Ora si veste come Donald Trump. E ripete le stesse cose che dice Trump. Tipo: “Anche l’Italia come l’America deve uscire dall’Oms”. Solo non fa in tempo a dirle pure lui che quello, l’americano, che non è uno zuzzurellone della politica ma un brutale professionista, ha già cambiato idea perché mica diceva sul serio: minacciava e parlava per ottenere. Mentre lui, l’italiano, parla tanto per
parlare. Ragione per la quale, in tutta evidenza, malgrado la cravatta rossa e la camicia bianca, o anzi forse proprio per questo, Matteo Salvini sta al presidente degli Stati Uniti all’incirca come la Ruota della Fortuna sta al Pentagono. Ecco. Il fatto è che c’è rimasto – cosa rara in questi tempi gravi – un sia pure limitato margine di spasso, rappresentato proprio dalle parole (e dalle azioni) del ministro dei Trasporti, vicepremier e segretario della Lega. Un uomo che nella sua vita ha un solo motivo per essere ottimista: constatare ogni giorno come il suo partito (ma pure il suo governo, le ferrovie e in definitiva il suo paese) possa fare a meno di lui. Egli da qualche mese parla sempre vestito da festa dell’insediamento alla Casa Bianca (alla quale non era invitato), affascinato da parole delle quali sarebbe azzardato dire che conosca il senso. Appagato, si direbbe, dal loro suono. Chissà.
Certamente incurante di ciò che queste possano voler dire. O dalle conseguenze che potrebbero avere. Fateci caso. Aveva appena sentito pronunciare a Trump quella frase netta, dura, chiara chiara che risuonava così: “Gli Stati Uniti da oggi sono fuori dall’Organizzazione mondiale della sanità”, che subito, precipitoso come una metropolitana (e soprattutto felice come un bambino) aveva trasformato la mossa del presidente americano in un atto politico italiano. Così: de botto, senza senso. “Abbiamo presentato questa mattina la proposta di legge della Lega per uscire dall’Oms”. E poi: “Quell’organizzazione difende la lobby del farmaco”. Ecco. A parte il fatto che in Veneto il leghista Luca Zaia non sa cosa sia la “lobby del farmaco” ma sa bene che l’Oms ha proprio nel Veneto la sua unica sede europea, a parte questo dettaglio intrapadano, per così dire, la cosa più fantastica è che non appena Salvini ha pronunciato quelle parole, nemmeno dodici ore dopo, Trump ha cambiato idea: “Penso di rientrare nell’Oms”. Quello fa la mossa – ingoia la banana per farne panzana – e lui imita in eccesso. Per mettersi la buccia in testa. Abbiamo una teoria. A noi sembra che Salvini, quando parla, si domandi dentro di sé: “Sarò mica meno di Meloni che va a Washington io?”, e concluda che quando uno non è da meno di Meloni deve imitare Trump. Altrimenti chi glielo faceva fare di trasferirsi a Roma e lasciare il dolce Giambellino, suo quartiere sconsideratamente natio? Leggi il foglio.it