Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, è una sorta di barometro umano dell’aria che tira nella maggioranza. Giorgia Meloni ha appena finito il suo intervento a Palazzo Madama in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi. Materia scottante. A tema il sostegno all’Ucraina, il rapporto euroatlantico, il piano di riarmo proposto da Ursula von der Leyen, al quale Fratelli d’Italia ha detto sì – qualche caveat qua e là, è vero, ma che non cambia il dato politico di un appoggio convinto – e che la Lega ha messo ormai da due settimane al centro dei suoi strali. Cinque minuti prima che Romeo si affacciasse nella sala Garibaldi, quella in cui si accalcano i giornalisti e i politici che hanno voglia di chiacchierare o di prendersi un caffè alla buvette, Meloni sembrava aver tirato un bel siluro agli alleati. “E’ una grossolana semplificazione che si tolgano i soldi da altre parti [per finanziare le armi, n.d.r.], chi lo dice mente ai cittadini, e a me la demagogia non interessa”. Certo, guardava i banchi dei 5 stelle, ma sembrava parlare a suocera perché nuora intendesse.

E insomma, Romeo esce dall’Aula. Come è andata? Si apre in un sorriso luminosissimo: “Avete visto? Niente corsa al riarmo!”, gira i tacchi e se ne va fluttuando. Eh già, perché tra le pieghe delle parole di Meloni e messa nero su bianco nella risoluzione di maggioranza, è passata la linea di Matteo Salvini. Il piatto forte del prossimo Consiglio Ue, il ReArm Europe, è relegato a tre scarne righe in una risoluzione in venti verbosissimi punti. Così come rimane il generico appoggio all’Ucraina, ma sparisce l’esplicitazione del sostegno militare al Paese aggredito, che non era mai mancato da quando Meloni è entrata a Palazzo Chigi.

E in effetti anche in Aula, sia nel discorso sia nelle repliche, la premier è prudente e misurata come non le capitava da tempo. Dice di non condividere il nome ReArm, spiega che è un’occasione di “produrre armamenti in Italia” – proprio come ha suggerito Salvini non più di tre giorni fa – spiega che quando si parla di difesa si intendono tante cose, dalla logistica alla sicurezza informatica. Dice che si è opposta all’uso dei fondi di coesione, persino, come proposto da Giancarlo Giorgetti, che ha proposto un meccanismo di garanzie pubbliche europee a tutela degli eventuali investimenti. Che non si sa nemmeno se ci saranno, visto che sono a discrezione dei singoli stati e su se e come spendere qualcosa in più in deficit il governo ancora non si è espresso. Cosa che Meloni si è ben guardata dal fare anche nell’emiciclo del Senato. Continua su Huffington Post