Come in un giallo di John La Carrè, il finale è avvolto nel mistero. Ma ci sono almeno un paio di buone ragioni per rimanere sintonizzati sui problemi della sanità siciliana. Il primo è Roberto Colletti, il manager cuffariano dell’ospedale Villa Sofia, che un paio di pomeriggi fa ha incontrato Schifani a Palazzo d’Orleans e, nonostante un confronto “franco e leale”, medita di dimettersi (sarebbe il secondo dirigente apicale dell’Azienda a saltare, dopo il Direttore sanitario Aroldo Gabriele Rizzo); l’altra questione invece riguarda il futuro dei privati convenzionati, cioè laboratori analisi e ambulatori specialistici che dal 30 dicembre devono fare i conti con l’introduzione del nuovo nomenclatore tariffario, blindato dal ministro Schillaci per decreto.

Si tratta di una mannaia che, oltre a provocare il caos delle prescrizioni (da parte dei medici curanti) e delle prenotazioni (al Cup) a causa di un allineamento delle codifiche da parte dei sistemi informatici, finirà per far chiudere molte strutture che in questi anni hanno supportato il servizio sanitario regionale, erogando delle prestazioni che, altrimenti, avrebbero finito per intasare gli ospedali e allungare le liste d’attesa (già enormi). Però i convenzionati non hanno alcuna voglia di erogare delle prestazioni sottocosto, tanto che alcuni accettano le ricette fino al 29 dicembre 2024.

La Regione si trova nella strana condizione di chi potrebbe aiutare, ma non può. Sopperire economicamente – come fa il Veneto – alle drammatiche condizioni imposte da Roma e da Fratelli d’Italia, è impossibile a causa del cosiddetto “Piano di rientro dal disavanzo sanitario” che implica il rispetto pedissequo del piano di spesa fissato dagli accordi ormai risalenti a 18 anni fa. Era il 2007. La sanità annaspa, ma nessuno, a quanto pare, riesce a derogare a questi vincoli e produrre investimenti. Almeno fino a oggi. Perché nelle ultime ore s’è fatta spazio una proposta di cui lo stesso presidente Schifani si fa interprete: “Ho già chiesto agli assessori alla Salute, Giovanna Volo, e all’Economia, Alessandro Dagnino, di verificare la praticabilità della norma inserita nell’ultima legge di stabilità nazionale che consente alle Regioni di superare i vincoli imposti dal Piano di rientro in materia tariffaria”, ha detto il governatore. Notizia accolta con cauto ottimismo da Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera: “Sono contento che Renato Schifani apprezzi il lavoro portato avanti dal sottoscritto che nell’assoluta negligenza della maggioranza, ha provveduto a presentare l’emendamento, poi approvato, che apre uno spiraglio per le regioni in maggiori difficoltà economiche. Naturalmente, auspico che i risultati da me ottenuti non siano vanificati dalla solita approssimazione che contraddistingue l’attività del governo regionale”.

“Questo passaggio – ha proseguito Schifani – si rivela cruciale, da un lato, per salvaguardare l’appropriatezza delle cure e l’equità nell’accesso alle stesse per tutti i cittadini, dall’altro per offrire un supporto concreto alle strutture sanitarie convenzionate, che svolgono un ruolo essenziale nel garantire servizi agli utenti. Voglio rassicurare tutti che siamo impegnati nell’individuare le soluzioni più efficaci e rapide, con la massima attenzione al benessere del nostro territorio”. Una soluzione ci sarebbe e risiede, appunto, nell’articolo 1, comma 322, della Legge di Bilancio che il parlamento nazionale ha approvato alla fine dello scorso anno.

Il comma in esame, “al fine di salvaguardare l’appropriatezza delle cure e l’equità nell’accesso alle stesse” – segnatevi queste parole – agisce su una legge n.135 del 2012 e sopprime una disposizione che impedisce ad alcune regioni di derogare ai limiti di massimi delle tariffe di remunerazione delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale. Contestualmente, prevede alcuni specifici adempimenti per le regioni che si avvalgono della possibilità di derogare ai succitati limiti massimi.

Chi vorrà (e potrà) derogare ai limiti imposti dal Piano di rientro, deve sottoporre al Tavolo di verifica degli adempimenti (istituito dall’articolo 12 dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2015), la programmazione annuale previsionale che dia evidenza dell’impatto derivante dall’incremento delle tariffe oltre il massimo e del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario del SSR. Le regioni deroganti, in occasione dell’esame dell’equilibrio di gestione del Servizio sanitario regionale, sono tenute altresì a sottoporre la rendicontazione annuale al richiamato Tavolo di verifica degli adempimenti, che dia evidenza dell’impatto derivante dall’incremento delle tariffe oltre il massimo. Nel caso in cui, nell’annualità in cui sono state applicate le tariffe maggiorate, non si verifichi l’equilibrio di bilancio del servizio sanitario regionale, le regioni interessate sono tenute, nell’esercizio successivo, a porre in essere gli interventi di recupero, e vi è per esse, nell’ambito del medesimo esercizio, il divieto di avvalersi della possibilità di deroga.

Gli impedimenti, insomma, possono essere superati. Anche se Faraone lancia un avvertimento: “La Regione siciliana, in aggiunta alla norma, deve fare un accordo con lo Stato quindi ottenere una deroga. Deroga che ho strappato al governo nazionale ma che può essere concessa per non più di un anno salvo aggiustamenti nell’anno successivo. La norma apre uno spiraglio importante di negoziazione che ogni regione può e deve avviare. Sta alle regioni spiegare, oltre ogni ragionevole dubbio, la necessità di rideterminare le tariffe ed anche da dove prenderanno le risorse, che non possono essere le rimesse del PSN ma solo risorse proprie della Regione. La norma da sola, senza una negoziazione appropriata ed un accordo condiviso, può poco o nulla”, conclude.

Concorda con questa lettura anche il Cimest, il Comitato Interministeriale di Medicina specialistica ambulatoriale del territorio, che ieri ha riunito tutte le sigle a Caltanissetta per affrontare la devastante crisi aperta dall’entrata in vigore del nuovo nomenclatore, dallo scorso 30 dicembre. I privati hanno proclamato lo stato d’agitazione e richiesto a Schifani la convocazione di un tavolo di crisi. In questo tavolo, se verrà accordato, si potrebbe arrivare addirittura con la soluzione: cioè dare attuazione a un comma di legge già pubblicato in Gazzetta ufficiale e per il quale – in linea di massima – sembra esserci condivisione anche da parte della deputazione di Fratelli d’Italia (cioè lo stesso partito di Schillaci).

Un piccolo ma rilevante segnale è giunto dall’europarlamentare, nonché ex assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, che in un’intervista a un sito online ha evidenziato “l’urgenza di dare attuazione alla norma approvata dal Parlamento nazionale che consente a tutti, anche alle Regioni sotto piano di controllo della spesa, di superare i limiti delle tariffe quando è necessario farlo”. L’unica cosa certa è che non si può più stare con le mani in mano perché ci va di mezzo la salute dei cittadini e il futuro dei lavoratori.