Un contributo per il Paese e anche per l’Europa. E’ quello che ha provato a dare, lo scorso weekend, “Mezzogiorno tutti i giorni”, la mini-Leopolda ispirata a quella fiorentina, che in Sicilia ha avuto il suo esecutore materiale in Davide Faraone, senatore del Partito Democratico. Un momento di confronto con tutte le forze della società, al Teatro Santa Cecilia di Palermo, per disegnare un’idea di futuro che vada oltre le logiche populiste che mai erano state in voga come adesso.
“Sono state due giornate intensissime – spiega a freddo Faraone – In questo periodo non è facile riuscire a organizzare, per due giorni di fila, 15 sessioni di lavoro, con 100 interventi tra i più variegati: dallo studente al lavoratore, dall’esponente politico al direttore del carcere. Penso che, al di là degli spunti forniti dalle personalità – mi viene in mente il presidente dell’Ars – o a qualche scoop, sia importante dare spazio agli interventi più comuni, che portano manifestazioni di realtà. E’ stata una bellissima esperienza, con una formula innovativa che ha ben calibrato musica e parole. Abbiamo riscosso un apprezzamento generale anche da chi è arrivato da fuori”.
Ha sentito anche Renzi?
“Assolutamente sì. Non è stato un caso che questa manifestazione abbia preceduto di due settimane la “vera” Leopolda. Volevamo portare in quella sede i temi che riguardassero il Mezzogiorno. Sono venute fuori delle proposte importanti da un punto di vista politico e di contenuti. Il nostro obiettivo, in questa fase, è proporre un’alternativa al reddito di cittadinanza. Ad esempio facendo diventare il Mezzogiorno un’area a zero tasse per chi vuole aprire un’impresa e per chi ha voglia di creare lavoro vero. E’ una proposta che non rimarrà confinata alla nostra iniziativa, ma diventerà nazionale”.
Come si struttura la proposta del “Mezzogiorno area a zero tasse”?
“Questa Europa, da un certo punto di vista, è incomprensibile nelle sue azioni. Il tema non è andare in deficit, o suicidarci per farci sentire. Perché quando decidiamo di suicidarci, l’Europa potrebbe anche fregarsene. Qui il problema è battere i pugni per ottenere cose logiche. Il Mezzogiorno è un territorio che ha difficoltà economiche oggettive e un ritardo infrastrutturale enorme, una situazione di credito deficitaria e un problema di criminalità organizzata che è una tassa aggiuntiva per i potenziali investitori. Quindi bisogna fare come in Galles o Irlanda: costruire un’agenzia che si occupi esclusivamente del Mezzogiorno per consentire a tutti gli imprenditori di investire a zero tasse per dieci, venti, trent’anni. Per recuperare il gap non vogliamo soldi o assistenzialismo, ma la possibilità di recuperare uno svantaggio che si è costruito nel tempo. Questo è il nostro modello alternativo al Movimento 5 Stelle. Sul quale siamo pronti a uno scontro con l’Europa”.
Micciché ha detto, durante la sua Leopolda, che M5S e Lega vi hanno “fottuto” proprio perché hanno sondato un terreno di scontro – con l’UE – e lì hanno fatto breccia. E’ d’accordo?
“No. Io credo che esistano due strategie diverse: noi pensiamo di cambiare l’Europa, ma crediamo nell’Europa. Infatti pensiamo che si debba costruire un esercito europeo, che serva un presidente europeo eletto direttamente dal popolo, che bisogna dare forza politica alla Commissione europea, che sia necessario cedere sovranità. Che occorra un servizio civile europeo o potenziare l’Erasmus. Crediamo nel rafforzamento del continente. Lega e 5 Stelle, invece, la vogliono invece far saltare per aria, facendo il gioco di Trump e Putin. Cioè rendere i singoli paesi schiavi dell’influenza russa e americana. Ma l’Europa deve avere una sua identità”.
Lei ha definito il Pd un partito “nordista”. Perché? E soprattutto come si fa a invertire il trend e riportare il baricentro verso le questioni siciliane?
“Questo è un discorso che riguarda il Paese, non solo il Pd. Se c’è un Pd a trazione nordista, una classe dirigente prevalentemente del Nord, è per la nostra incapacità a fornire una proposta innovativa, a non chiedere sempre assistenza e un modello “casa di riposo” che ci propina il Movimento 5 Stelle. Dobbiamo essere più protagonisti, avere ambizione, essere più spregiudicati. Noi siamo sempre stati la zona del Paese che ha prodotto idee migliori e anticipato i processi. Dobbiamo tornare a essere questi e ribaltare la situazione. Non possiamo più accettare “mance” perché abbiamo una dignità. Per convenienza potremmo anche farlo, ma è sbagliato”.
Ha proposto un campo unico contro i populismi. Se parte dal contrasto dei temi (migranti, legittima difesa, reddito di cittadinanza) pensa possa bastare in un momento storico che dà M5S e Lega il 60% dei consensi? Potrebbe farne parte anche Forza Italia?
“Il problema non riguarda i partiti né la nomenclatura politica, ma i cittadini. Rispetto al blocco M5S-Lega, ci vuole una forza politica riformista e moderata che tiene insieme quelli che non stanno con gli improvvisatori e con gli anti-europeisti più spregiudicati. Il “contenitore” va adattato alla domanda dei cittadini. C’è un appuntamento, quello delle elezioni Europee, e già lì andrebbe sperimentato”.
Delrio sarebbe favorevole a cambiare il nome al Pd. E’ anche questa una possibile soluzione?
“La questione del “contenitore”, di per sé, non mi appassiona. C’è una situazione politica completamente nuova. Ci sono partiti razzisti e antisemiti come la Lega che vorrebbero far saltare l’Europa attraverso l’uso di armi improprie come il populismo. Di fronte a questo rischio abbiamo il dovere di mettere insieme tutte le persone perbene che hanno a cuore le istituzioni e credono nel futuro, senza averne paura. Intanto partiamo dal congresso… Io credo che bisogna individuare strade e percorsi radicalmente nuovi e far sì che si parlino persone che non lo hanno mai fatto prima. Anche in ambito europeo, le vecchie famiglie socialiste e popolari dovrebbero ripensarsi del tutto”.