Giorgio Mulè, ritorni giornalista per un’ora: come va interpretata l’intervista al Foglio di Marina Berlusconi? Qual era il vero titolo? Il vicepresidente della Camera di Forza Italia fa un piccolo saltello su se stesso nel cortile di Montecitorio, dà una tirata alla fedele sigaretta elettronica e dice: “Nel processo di maturazione di Forza Italia, dopo la morte del Cavaliere, le parole di Marina sono un predellino intellettuale sul quale il mio partito, a tutti i livelli, si deve interrogare”. Lei lo ha subito battezzato come manifesto: ma di cosa, di una nuova FI? “Anche se sono le undici di mattina, vorrei citare la coscienza preriflessiva di Sartre. Quando Marina parla di fine vita assistito, del bisogno di intervenire, indica il bisogno di intervenire, al di là della contingenza del momento e delle ideologie”. Ma tutti si chiedono: Marina Berlusconi scenderà in politica? “Non vorrei essere smentito, ma penso che il suo posto non sia nei Palazzi: i compromessi della politica farebbero a pugni con il suo modo di essere”. Faccia un’altra tirata di sigaretta: parliamo di Antonio Tajani. Le parole di Marina sono un atto di sfiducia verso gli attuali vertici di Forza Italia a partire da Tajani? “Il mio partito deve aprirsi alle migliori intelligenze della società, confrontarsi senza paura. Fare propri i consigli di una sacerdotessa del libero pensiero, come la figlia di Silvio Berlusconi”. Voglia di rivoluzione liberale, Mulè? “Io così ho interpretato la vostra intervista, come quella di chi indica una rotta”. E quale sarebbe? “Il liberale dice che la tua forza risiede nella sua libertà: non è anarchia, ma ti obbliga a essere la vera Forza Italia e non un satellite della maggioranza”.
Secondo letture maligne, Tajani non l’avrebbe presa bene, questa intervista. Il primo giorno è rimasto in silenzio, il secondo l’ha commentata senza eccessiva enfasi: ricostruzioni di penne all’arrabbiata? “Conosco Tajani da 40 anni, non sono d’accordo con queste letture. L’altro giorno si trovava in giro per il territorio, ad Ariccia a Marino, e conoscendone l’intelligente umiltà e la capacità di interpretare il pensiero di Marina, credo che stia ponderando le parole per evitare l’effetto del banditore che recita l’editto del re o del principe”. Ma la proverbiale “morbidezza” di Tajani è, come si sussurra qui in Transatlantico, una forma di subalternità a Giorgia Meloni? “Affatto, ma con simpatia cito un direttore che abbiamo avuto entrambi al Giornale: Indro Montanelli. Sa cosa diceva?”. Ne dicevaene scriveva tantissime, e di bellissime. “Certo, ma in questo caso gli avrebbe consigliato di mangiare ogni tanto qualche filetto di tigre in più. Non come cura ricostituente, ma a piccole dosi sì”. Questa mattina diranno che lei è il capo dell’opposizione interna di Forza Italia, lo sa? “Chi dirà così è in malafede, e non capisce nulla. E non sarebbe nemmeno la prima volta. Ma possiamo uscire dall’aria rarefatta di questo cortile che a volte sembra un pollaio”. Continua su ilfoglio.it