E’ arrivato persino a citare Silvio Berlusconi – col quale s’è incrociato a stento dal suo arrivo nel partito, nel 2021 – per ribadire la centralità di Forza Italia e, forse, di se stesso. Edy Tamajo è l’uomo del momento. E stavolta non c’entrano gli Avvisi milionari pubblicati dal suo assessorato, con la collaborazione dell’Irfis e di un dirigente generale – ci arriveremo – che macina bandi per le imprese. C’entra, piuttosto, la ricerca di visibilità. Un tentativo che discende dalla fantastica affermazione elettorale alle ultime Europee (121 mila preferenze), dal fatto di aver dovuto mandare giù il boccone amaro del rimpasto mancato e soprattutto – anche se il diretto interessato smentisce – dall’approssimarsi del prossimo appuntamento elettorale che conta: le Regionali.

Tamajo vorrebbe diventare il centro del centro, prendendo le distanze dagli estremismi (leggasi Lega e Fratelli d’Italia) e soprattutto mandando un messaggio a chi rischia di essere schiacciato a destra o di essere troppo tenere o accondiscendente coi patrioti: Schifani? “La stabilità di un governo passa dalla forza del centro”, ha scritto Tamajo sul proprio blog, sottolineando che la mission del suo partito è garantire “una visione politica capace di coniugare sviluppo economico, riformismo e attenzione alle imprese”. E ancora, come se il concetto non fosse chiaro abbastanza: “Il Paese ha bisogno di un centro forte, capace di dettare l’agenda politica e di rappresentare al meglio il mondo produttivo e professionale. Per farlo, Forza Italia deve proseguire il suo percorso di crescita, rimanendo fedele ai suoi principi ma aprendosi sempre di più al confronto con la società civile”. Discorsi da statista.

L’assessore alle Attività produttive, assieme all’ex ministro e spirito guida Totò Cardinale, ha sostenuto per un periodo il governo Crocetta militando in Sicilia Futura. Poi s’è aggregato ai renziani, consolidando la sua esposizione centrista e lontana da qualsiasi estremismo populista (pare che i grillini non gli stessero molto a cuore). Infine s’è accodato a Forza Italia: prima in prestito, grazie all’accordo fra Renzi e Micciché, poi a titolo definitivo. E’ sotto quella bandiera che s’è fatto eleggere all’Ars e che è diventato assessore, uno dei più importanti e dei più potenti. Ed è quello stesso vessillo – nonostante piccoli incidenti di percorsi: vedi la sospensione di venti giorni, poi revocata, per gli attacchi a Giorgio Mulè nel corso dell’ultima campagna elettorale – che potrebbe garantirgli la scalata al trono.

Tamajo fa di tutto per rispedire al mittente… i pettegolezzi. Ma è chiaro che il suo attivismo, poco compatibile per un semplice aspirante alla riconferma nel ruolo di assessore, rischia d’infastidire Palazzo d’Orleans. E c’è un altro elemento che non depone a suo favore nelle discussioni di questi giorni, cioè la nomina del nuovo Direttore generale del Dipartimento Attività Produttive. L’attuale, Carmelo Frittitta, andrebbe sostituito per effetto di una direttiva anti corruzione dell’Anac, che prevede il turnover delle posizioni apicali dopo cinque anni nello stesso ruolo. Frittitta e altri burocrati regionali hanno consumato ogni bonus e Schifani non sembra disponibile a concedere deroghe (tranne a Salvo Cocina, capo della Protezione civile, che si sta occupando delle emergenze più spinose).

Ma l’assessore, stavolta pubblicamente, non ci sta: “Pur nel rispetto delle regole, privarsi di un direttore che si occupa con competenza di un settore strategico sarebbe controproducente – ha detto Tamajo al Giornale di Sicilia – Creerebbe una pericolosa discontinuità”. Un’uscita poco apprezzata ai piani alti. Schifani si era già irritato una volta con Edy, quando un suo messaggio molto “ambizioso” sul futuro a Palazzo d’Orleans era finito sui cellulari sbagliati e intercettato dal governatore (attuale). Mentre dalle Europee, nonostante il risultato enorme, era stato proprio Tamajo ad uscire ammaccato: non solo per aver dovuto rinunciare, su pressione di Tajani, al seggio all’Europarlamento (andò a Caterina Chinnici, terza della lista), ma anche per non aver avuto come parziale contropartita la casella più ambita: la Sanità. Il sacrificio non è mai stato ripagato.

Cardinale riuscì a metterci una pezza sopra, facendo emergere un quadro di generale sintonia che oggi, però, rischia di vacillare. Lo stesso Tajani, fin qui, ha ribadito in tutte le salse che Schifani sarà il naturale ricandidato alla presidenza. Ma è utile, se non necessario, garantirsi i voti del principe del consenso, che da Mondello è riuscito a spingersi fino a Palermo (in tandem con Gaspare Vitrano), a Catania (con la presenza di Nicola D’Agostino), nel Nisseno (con lo stesso Cardinale) e anche altrove.

Tamajo sa già di essere centrale, ma evidentemente non gli basta: “Oggi – ha scritto ancora – è necessario compiere un ulteriore passo avanti. Il futuro della politica siciliana passa dalla capacità di intercettare le istanze di un elettorato che chiede risposte concrete su temi chiave come infrastrutture, sviluppo economico e lavoro. Forza Italia deve continuare a essere il punto di riferimento per chi crede in una politica fatta di competenza, serietà e pragmatismo”. Il cavallo di razza sta scalpitando, seminando fastidio e diffidenza. La partita è appena cominciata.