dà al governo siciliano?
“Non sento quasi mai parlare Musumeci di lavoro. La priorità è il lavoro. Bisogna aprire cantieri, rilanciare gli investimenti, le opere pubbliche, spendere presto e bene i fondi comunitari, fare partire le zone economiche speciali, che possono attrarre investimenti significativi ma sono ferme al palo da un anno. Dobbiamo andare incontro al bisogno principale della nostra regione che è il lavoro produttivo. Sostenendo le imprese e creando occasioni per i nostri giovani. Ne abbiamo tanti di brillanti e plurilaureati che possono dare un contributo. Su questo sì che possiamo confrontarci con Musumeci. E gli rivolgo un altro invito…”
Quale?
“Guardi i nostri disegni di legge, non li disprezzi e abbia l’umiltà di leggerli. Da circa un anno abbiamo presentato una proposta di riforma del turismo, i tempi sono maturi per approvarla. E mi dispiace quando afferma che non è colpa sua ma del Parlamento se non si approvano i ddl. Il presidente dell’Ars si chiama Gianfranco Micciché e fa parte della maggioranza. Musumeci lo chiami e gli dica di mettere all’ordine del giorno tutti i disegni di legge che servono alla Sicilia”.