La giostra si è fermata. Il seggiolino lasciato vuoto da chi ha dovuto rinunciare per problemi con la giustizia è stato occupato da uno che naturalmente ha gli stessi sponsor.

Al di là dell’ironia, pure pertinente, il presidente della Regione ha proclamato a lungo di puntare attraverso scelte di merito ed in piena autonomia ad un ricambio per dare maggiore efficienza all’amministrazione.

Poi, com’era prevedibile, ha dovuto fare i conti con la politica o con ciò che oggi per politica s’intende. Ha dovuto subire gli inevitabili condizionamenti per «appattare la settanta», la sua prova di forza è stata temperata dall’esigenza di soddisfare le richieste dei partner di maggioranza e solo così ha potuto procedere alla rotazione e alle sostituzioni.

È sempre utile evitare che si creino incrostazioni, è opportuno spendere nuove energie e può anche darsi che i nuovi dirigenti siano più bravi di quelli che c’erano o che in un ruolo diverso diano prova di insospettabili qualità. In qualche caso, comunque, i motivi dell’allontanamento non sono riconducibili a mancanza di competenza o a risultati inadeguati. Ché competenza e risultati, per essere riconosciuti, talora hanno bisogno di uno sponsor, di un padrino, in assenza dei quali non risultano sufficienti e devono cedere alla necessità della spartizione.

C’è da dire che il cambiamento dei conduttori, la scelta di piloti anche bravi non può trasformare una macchina vecchia, inefficiente, arrugginita in una vettura da rally. Non è possibile, del resto, trovare piloti capaci all’interno di un bacino composto per più del 64% da persone con un’età tra i 51 e 60 anni e con il 29% di essi che i sessant’anni li ha già superati.

È fuori da ogni logica pensare di scoprire professionalità nel numero necessario dentro quell’unico contenitore nel quale sono stati messi tutti insieme tecnici e amministrativi, agronomi e architetti, ingegneri e archeologi e dal quale estrarre come viene viene, senza poter seguire alcun criterio professionale o poter fare riferimento alle funzioni dei diversi rami di amministrazione.

Molti dei prescelti, ovviamente, andranno presto in pensione e nel breve tempo che rimane, al di là delle qualità personali, piuttosto che ad una tranquilla attesa del riposo, ciascuno dovrebbe cimentarsi nell’aggiornamento, nella conoscenza dei processi di digitalizzazione e di innovazione previsti dal Piano triennale per la Transizione.

Dovrebbe essere capace di utilizzare le nuove tecnologie, di invertire la rotta che ha portato la Regione alla paralisi o quasi. Dovrebbe, in una parola, rimanere al passo con i tempi, avere una grande voglia di scommettere, tirar fuori una nuova cultura amministrativa.

La pubblica amministrazione nella Regione e negli enti locali siciliani, per motivi oggettivi o per scelte che prevalentemente vanno attribuite alla politica piuttosto che a demeriti dei burocrati, è vecchia. Da qualche decennio non c’è nessuna immissione di energie fresche, di professionalità e di competenze. Non si fanno concorsi e il pubblico impiego rimane precluso ai giovani, all’apporto di nuove tecnologie e di nuovi saperi.

Pescando nello stesso bacino, che naturalmente ogni anno si impoverisce, non si potrà raggiungere nessun risultato e la Regione resterà in prevalenza dispensatrice di stipendi e di benefici per una parte dei nostri concittadini.

C’è un ulteriore aspetto della questione, che viene ignorato perché è difficile da affrontare, coinvolgendo la gestione del potere, l’uso clientelare delle risorse, la relazione talora perversa della politica con alcuni settori dell’economia isolana. Tra politica e burocrazia si è consolidato da tempo un rapporto malato. La burocrazia troppo spesso, anziché essere al servizio della politica, si è messa al servizio dei singoli politici o dei partiti che compongono le maggioranze, si è resa disponibile ad assecondare interessi settoriali ed elettorali. Per questa via la fedeltà prevale sul merito e l’interesse di parte su quello generale.

La rotazione dei dirigenti ha occupato per settimane le pagine dei giornali, interessato tutti i mezzi di comunicazione assumendo una dimensione spropositata. Si è lasciato intendere che al termine del travagliato percorso con una ostentata prova di leadership si sarebbe stati in grado di ripartire, con una macchina amministrativa efficiente e celere.

Se si pensa che tutto si risolva in questo modo, fra qualche tempo, quando si dovrà prendere atto che i risultati sperati non ci saranno o saranno impercettibili, si riproporrà la polemica contro la burocrazia e si rialzerà un polverone.

Nel frattempo la politica avrà continuato a scansare i problemi veri, a non farsi carico delle proprie responsabilità. Resteranno le pesanti inefficienze e gli sprechi nella sanità, rimarrà la scandalosa condizione della raccolta dei rifiuti, il parziale impiego delle risorse comunitarie. Si continuerà ad attribuire al cielo, alla scarsità delle piogge la crisi idrica delle campagne, non riconoscendo che, da quando le dighe, sottratte alla competenza dei consorzi, sono state affidate direttamente alla Regione, sono rimaste prive di manutenzione e di interventi strutturali.

La politica non può autoassolversi, non può scansare le proprie colpe attribuendole alla burocrazia. Chi governa la Regione e chi vi esercita un ruolo, anche dall’opposizione, non può far credere che con una sorta di gioco delle tre carte, sostituendo i piloti e lasciando una vettura del tutto inefficiente, si faccia una operazione rilevante ed utile.