E tutti i pesci vennero a galla. Avete presente la Tap e le bandiere del Movimento bruciate a San Foca, in Puglia? E quelle antiche promesse mancate all’indomani del voto, in cui i grillini – da movimento di protesta – hanno dovuto chinarsi alla responsabilità di governare? Bene, un altro caso sta per nascere e arriva dalla nostra amatissima Niscemi.
E’ la patria del Muos, il sistema radar americano che ha fatto balzare sulla sedia gli ambientalisti dell’Isola. Compresi i pentastellati, che in un passato non così remoto, non disdegnavano di farsi scattare foto avvolti nelle bandiere della protesta (tuttora, facendo un giro su Facebook, ne troverete più di uno). Ecco, la notizia è che il governo – e in particolare il Ministero della Difesa capitanato da Elisabetta Trenta – ha inviato una memoria al Cga siciliano (il secondo grado di giudizio dopo il Tar), in cui si chiede di respingere l’ultimo ricorso dei “No Muos” per fermare l’impianto. A Giampiero Trizzino, componente della commissione Territorio e Ambiente all’Ars, non è andata giù. E, dopo aver chiesto un’inversione di rotta al M5S, ha chiesto e ottenuto di poter parlare direttamente col Ministro il 7 novembre.
Farà il possibile per convincerla, ma non è detto che ci riesca. In quella memoria presentata dall’Avvocatura dello Stato, la Trenta spiega come in pratica le ragioni degli ambientalisti non sussistano e che la realizzazione del radar Usa non intacchi di una virgola il regolamento della Sughereta di Niscemi. E’ più importante mantenere i rapporti con gli Stati Uniti, che in caso di chiusura del Muos rischierebbero una brusca interruzione, che non quelli con la base elettorale siciliana. Niscemi, lo scorso 4 marzo, ha portato ai 5 Stelle, anche in nome e per conto di questa battaglia, un record assoluto alle urne: il 53%. Che adesso rischia di sgretolarsi di fronte a un repentino dietrofront: spetta a Di Maio il ruolo, impossibile, della mediazione.