La pretesa siciliana, del governo regionale in questo caso, di riportare a galla la storia racchiusa nei parchi archeologici, nelle opere d’arte, nei siti di interesse culturale, di far rivivere – insomma – l’Isola partendo dal suo indotto di bellezza, è certamente una prova ardua e un esperimento tenace. A cui di recente, oltre i soliti paletti burocratici che dalla notte dei tempi finiscono per complicare le cose, ci si è messo anche il maltempo, che ha costretto il dipartimento ai Beni Culturali guidato da Sergio Alessandro a provvedimenti di somma urgenza per tamponare il deterioramento di alcuni luoghi dal valore inestimabile. Come nel caso del santuario Rocchicella di Palikè, a Mineo, e della Villa romana del casale di Piazza Armerina, entrambi provati dalla furia dell’acqua.
“In pochi giorni – spiega il dott. Sergio Alessandro, che oggi sarà ospite dell’appuntamento sull’ Hi Tech a Villa Igiea, a Palermo – ci siamo trovati di fronte a due eventi calamitosi eccezionali: l’alluvione che ha colpito i territori della Sicilia centro-occidentale e l’evento sismico nel Catanese. Il Dipartimento dei Beni culturali ha avviato immediatamente le procedure di protezione civile previste, coinvolgendo, ai fini del primo rilievo dei danni occorsi al patrimonio, il personale tecnico disponibile nelle province interessate”.
Di che danni si parla? A quanto ammontano?
“Per quanto riguarda Rocchicella di Palikè abbiamo finanziato un primo intervento di emergenza per circa 50 mila euro e per la Villa Romana del Casale abbiamo finanziato interventi per circa 35 mila euro relativi ai lavori sul canale di gronda a monte della villa e alle riparazioni dell’impianto elettrico andato in tilt”.
Ma in questi siti, come negli altri di interesse storico e culturale, viene realizzata una forma di manutenzione ordinaria?
“In generale, le manutenzioni sui siti della cultura appartenenti al demanio dei Beni culturali vengono attivate dando seguito alle richieste che ci pervengono dai siti stessi. Le manutenzioni riguardano sia le strutture in sé che gli impianti. Tenga conto che per tanti anni i capitoli di spesa per questi interventi è stato ampiamente insufficiente. Questo Governo, per la prima volta dopo tanti anni, ha messo in bilancio delle somme che ritengo di tutto rispetto. Quest’anno per interventi di manutenzione delle strutture, ad esempio, abbiamo finanziato interventi per circa 5,5 milioni di euro su 120 siti della cultura, tra aree archeologiche, patrimonio monumentale e musei. E ancora, dopo tanti anni di nostra assenza, sono ripartiti i restauri sulle opere d’arte: circa 400 mila euro per dipinti, affreschi, sculture. Altrettanto dicasi per la ripartenza degli scavi archeologici. Insomma, riparte un sistema, si dà spazio a tante specifiche professionalità e imprese specializzate in uno dei settori trainanti del Paese”.
Capitolo soprintendenze. Il ddl semplificazione, che sembra convergere verso la sburocratizzazione della tutela paesaggistica, rappresenta un colpo inferto a quelle che vengono definite “repubbliche indipendenti”?
“Guardi, non ritengo di dover commentare la circostanza che c’è voluto persino un ddl semplificazione (relativo all’esonero dall’obbligo di autorizzazione di alcune categorie di opere – sono 31 – e alla autorizzazione paesaggistica semplificata per altre categorie – sono 42) per “sancire” la piena attuazione e applicazione non solo di un Decreto del Presidente della Repubblica di immediata applicazione in tutto il territorio della nazione, ma persino delle conseguenti, recenti, circolari emanate dal Dipartimento sulla materia. Il disegno di legge ha lo scopo, quindi, di introdurre pienamente le disposizioni in questione, adattandole all’ordinamento regionale. Le ripercussioni positive, sia da parte del cittadino che da parte delle soprintendenze, sono immaginabili. Basti pensare che è vincolato circa il 70% del territorio della Sicilia e che non è lontana dalla realtà l’affermazione che circa il 50% delle opere rientrano tra le categorie previste nel ddl”.
C’è sinergia con l’assessore Tusa?
“La sinergia con l’assessore Tusa è piena e totale; una stima che arriva da lontano e che è garanzia di efficienza e concretezza ai fini del lavoro di squadra: non è così ovvio che un assessore e un direttore generale, nei loro ruoli specifici e complementari, siano nelle condizioni di perseguire una visione comune e di contare l’uno sull’altro. Dal mio punto di vista si trattata di un connubio che funziona”.
Quali iniziative sta portando avanti l’assessorato ai Beni Culturali per la valorizzazione del patrimonio culturale siciliano?
