Mentre il centrodestra siciliano si impegna (ma non sempre ci riesce) a tenere insieme i cocci di una maggioranza che garantisca una stabilità a Musumeci, e si arrovella per trovare una soluzione – o meglio, un listone comune – in vista delle prossime Europee, la Lega continua il suo processo di erosione a uno schieramento stantio, obsoleto, affatto predisposto a resistere all’usura dei populismi. Salvini, attraverso i suoi generali siciliani (il sottosegretario Candiani da un lato, i due commissari Gelarda e Cantarella dall’altro), è impegnato a “soffiare” ai partiti “classici” una base solida di amministratori locali. L’ultimo scollamento è avvenuto a Messina, dove trecento, fra dirigenti e iscritti a Fratelli d’Italia, il partito della Meloni, hanno lasciato la vecchia fiamma tricolore e adesso guardano alla Lega.
E’ un processo irreversibile, ma certosino se ribaltiamo la prospettiva. Il progetto della Meloni, che in giunta conta sull’assessore Pappalardo (uno dei peggiori secondo il recente sondaggio pubblicato da “La Sicilia”) non ha più alcun appeal in Sicilia, e lo dimostrano i numeri. Ma, soprattutto, appare distante dagli altri, da quei partiti del centrodestra, capeggiati da Forza Italia, che ancora tengono botta in virtù di un’ampia rappresentanza nel governo palermitano. Al momento la Lega sembra più interessata a erodere le fondamenta del sistema, che non a disturbare l’attività, già complessa, di Musumeci & soci. Alcuni alleati del governatore, ad esempio il lungimirante Ruggero Razza, spingono da tempo per una convergenza sul Carroccio. Dopo aver fatto strage dentro Fratelli d’Italia, la Lega potrebbe avviare altre manovre di disturbo. E anche Diventerà Bellissima rischia di finire inghiottita.