C’era troppa mafia nelle frequentazioni di Carmelo Patti, il patron dell’ex gruppo Valtur deceduto due anni fa. Se ne sono accorti (dopo sei anni di indagini) il centro operativo della Dia di Palermo, che ha bloccato un impero da 1,5 miliardi di euro, e la Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che ha firmato una delle confische più dure della storia dell’Antimafia. E’ stato appurato che Patti – che da semplice muratore di Castelvetrano divenne ricchissimo imprenditore – avesse un fitto scambio di collaborazioni con Michele Alagna, cognato del superlatitante Messina Denaro. E che avesse rimpolpato i conti di Santo Sacco, il suo “postino”, per quasi un miliardo delle vecchie lire.
Passano allo Stato i beni della vecchia Valtur, oggi in amministrazione straordinaria: tre resort al momento chiusi (Punta Fanfalo, Favignana; Isola Capo Rizzuto, Crotone; Kamarina, Ragusa), il Golf club Castelgandolfo, una imbarcazione in legno di 21 metri, la “Valtur Bahia”, E poi 400 ettari di terreni, 232 immobili e 25 società che operano anche nel settore del cablaggio di componenti elettrici per autovetture, il primo business di Patti dopo il suo arrivo a Robbio, in provincia di Pavia, negli anni Sessanta. La sua “Cablelettra”, che assemblava elettrodomestici, cominciò a fornire la Fiat a metà degli anni ’80. E proprio in quegli anni cominciarono a partire dei trasferimenti sospetti dai conti di Patti a quelli di Sacco, un “insospettabile” sindacalista Uil, che poi si scoprirà essere il postino fidato di Messina Denaro. Nel 2010 l’ultimo tentativo di business. Con la Valtur in crisi profonda, Patti prova a costruire un nuovo villaggio a Campobello di Mazara. Ma ad occuparsi dell’acquisto dei terreni e della spartizione di lavori è Nicolò Polizzi, un altro fedelissimo di Denaro. Ma il villaggio non è mai sorto.