“Le iniziative sono tante, troppe, impossibile elencarle. L’obiettivo comune è quello di potenziare la programmazione culturale, servizi, occasioni di produzione, progetti espositivi, di ricerca e, soprattutto, di innovazione per i nostri musei, poli archeologici e spazi monumentali. Il tutto secondo criteri internazionali, messi a punto grazie allo studio di altre esperienze virtuose, e standard di qualità individuati con rigore. Che si tratti di storia antica o di arti contemporanee, di presa in carico delle bellezze paesaggistiche o di processi di internazionalizzazione, l’obiettivo è uno: concepire la cultura come risorsa, come apertura e come occasione di crescita collettiva”.
Nel panorama generale spicca Palermo, che è reduce da un’annata ricca di eventi culturali. Rappresenta un’oasi nel deserto?
“È stato un anno felice per Palermo, grazie a iniziative di forte richiamo, come il titolo di Capitale Italiana della Cultura, conferita dal Ministero dei Beni Culturali, e come Manifesta, la biennale europea itinerante d’arte contemporanea. Due contingenze che hanno portato in città investimenti importanti e iniziative di valore. E che si spera possano lasciare un’eredità, imprimendo un’accelerazione: è questo il momento in cui raccogliere i frutti, “surfare” quest’onda favorevole, creando le condizioni per potenziare gli investimenti. Quelli economici ma ancor prima quelli di idee e di network. Il che significa altre kermesse, altri appuntamenti, mecenatismo, collezionismo, sponsor, viabilità e vivibilità dei centri storici, valorizzazione dei luoghi e dei tesori”.
C’è anche un’altra iniziativa rispetto a cui vi siete spesi come Dipartimento, assieme alla Fondazione Federico II. Ossia la rivalutazione del quartiere della Kalsa grazie a un’attenta e prolifica opera di street art. Dove nasce l’idea?
“Nel quartiere della Kalsa di Palermo insistono beni monumentali di grande importanza, fra questi la Galleria regionale di Palazzo Abatellis e l’Oratorio dei Bianchi. Entrambi costituiscono delle “emergenze” artistiche in un contesto di immediate adiacenze profondamente decoeso e interrotto riguardo ai valori di bellezza, decoro e stimoli culturali. Stiamo parlando di un’area di tessuto urbano segnato con forza da sventramenti e incompiute, con brani di edilizia abitativa intensiva. Abbiamo ragionato su quest’area, fra l’altro, perché nelle prossimità hanno avuto luogo, negli anni, alcuni interventi episodici e spontanei di street art. Ciò, a nostro avviso, ha avviato un processo di attenzione verso quel “non luogo”, in senso artistico e aggregativo, cui guardare con interesse. Qualunque istituzione museale deve essere “aperta” e deve dialogare con il contesto, anche quello sociale.
Ci spiega gli interventi sull’Oratorio dei Bianchi? Che valore hanno?
“L’Oratorio dei Bianchi, già connotato come “museo di sé stesso” e delle sue collezioni permanenti (gli stucchi di Serpotta), sono convinto che debba esprimere anche una spiccata vocazione ad assumere il ruolo di officina-laboratorio rivolto alle adiacenti pertinenze del contesto urbano carico di storia e arte dal X al XIX secolo, che il monumento stesso presenta in palinsesto. Abbiamo deciso così di operare con un intervento di arte pubblica declinato attraverso la realizzazione di grandi dipinti murali sui prospetti di edifici di edilizia residenziale convenzionata degli anni 60. Nell’ambito dei temi individuati dalla committenza pubblica (Dipartimento dei beni culturali e Fondazione Federico II), assumendo come riferimento le testimonianze artistiche presenti all’Abatellis, le suggestioni della cultura storica e figurativa della città di Palermo, nonché il tema di Palermo come città aperta all’incontro delle culture in tutte le epoche, ogni artista selezionato è stato lasciato libero di operare seguendo il proprio linguaggio e tematica espressiva”.
Avete riportato le periferie al centro. Poi le esporrete addirittura a palazzo Reale…
“Il punto di forza del progetto è proprio la nostra consapevolezza del forte impatto dell’azione artistica in spazi pubblici che diventano luoghi di crescita e partecipazione sociale, in cui il farsi dell’arte “site specific” e “open air”, si determina attraverso lo scambio di esperienze e la trasmissione delle conoscenze fra gli artisti e gli abitanti del luogo stesso. In tal senso già la presentazione pubblica del progetto riteniamo essere parte costitutiva dell’azione artistica che proseguirà con l’happening e si concluderà con la mostra che consegna le opere alla cittadinanza”.
A parte la ricchezza culturale di Palermo, ritiene che la Sicilia sia consapevole delle sue potenzialità culturali e possa salire a bordo di questo treno chiamato turismo?
“In generale ritengo che tutta la Sicilia abbia ampissimi margini di miglioramento rispetto al tema turismo culturale: dal potenziamento dei servizi alla stesura di progetti per grossi eventi culturali, dal miglioramento dei trasporti alla messa a punto di politiche favorevoli per chi lavora nel settore dell’accoglienza e per chi a quel settore si rivolge. C’è tanto da fare, ma anche il potenziale è tanto. Coltivare un turismo colto, consapevole, rispettoso dei territori, affamato di bellezza e di cultura, è una nostra priorità”.