Ci sono preti, a Palermo, che non hanno fatto neanche un passo indietro dinnanzi alla pistola che qualcuno gli aveva puntato contro e che hanno avuto il coraggio di dire in faccia al killer ‘me lo aspettavo’. E ci sono preti – anche l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice lo è – che di fronte ad un microfono scomodo di un giornalista scomodo, se la danno a gambe che nemmeno il centometrista Usain Bolt.
Il video de Le Iene che immortala il giornalista Filippo Roma all’inseguimento della massima autorità ecclesiale della diocesi di Palermo è una delle pagine più indecenti della chiesa siciliana. Si ha tutto il diritto di non rispondere alle domande di un giornalista. Ci si può persino rinchiudere nel silenzio o ribadire sempre la medesima risposta, con elegante determinazione. Le Iene hanno acquisito nel tempo, è vero, toni giustizialisti e sposato tesi preconcette, ma non è questo il caso e la fuga non è ammessa. E poca rilevanza può avere il fatto che la vicenda riguardi il delicato e inquietante caso dell’opera Pia Cardinale Ernesto Ruffini, un ente pubblico il cui consiglio di amministrazione è presieduto dall’arcivescovo di Palermo e che ha visto i dipendenti prima non pagati e poi licenziati, con ipotesi di cattiva gestione finanziaria dell’Ente che si occupa di assistenza ai più deboli.
Non è un bel periodo quello che oggi vive la stampa in Italia: ci sono politici che si augurano la chiusura di giornali e che predispongono liste di proscrizione per alcuni giornalisti. Dalla chiesa di Papa Francesco, a pochi giorni dalla sua visita a Palermo, ci si aspetta coraggio, piena consapevolezza, dignità del ruolo. Un prete non fugge dalle responsabilità, non dismette l’abito talare, non scende dalla croce. La Sicilia che a Brancaccio ha avuto il suo Frà Cristoforo oggi non può permettersi nessun Don Abbondio.