Il Pd non aveva più voti, così Elly Schlein ha sfoderato l’asso dalla manica: e se parlassimo di sanità pubblica? Una scelta ponderata – dice lei – per tenere insieme i pezzi di un campo largo che, forse, stanno imparando a sopportarsi. Una mossa, comunque, che si è rivelata vincente sia in Emilia Romagna che in Umbria e, probabilmente, avrà un seguito: “Continueremo ad andare nei luoghi di cura ad ascoltare medici, infermieri e operatori socio sanitari”, ha detto la Schlein, ma anche “le testimonianze di chi a causa delle liste d’attesa rinuncia a curarsi, o deve rivolgersi al privato pagando di tasca propria”, annuncia Schlein.

A causa delle lunghe liste d’attesa, i direttori generali di Asp e ospedali, in Sicilia, rischiano la revoca già a un anno dall’insediamento. E siccome i manager sono nominati dalla politica e scelti dai partiti, a pagarne il prezzo potrebbero essere i capi bastione che hanno trattato la lottizzazione delle 18 poltrone assegnate, ufficialmente, a metà giugno. Dopo alcuni mesi di commissariamento “strategico”. In pratica se la Schlein venisse in Sicilia e provasse a coinvolgere i suoi dirigenti locali, più spenti che mai in attesa delle solite mance della Finanziaria, potrebbe ottenere il risultato (almeno!) di riportare la salute al centro dell’agenda politica del governo di centrodestra. Perché qui è peggio della siccità, non se ne parla da mesi…

Nelle Camere, ha detto la Schlein, “continueremo a chiedere di mettere 5,5 miliardi in più sulla sanità pubblica: la salute è la prima preoccupazione degli italiani a prescindere da come votano. È un diritto tutelato dalla Costituzione ed è ora che la smettano di litigare con le calcolatrici: con questo governo la spesa sanitaria sta scendendo al minimo storico, sotto il 6% del Pil”. Nell’Isola la sanità è stata derubricata a una mera lotta tra fazioni: l’unico processo in atto riguarda i tentativi di rimodulazione della rete ospedaliera che dovrebbe tenere conto delle esigenze dei territori e degli assistiti (nonché della disponibilità di personale) e che invece, ancora una volta, rischia di essere inficiata dalla bulimia dei parlamentari che provano a spartirsi il bottino per soddisfare le proprie mire di consenso.

Anche se, in Finanziaria, Schifani ha seminato qualche annuncio: “Tra i provvedimenti finanziati dal bilancio – ha detto il governatore a margine dell’approvazione del Ddl Stabilità in giunta – anche il maggiore finanziamento per la sanità che comporterà, con la compartecipazione regionale di 85 milioni di euro, una crescita del Fondo sanitario di circa 170 milioni di euro. Sempre sul tema della sanità, la Regione stanzia 10 milioni di euro per incentivare la presenza dei medici nei presidi ospedalieri delle Asp che presentano maggiori carenze di organico”. Che si trovano, soprattutto nei territori di periferia. Cioè in quelle province sprovviste di Policlinici e distanti dalle Università che, permettendo agli specializzandi di studiare e lavorare, rappresentano il primo lasciapassare per l’accesso alla professione. I reparti degli ospedali di periferia, invece, rimangono sguarniti e le procedure per il reclutamento del personale si riducono, quasi sempre, a un buco nell’acqua. Lì bisognerebbe intervenire, e non solo “assoldando” (pochi) medici stranieri.

La carenza di personale trascina con sé tutto il resto, a cominciare dall’impossibilità di smaltire le liste d’attesa. In qualsiasi angolo della Sicilia c’è la denuncia di un cittadino che lamenta dagli otto ai nove mesi d’attesa per un semplice esame. E non è bastato, finora, nemmeno il ricorso alle strutture private convenzionate, che agevolano lo smaltimento delle agende di prenotazione (dietro convenzioni onerosissime). Nell’ultima Nota di Aggiornamento al Documento di economia e finanza regionale, non si ritrovano elementi d’ottimismo, almeno a sentire i Cinque Stelle: “E’ notte fonda, soprattutto nel settore della sanità, alle prese sempre con le infinite liste d’attesa, sempre azzerate a chiacchiere ma purtroppo sempre in vita”, dice il capogruppo Antonio De Luca. Mentre il segretario del Pd, Anthony Barbagallo, lancia un monito: “Dopo due anni a palazzo d’Orleans sono sempre di più i siciliani che rinunciano a curarsi visto che le liste d’attesa sono infinite, i centri convenzionati non riescono a sopperire alle richieste e i medici nei pronto soccorso sono insufficienti”.

La politica c’entra, inevitabilmente. Perché è la prima a scegliere e l’unica a farlo. Male. Sull’assessore Giovanna Volo è calato il sipario. Sembrava che ogni occasione di rimpasto fosse quella giusta per pretenderne la sostituzione con una figura più incisiva: invece il suo cartonato rimane a presidiare la sede dell’assessorato di piazza Ottavio Ziino, a Palermo, dove l’unico ad assumere iniziative è il dirigente della Pianificazione strategica. Gli stessi manager, già visti in passato (prendete il nuovo direttore dell’ospedale Civico di Palermo, Walter Messina, commissariato due volte quando dirigeva l’Azienda Cervello-Santa Sofia), non sembrano in grado di rilanciare le governance con scelte coraggiose e libere da condizionamenti da parte della politica. Li hanno scelti perché erano i migliori – nonostante le riserve espresse da Raffaele Lombardo, leader del Mpa, nei mesi della furiosa lottizzazione – ma non tutti lo stanno dimostrando. A pochi giorni dallo scoccare di dicembre, il Direttore generale dell’ASP di Palermo, l’intramontabile Daniela Faraoni, non ha ancora assegnato il budget per le strutture convenzionate (ambulatori e laboratori analisi), che in passato hanno già patito le pene dell’inferno per vedersi liquidare le fatture (a fronte di prestazioni eseguite in extrabudget, cioè sostituendosi al sistema sanitario regionale).

Ci si perde anche nelle piccole cose, come sottolinea il referente regionale dei Cinque Stelle, nonché vicepresidente dell’Ars, Nuccio Di Paola: “Sembra incredibile come per il governo Schifani le fasce deboli siano sempre da sacrificare sull’altare del risparmio. Nella nuova finanziaria è sparito il contributo per l’acquisto di protesi capillari alle donne siciliane sottoposte a trattamenti chemioterapici o colpite da alopecia. Un taglio vergognoso sulla pelle dei siciliani. Schifani rifinanzi la misura”. La sanità, insomma, è un grosso buco nero di cui nessuno sembra in condizione di occuparsi. Né ha voglia di farlo. Forse addirittura peggio della siccità, dove almeno ci si ingegna con le Cabine di Regia per qualche presunta iniziativa da consegnare ai giornali. Per la sanità no. Non c’è da ingegnarsi, ma solo da lottizzare. Così, però, il sistema rischia davvero di implodere una volta per tutte.