La smania di mettere le mani ovunque, finendo per rompere anche ciò che funziona, non ha risparmiato la Gesap di Palermo. La società che gestisce l’aeroporto “Falcone-Borsellino”, da ieri, è orfana dell’Amministratore delegato Vito Riggio, il quale ha rassegnato le dimissioni dopo il cortocircuito con Schifani. Il governatore, dopo averlo scelto una prima volta (nel 2023), l’aveva pregato una seconda volta di tornare sulla plancia di comando e completare la privatizzazione dello scalo. Riggio se n’è andato con l’accusa di non avere alcuna visione strategica, anche se Schifani – in questo modo – ha finito per rinnegare se stesso e i suoi indirizzi. Ma questo non è importante: quello che premeva al presidente della Regione era far pagare a Riggio il prezzo di una dichiarazione tanto audace quanto libera: cioè che l’abolizione dell’addizionale comunale per gli aeroporti minori avrebbe finito per danneggiare Punta Raisi rispetto a Trapani.

Un atto di lesa maestà che è costato carissimo dal punto di vista personale. Ma anche, evidentemente, della governance. L’addio, arrivato ieri, si è materializzato con una lettera presentata da Riggio al Cda. E con alcune dichiarazioni che rappresentano un’eredità ingombrante per chiunque arriverà dopo di lui: “Non è stato ancora approvato il bilancio ma è il migliore di sempre con 15 milioni di euro di utili dopo le tasse e un Ebitda, un margine operativo lordo, di 32 milioni di euro – ha rivelato l’ex presidente dell’Enac -. Questo e il precedente sono stati i migliori bilanci di tutti i tempi”. Sotto la guida di Vito Riggio, inoltre, il traffico passeggeri è passato dagli 8 milioni del 2023 agli 8,9 del 2024. Nel 2025 si prevede un ulteriore incremento, fino a toccare i 9,3 milioni.

Riggio non sarà facilmente addomesticabile, ma questi risultati, che a breve il Cda metterà nero su bianco, gli danno ragione. Mentre non si capisce bene il motivo per cui Schifani abbia deciso di fare tabula rasa. Pur non avendo alcuna facoltà di intervenire in prima persona. L’aeroporto è fuori dal controllo della Regione, che pure continua a dettare i tempi: sia per l’espletamento dei concorsi (dopo l’intervento in tackle del governatore è saltata l’assunzione di 46 nuovi dipendenti e la promozione di altri 20) che per l’iter di privatizzazione. E adesso anche per l’azzeramento della governance, che il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha stoppato con decisione. Per tutta risposta Schifani ha marcato visita alla riapertura del Giardino Inglese. Scaramucce dal significato molto più profondo.

La Gesap è un esempio di quanti danni possa creare la politica – quella che si spartisce le poltrone – a società ed enti sani e virtuosi. In Sicilia, purtroppo, non sono tantissimi. Un’altra interferenza ha riguardato la Fondazione Agrigento Capitale della Cultura. A pagare per l’acqua che si infiltrava dal tetto del Teatro Pirandello una settimana prima dell’inaugurazione con Mattarella, è stato in primis l’ormai ex presidente, Giacomo Minio, che il 24 gennaio 2025 ha annunciato le sue dimissioni “su richiesta del sindaco, Francesco Miccichè, per favorire un avvicendamento squisitamente politico”. Ma già da qualche giorno, cioè dall’insediamento di una task force regionale che di fatto commissariato il Comune e la Fondazione, era chiaro cosa sarebbe successo: “Abbiamo chiesto al Comune di lavorare a testa bassa fino al pieno raggiungimento dell’obiettivo”, disse Schifani. Qualche giorno dopo Minio si è dimesso.

Passati un paio di mesi, la Fondazione ha perso per strada pure il direttore generale Francesco Albergoni. Le dimissioni sono arrivate poco dopo l’approvazione del bilancio della Fondazione e l’annuncio da parte della nuova presidente, l’ex prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, dell’intenzione di avvalersi di un consulente esterno. Lo stesso Albergoni, qualche giorno fa, ha sottolineato la scarsa fiducia di Schifani nei suoi confronti, precisando che “il Cda della Fondazione non ha competenze specifiche sui progetti culturali, ma è stato formato con il bilancino degli equilibri tra esponenti politici”. Non c’è via d’uscita contro le ingerenze della politica.

La Regione monta e smonta a proprio piacimento. Talvolta intaccando le fondamenta solide di alcune società preziose, e col bilancio in attivo, come Gesap; altre volte provando a placare il caos con altro caos, così come avvenuto ad Agrigento. Dove il nuovo Direttore generale della Fondazione, al posto di Albergoni, è Giuseppe Parrello, un jolly della burocrazia, attuale direttore del Museo Salinas di Palermo. Ma la questione è un’altra: perché Schifani, che tutto può, non è ancora intervenuto per sanare la vacatio di due Asp fra le più importanti della Sicilia, ricreando una governance operativa sia a Palermo che a Trapani?

Quella di Palermo è l’Azienda sanitaria più grande dell’Isola, ma dopo l’addio di Daniela Faraoni, divenuta assessore alla Salute da quasi tre mesi, non ha più un Direttore generale. Bensì un Direttore sanitario che ne fa le veci. Stessa cosa a Trapani, dove la locale Asp è divenuta strategicamente (e mediaticamente) rilevante dopo lo scandalo degli esami istologici consegnati con mesi di ritardo ai potenziali pazienti oncologici. Circa venti, nel frattempo, si sono ammalati in modo grave. Ecco: dal provvedimento di sospensione contro il patriota Ferdinando Croce, che intanto studia un modo per salvarsi la pelle, l’unico atto sostanziale è l’affidamento dell’incarico ad interim di Direttore generale al Direttore amministrativo Danilo Faro Palazzolo.

Ma come possono due aziende di questo calibro improvvisare soluzioni di natura gestionale? Quali sono i motivi ostativi per cui non si è ancora materializzata una scelta netta, competente, meritocratica per ovviare a mesi di inguaribile vergogna? Nella Regione che mette a soqquadro i suoi organi periferici, che interviene (anche) laddove non dovrebbe, che espone al circo mediatico dirigenti e burocrati, che sarà mai una nomina di sottogoverno? Prima erano i più bravi in materia, ora neanche quello…