Ne è arrivato a parlare persino Massimo Gramellini, in prima, sul Corriere della Sera. Dopo ch’era stato Andrea Cassisi, su Avvenire, a rilanciare la “parabola” dell’aggredito che diventa il salvatore del suo stesso aguzzino. Tutto vero: i fatti, risalenti a una quindicina di giorni fa, si sono verificati in una Guardia Medica nel centro di Ragusa. In piena notte due brutti ceffi, uno con una ferita alla mano, si presentano nella stanzetta angusta che ospita il presidio di continuità assistenziale. E non rendendosi conto che quello non è un pronto soccorso, si rivolgono al giovane medico (meno di 40 anni) con fare minaccioso. Pretendono che la ferita – procurata chissà come, alle 3 del mattino – venga suturata.
Il medico dice che non può farlo, che non può applicare i punti di sutura, che serve una visita più approfondita. Il gentil signore è invitato a recarsi altrove. Quello reagisce con un pugno alla mandibola che manda il dottore ko. I due ceffi, dopo aver dato di matto e messo la stanza a soqquadro, vengono accompagnati alla porta in attesa che sopraggiungano i carabinieri. Quello con la ferita alla mano, all’improvviso, si sente male. Ha una crisi epilettica e l’unico in grado di dargli conforto è il medico che poco prima aveva menato. Santo Ippocrate. Il “dottor Francesco”, è così che lo rinomina Gramellini in onore al Papa appena defunto, gli presta nuove cure e assieme agli operatori del 118 lo rimette in careggiata verso l’ospedale.
La sanità siciliana sarà pure disastrata, mancherà di anticorpi, di politici e manager in grado di farla funzionare; ma talvolta riesce a distinguersi per competenza e passione. Certo, conclude Gramellini, rimane anche “il solito posto dove, a causa dei tagli, il dottor Francesco è dovuto rimanere di guardia fino alle 8 del mattino con una mandibola fratturata”.