Celle piene, come l’istituto padre Annibale di Francia, a Palermo, che lunedì pomeriggio ha ospitato un convegno dei radicali sul tema del sovraffollamento delle carceri. Ad introdurre i lavori è stato il deputato regionale e sociologo Vincenzo Figuccia che ha sottolineato la drammaticità degli ultimi dati pervenuti dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, secondo i quali ci sarebbe un surplus di circa 10.000 unità presso gli istituti penitenziari italiani. “Una vera e propria involuzione del nostro sistema – dice il parlamentare – che va risolta al paio con i diritti dei familiari dei detenuti, quei “detenuti virtuali” che troppo spesso vengono confinati e stipati in spazi per nulla idonei”.
Apre poi il ventaglio della prospettiva Rita Bernardini, presidente del Partito dei radicali: “La ragionevole durata dei processi prevista dall’art. 111 della Costituzione e dall’art. 6 della Cedu, oggi in Italia, non è assicurata. Sentenze che arrivano a troppi anni di distanza dal reato mentre nel nostro Paese ci sono 1000 errori giudiziari all’anno”. Intervenendo Sergio D’Elia, ha ricordato il “motto paolino” di cui Marco Pannella ha fatto tesoro e linea di condotta nella sua vita, “spes contra spem”. “È sempre attuale – dice D’Elia – perché proprio nei momenti bui della vita di un Paese e di ogni singola persona non bisogna mai abbandonarsi alla sfiducia e alla disperazione ma combattere per cambiare la realtà che ci opprime”.
Infine tra gli applausi è intervenuto l’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, la cui presenza nella sala Mattarella dell’Ars – sempre per parlare di detenzione- aveva scatenato un vespaio. “Entrare in carcere ci priva non della libertà ma delle libertà. Dei colori e dei sapori, del cielo e dell’olio. Gli scritti di Cesare Beccaria dovrebbero ispirare l’assetto e la logica dell’espiazione della pena nel nostro Paese poiché un conto è proclamare i diritti un conto è attuarli, e la realtà è tristemente nota. L’Unione Europea – conclude – impone che per allevare maiali sia previsto uno spazio di almeno 7 metri quadri per ogni unità e l’allevatore è tenuto a rispettare questa misura. Non vedo e non concepisco il perché non si debba fare altrettanto per l’uomo, rispettando la dignità che gli è propria”.