Un tempismo quanto mai sospetto. E un metodo che – purtroppo – ha fatto scuola. Il Movimento 5 Stelle, dopo aver leso il diritto di cronaca e di critica della stampa libera, applica la peggiore delle censure. E lo fa nei confronti del capogruppo grillino al comune di Palermo, Ugo Forello, che oggi è stato “epurato” (parole sue), dopo aver contestato Di Maio per gli insulti a quelle “puttane” dei giornalisti. Aveva scritto che non era d’accordo, che in tutte le categorie esistono persone più o meno leali, ma che un esponente del governo non dovrebbe sferrare questo genere di invettive. Parole sacrosante, condivisibili per chi fa ancora della democrazia e della libertà di parola un valore fondante. Ma il “dissidio” (ammesso che così si voglia chiamarlo, esasperando un attimo il concetto) è qualcosa che nel M5S non si accetta. Altro che uno vale uno. Parla uno e basta. Gli altri si accodino. Chi non lo fa è fuori.
La base palermitana del partito, in una nota, ha annunciato che il turnover dei capigruppo era in programma da tempo. Randazzo per Forello. Era altrettanto noto che fra il consigliere Ugo e il movimento non ci fosse più tanto feeling (di recente ha votato una mozione di Sinistra Comune a Sala delle Lapidi, andando contro le indicazioni del partito, in passato ha contestato alcuni modi di Salvini). Ma da qui a farne carne di porco ce ne passa. Soprattutto in un momento del genere, in cui si dimostra – o meglio, si conferma – che stanno tornando gli spifferi da regime. Uniformarsi al pensiero unico ha prodotto solo disastri. E non serviva Forello per darcene conferma.